2. L’infinito prima di Aristotele

Prima di Aristotele, a partire dall’infinito (απειρον) a cui Anassimandro delegava la successiva determinazione delle varie realtà quasi alla stregua del caos di cui abbiamo fatto cenno [11] e dallo sviluppo successivo di Anassagora, troviamo la consapevolezza della presenza dell’infinito (in atto?) in alcuni frammenti di Filolao. Sembra di osservare il trauma seguito alla scoperta delle grandezze incommensurabili allorché egli, secondo la testimonianza di Stobeo (Ecl. 21, I, 21, 7 a), afferma: “necessariamente le cose o sono tutte terminanti, o tutte interminate (απειρα), o terminate e interminate insieme”. Un frammento analogo viene riportato anche da Diogene Laerzio (VIII, 85 [12]).

Così Federigo Enriques e M. Teresa Zapelloni ricordano che, fatte eccezioni per Anassimandro e Democrito, il considerare un mondo finito è un’esigenza razionale per Platone, Aristotele e Parmenide. A proposito di quest’ultimo, riportano il frammento “È giusto che non sia illimitato, poiché nulla gli manca e (se gli mancasse il limite) tutto gli mancherebbe” [13]). Gli stessi poeti non potevano mancare al pensiero dell’infinito se non addirittura precedendo la  speculazione dei matematici. Così Sofocle allorché esclama nell’Edipo re: Ahimé! Porto infatti affanni senza numero (αναριθμα)!” [14]. Anche Platone più volte parla di “finito” e “infinito”. La progressione del numero dall’unità, via via ai vari numeri, si può leggere nel Parmenide (143 d-e) sino alla conseguente conclusione: “non è forse il numero infinita molteplicità e non partecipa dell’essere? Certamente” (144 a). Scrive poi nel Filebo (23 c): “Non diciamo che il dio abbia rivelato l’infinito e il finito (τò μεν απειρον [και] τò δε περασ) nelle cose che esistono?- Perfettamente!.

Superiamo le molte argomentazioni dei grandi pensatori presocratici per portarci più direttamente alle argomentazione di Aristotele. Non possiamo però non obiettare agli storici (Bortolotti, Tannery ecc.) che sostengono che in tale periodo di grande fermento matematico non si ebbe la capacità o l’intenzione di sommare somme infinite. Dovremmo in questo caso concludere che gli studiosi antichi non sarebbero stati in grado di osservare che nella famosa gara Achille non sarebbe mai riuscito a raggiungere la tartaruga! [15].