Ancora sul caso Majorana. Interviene Giulio Maltese.

All'inizio di aprile la Procura di Roma, in seguito alle dichiarazioni di un testimone che afferma di aver visto Ettore Majorana a Buenos Aires negli anni '50, ha deciso di riaprire il caso sulla scomparsa del famoso fisico italiano. Sul "caso Majorana" e sull'importanza dei contributi scientifici del fisico catanese abbiamo intervistato lo storico della Fisica Giulio Maltese.

I "ragazzi di via Panisperna": (da sinistra) Oscar D'Agostino, Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi

 

Ettore Majorana è stato uno dei “ragazzi di via Panisperna” capitanati da Enrico Fermi. Qual era il rapporto fra i due grandi fisici?

Nel volume “Il Papa e l’Inquisitore – Enrico Fermi, Ettore Majorana, via Panisperna” (Zanichelli, 2010) ho provato a tratteggiare il rapporto tra questi due grandi fisici. Fermi era il “Papa”: infallibile. Majorana era il “Grande Inquisitore”, per l’acutissimo spirito critico, capace di mettere in imbarazzo qualunque oratore. Tecnicamente Fermi fu uno dei professori di Majorana, che dette con lui l’esame di Fisica teorica nel luglio del 1928, poco dopo il suo passaggio alla frequenza dei corsi di fisica. Di fatto, però, il loro è un rapporto assai più complesso di quello tra maestro ed allievo. Fu un rapporto paritario dal punto di vista delle competenze in Fisica teorica. Da un certo punto in poi, Fermi ebbe Majorana come interlocutore privilegiato (e viceversa), poiché gli altri suoi allievi e collaboratori (Amaldi, Segrè, Rasetti) erano fisici sperimentali, e poco potevano cimentarsi con la complessità della fisica teorica alla fine degli anni Venti. Certamente Fermi ammirava Majorana, e ne riconosceva i talenti superiori ai suoi in alcuni campi. Vi è però una certa penuria di riconoscimenti ufficiali, soprattutto in pubblicazioni internazionali, da parte di Fermi all’opera di Majorana, ad esempio alle innovazioni da questi introdotte sull’atomo statistico di Fermi oppure alla teoria nucleare di Majorana, peraltro assai apprezzata da Heisenberg. Infine va detto che Majorana non si limitò a collaboare con Fermi. Era disponibile ad aiutare chiunque ricorresse a lui e tra questi annoveriamo, ad esempio, Giovannino Gentile, Emilio Segrè, Gian Carlo Wick.

 

Il contesto storico in cui ha vissuto Majorana (la dittatura in Italia, l’antisemitismo e il clima precedente alla seconda guerra mondiale) hanno condizionato il distacco di Majorana dal gruppo di Fermi? E’ verosimile l’ipotesi che Majorana prima degli altri intuì la bomba atomica?

Comincio dalla prima parte della domanda. Non sappiamo per certo cosa provocò l’isolamento di Majorana rispetto al gruppo Fermi. Certo è che quando egli tornò dalla Germania, nell’estate del 1933, era in cattive condizioni di salute. In breve tempo, dapprima diradò e poi interruppe le sue visite a via Panisperna. Nell’estate del 1934 gli morì, ancor giovane, il padre e questo dovette essere un colpo durissimo per Ettore, che al padre era molto legato. I tentativi di Amaldi, Segrè e Giovannino Gentile di farlo uscire dall’isolamento furono vani. Finalmente, nel 1937 Majorana decise di partecipare al concorso per una cattedra di Fisica teorica, e vi sono testimonianze certe del fatto che Fermi lo considerasse meritevole di una cattedra rispetto ai suoi “concorrenti” (Giovannino Gentile, Gian Carlo Wick, Giulio Racah), nonostante l’isolamento e la scarsa produzione scientifica di Majorana dopo il 1933, che si limitava a un solo lavoro, sia pure grandissimo. Ciò conferma l’elevata considerazione che Fermi aveva per Majorana. Passo ora alla seconda parte della domanda. Molto si è favoleggiato sul fatto che Majorana potesse aver intuito la possibilità della bomba atomica prima della scoperta della fissione nucleare, e addirittura che la sua scomparsa possa essere legata a questa intuizione. È una tesi forse suggestiva e che è stata abilmente sfruttata, ma che reputo priva di fondamento, e che ha certamente avuto l’effetto di distogliere l’attenzione dallo scienziato Majorana.

 

La figura di Ettore Majorana è legata, nell’immaginario collettivo, alla sua scomparsa. Poco si parla dei suoi contributi alla Fisica. Qual è l’eredità scientifica di Majorana?

Majorana ci ha lasciato pochi lavori, ma tutti molto importanti. Essi di recente sono stati riproposti, commentati, in un volume (G.F. Bassani et al. (a cura di), Ettore Majorana – Scientific papers, Società Italiana di Fisica, Bologna 2006). Per menzionarne solo alcuni citerei il lavoro del 1932 dei processi di ribaltamento di spin, il lavoro sempre del 1932 sulla teoria delle particelle con spin arbitrario, che contiene risultati importanti e originali sulle rappresentazioni unitarie del gruppo di Lorentz. E infine va citato il suo ultimo lavoro di fisica, publicato nel 1937, sulla teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone. Forse questo è il suo contributo più grande, nel quale viene ipotizzato che i fermioni privi di carica coincidano con le loro antiparticelle. È l’ipotesi del “neutrino di Majorana”, per accertare l’esistenza del quale sono tuttora in corso complessi e delicati esperimenti.

 

Concludo con una domanda che, nonostante siano passati 73 anni, è tornata d’attualità dopo la riapertura da parte della procura di Roma del cosiddetto “caso Majorana”. Qual è la sua opinione sulla scomparsa del fisico catanese?

Sulla scomparsa misteriosa e tragica di Ettore Majorana si è scritto molto, forse troppo. Molte tesi sono state proposte, per nessuna si sono trovate prove certe, tutte si sono rivelate al dunque mere ipotesi. È singolare quante energie siano state profuse in queste investigazioni, energie che avrebbero forse potuto essere impiegate meglio se dedicate all’analisi della fisica che faceva Ettore Majorana. Volutamente, nella mia ricerca, non mi sono occupato degli aspetti legati alla sua scomparsa. Lo esige il rispetto per la sofferenza che traspare chiaramente, questa sì, dalla vita di Ettore Majorana.

 

(Intervista a cura di Jacopo De Tullio)