Eulero controluce

 

Eulero

EULERO, CHI ERA COSTUI?

RIPENSANDO A EULERO, a trecento anni dalla nascita, la prima idea che viene in mente è quella della sua enorme produzione, che ha investito in maniera decisiva tutti i settori della Matematica, sia pura che – come si dice – applicata. Qualcuno ha calcolato che i suoi lavori rappresentano quasi un terzo di tutti gli articoli ed i libri che in Matematica, Fisica teorica, Astronomia, discipline meccaniche ... sono stati prodotti nel `700. Altri computano diligentemente i corposi volumi della sua Opera completa, che la Società Matematica Svizzera ha deciso di pubblicare fin dal 1907, in occasione del bicentenario della nascita (e cominciato a farlo fin dal 1909): a tuttora sono 74 – e qualcuno di essi supera le 600 pagine. Ma ancora vanno aggiunti i quaderni delle sue diligenti note e completati i volumi della intensa corrispondenza che ha mantenuto con i principali esponenti della Matematica, e non solo, di quel tempo – circa 3000 lettere in varie lingue: tedesco, francese, inglese ma anche russo e latino.

Allo stesso tempo, anticipando la considerazione della persona a quella del matematico, l'iconografia classica ci trasmette la figura già anziana di un uomo del `700, con un sorriso indefinibile ed un occhio semichiuso [1]. L'immagine di Eulero che si presenta abbastanza presto alla nostra mente, forse alimentata da lui stesso, è quella di una persona circondata da una nidiata di nipoti che giocano mentre egli continua imperturbabile nei propri calcoli. Un'immagine che ci lascia con l'impressione di una persona dotata di grandissima capacità di concentrazione. Per un altro verso, probabilmente, non si insiste abbastanza sul ruolo della moglie, che risulta in ombra – naturalmente – rispetto al grande matematico, ma che, a quanto pare, lo libera dagli assilli della vita quotidiana. Ed alla sua scomparsa, avvenuta nel 1773. dopo quasi quarant'anni di matrimonio, nonostante le convenzioni e l'esplicito disaccordo dei figli, Eulero non ha dubbi sul fatto di risposarsi – con la sorellastra della prima moglie, comunque già abituata al suo stile di vita. Così si ristabilisce l'ordine familiare. A lui spetta il mantenimento del vasto nucleo, ed a questo provvederà contrattando spesso la propria condizione economica e di alloggio [2]. Ma per il resto è libero da impegni. A Berlino acquista una casa per la vecchia madre e vi manda a soggiornare i figli piccoli, che tuttavia raggiunge spesso con lunghe passeggiate solitarie, che gli ritemprano lo spirito.
Un padre premuroso? Chissà. Comunque una persona che appare serena e di modi gentili. Come ci dice Nicolaus Fuss nell'elogio funebre tenuto all'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo nel 1783, pochi giorni dopo la sua morte: "prendeva fuoco facilmente, ma poi dimenticava subito e non serbava rancore per nessuno ... la sua correttezza era irreprensibile". Dalla Russia ci raccontano che andava d'accordo con tutti, perfino con il terribile direttore dell'Accademia di San Pietroburgo, Johann Schumacher [3], cosa che riusciva a pochi. Quello che gli interessa soprattutto è la possibilità di dedicarsi tranquillamente al proprio lavoro: ad esempio, conserva sempre ottimi rapporti con Johann Bernoulli, che peraltro litigava con tutti, non solo con gli allievi, ma anche con il fratello Jacob e con il figlio Daniel. Una persona generosa, comunque, e modesta, che raramente "alza la voce" per rivendicare la priorità dei risultati e che non ha esitazione a riconoscere i successi altrui: al giovane Lagrange, che gli annuncia i suoi nuovi metodi per il Calcolo delle variazioni, risponde con ammirazione, si preoccupa di presentarne i risultati nella luce migliore e. per favorirlo, accetta di buon grado di ritardare la pubblicazione del proprio lavoro. Al re di Prussia, che gli chiede consiglio su un trattato di artiglieria, suggerisce il libro di un autore che pure l'aveva criticato - e si offre di tradurlo e migliorarlo. "Mi astengo dal commentare la nobiltà di questo comportamento - dice Fuss - degno di un grande uomo".

Oltre a ciò, in Russia gli saranno grati dell'aiuto prestato, quando già è a Berlino, al loro Michail Lomonosov, il futuro fondatore dell'Università di Mosca - considerato in patria il primo degli scienziati russi moderni - quand' è agli esordi dell'attività scientifica. Lomonosov sarà proprio il primo russo a diventare accademico.

Altri studiosi russi beneficeranno dell'ospitalità di Eulero a Berlino - forse non del tutto disinteressata - oltre che del suo insegnamento: fra questi l'astronomo Stepan Jakovlevic Rumovskij, futuro provveditore scolastico di Kazan' al tempo degli studi di Lobaèevskij, e il conte Kirill Grigor'evic Razumovskij, che diventerà presidente dell'Accademia russa.
Un uomo religioso, ci comunicano altri, insistendo sulla sua fede priva di dubbi, così in contrasto con le idee dell'Illuminismo che percorrevano gli ambienti intellettuali del tempo seminando un discreto panico nei benpensanti. Legato al riformismo calvinista, secondo il quale aveva avuto la prima educazione in famiglia, soprattutto nel suo periodo prussiani si ribella alla nascita di vari movimenti ostili al cristianesimo e non teme di scrivere qual che saggio da ardente sostenitore della fede, fra cui "Difesa della rivelazione divina e contro le obiezioni dei liberi pensatori" (1747), nel quale si legge: " [...] possiamo arrivare alla certa sicurezza che non un solo capello può cadere dalla nostra testa senza la volontà del nostro Padre celeste. Ora, se considerassimo questa dottrina con la dovuta attenzione e la applicassimo a noi stessi, ci sottoporremmo alla volontà di Dio in ogni circostanza, senza difficoltà, ed anzi con piacere, in questo modo giungendo alla vera felicità".

UN UOMO DI UNA SEMPLICITÀ DISARMANTE - si può ben dire - il quale, a dispetto della enorme reputazione scientifica che lo circondava, ha esercitato anche una notevole influenza sul sistema di insegnamento della Matematica, da quella elementare a quella (al suo tempo) superiore.
Osserva sottilmente Györgi Pòlya: "Abbastanza naturalmente, come tutti gli altri autori, egli cerca di far colpo sul lettore, ma, essendo un autore veramente bravo, egli cerca di far colpo sui lettori solo con le cose che hanno genuinamente fatto colpo su lui stesso " [4]. Fra il candore e l'onestà intellettuale.
Da un altro celebre elogio funebre, pronunciato dal marchese di Condorcet all'Accademia di Parigi e pubblicato pochi anni dopo la sua morte, si apprende che "non si è mai vantato di alcuna delle sue scoperte [...]. Non temeva di abbassare la propria reputazione: scriveva senza esitazione su argomenti elementari, se questo era utile”. Ecco che la modestia si unisce alla praticità. Ma anche desiderio di chiarezza e altruismo “Egli di gran lunga preferiva l'educazione dei suoi studenti alla piccola soddisfazione della loro meraviglia. Avrebbe pensato di non aver fatto abbastanza per la scienza, se avesse mancato di completare le sue scoperte, con le quali ha arricchito la scienza, con la candida esposizione delle idee che l'hanno condotto a quelle scoperte".

In un elogio funebre – si sa- non si lesina sui complimenti alla persona celebrata. E il marchese di Condorcet ere uno specialista negli elogi. Ma qualcosa di autentico ci sarà bene. Eulero ci viene presentato come una specie di "mago" che, a differenza dagli altri maghi, è soddisfatto di rivelare i propri trucchi.

E, pur conoscendo il trucco, le sue magie destano meraviglia in chi le osserva, sono altamente apprezzate e aprono la strada ad altri prodigi matematici.

Ancora Nicolaus Fuss, segretario ed allievo che proviene anch'egli da Basilea, devoto ad Eulero –ne sposerà una nipote un paio d'anni dopo la sua morte – nell'elogio funebre, ci parla di "chiarezza di idee, precisione nell'esposizione [...] ordine nella disposizione [...] qualità che ogni autore che aspira ad essere un classico dovrebbe raggiungere" e che egli aveva in sommo grado.

La Principessa di Anhalt-Dessau, una nipote di Federico II di Prussia, desidera imparare la Fisica elementare, ma le vicende della Guerra dei Sette Anni la costringono lontano da Berlino: ecco che Eulero le invia ben 234 lettere nell'arco dei due anni che vanno dal 1760 al 1762, un vero e proprio corso per corrispondenza che alla fine viene pubblicato e diviene un bestseller internazionale di divulgazione scientifica, tradotto in tutte le lingue europee. Eulero non si limita certo alla Fisica in senso stretto: la sua visione è ampia e generale, così come egli pensa debba essere la formazione di una giovane mente.

Le aveva già impartito, di persona, lezioni di Geometria, ora – com'è noto – il risultato viene raccolto nelle sue Lettere a una principessa tedesca su diversi argomenti di fisica e di filosofia (pubblicate in tre volumi dal 1768 al 1772), in cui Eulero discute di numerosi argomenti in termini semplici ma profondi: della Fisica del suo tempo, certamente, ma anche relativi al proprio punto di vista sui temi fondamentali della Filosofia e della Teologia e le loro posizioni sui principi della scienza (o della "filosofia naturale", come si diceva). Ed anche su altre questioni apparentemente semplici che colpiscono il suo spirito: "come valutare la grandezza degli oggetti visti al microscopio, perché la luna ed il sole ci sembrano più grandi all'alba ed al tramonto, perché in montagna e nelle voragini fa uguale freddo, qual è l'origine dei mali e dei peccati [...]" .
Ogni lettera specifica il proprio argomento, ogni lettera contiene, più o meno esplicitamente, un invito ad apprezzare le meraviglie del creato ed a cantare le lodi del suo creatore.
Come impiegato dello stato russo, a varie riprese gli viene richiesto di risolvere alcuni problemi pratici: cartografia, navigazione, costruzione di barche, pesi e misure. Nessun dramma (almeno in apparenza), anzi, forse il piacere di affrontare nuove sfide: le rilevazioni nell'enorme impero russo, che egli coordina, permetteranno di compilare mappe che, a buon diritto, egli rivendica più accurate di quelle occidentali. Solo la fatica che gli costa alla vista lo convincerà ad abbandonare l'impresa. In altre occasioni si troverà ad affrontare altri argomenti di natura pratica – canali da tracciare ed altre opere idrauliche, problemi di navigazione – senza evidente imbarazzo. Su richiesta di Federico II, si occupa perfino delle lotterie pubbliche, allo scopo di rimpinguare le casse dello Stato. Ma si percepisce la preferenza per gli argomenti che impegnano la sua osservazione ed il suo ragionamento, fossero anche quelli che sembrano dei semplici giochi combinatori, che colpiscono la sua fantasia e la sua curiosità e mettono alla prova le sue capacità di deduzione. Per qualche tempo, Eulero ha anche l'occasione di studiare Acustica e interessarsi alla Teoria dell'armonia musicale. Fino a tarda età ricorda e ama recitare i versi dell'Eneide – in originale naturalmente, come ci ricorda ancora Nicolaus Fuss. La tradizione ci tramanda una persona di un'incredibile memoria, capace di prodigiosi calcoli a mente, ad esempio di sommare un grande numero di addendi in una serie numerica.

Una persona che scorre via nel secolo con apparente semplicità, con naturalezza, come tanti, se non fosse che si tratta di uno dei maggiori geni matematici, che ha dato la propria impronta al suo tempo ed ai secoli a venire. Nonostante ciò, conserva il modello della semplice vita di campagna e non lo perde nelle capitali, quando è una delle persone più in vista. Per la sua cultura e le eccellenti capacità di ricerca ed organizzative acquista subito una grande reputazione in ogni luogo. Ma, forse come desiderio di conservare la schiettezza della vita originaria, mantiene il gusto per il proprio dialetto di Basilea – certamente con un accento che doveva far inorridire i nobili componenti della corte prussiana. Questo motiva la chiamata a San Pietroburgo del giovane compatriota Fuss, originariamente in qualità di segretario.

Le biografie ed i numerosi scritti che lo riguardano ci parlano di una dedizione completa al lavoro, del piacere e dell'interesse di dedicarsi alla ricerca matematica – soprattutto ad essa – di discutere qualsiasi problema di natura scientifica, circondato da allievi che rendeva partecipi al lavoro: non semplici segretari che, soprattutto negli ultimi anni, risolvevano i suoi problemi di vista, ma persone attive, che discutevano con lui lo schema generale del lavoro, sviluppavano concretamente le sue idee, compilavano le necessarie tabelle, approfondivano gli esempi e, a volte, scrivevano materialmente gli articoli.

La cronaca del suo ultimo giorno di vita – il 18 settembre 1783 (7 settembre per il calendario russo) – nella versione del marchese di Condorcet è di una sobrietà lineare (se questa espressione si può applicare a una simile vicenda): Eulero esegue qualche calcolo relativo alle leggi che regolano l'ascesa dei palloni aerostatici – l'impresa parigina dei fratelli Montgolfier aveva destato, come ovunque, grande meraviglia – pranza con l'allievo Lexell, discutendo dell'orbita del pianeta Urano [5] recentemente scoperto da Herschel – il primo pianeta ad essere scoperto dai tempi più antichi – gioca un po' con un nipote e dopo, mentre beve una tazza di tè, " improvvisamente la pipa che stava fumando gli scivola dalle mani ed egli cessa di calcolare e di vivere". Una emorragia cerebrale che lo lascia subito privo di conoscenza. Sembra impietoso Condorcet nel contrapporre "vivere" a "calcolare", ma è una sintesi efficace.
Famiglia e lavoro. Capacità di coinvolgere gli allievi: un autentico maestro, anche per lo stile, sobrio ma profondo e generale, dei suoi lavori. Circondato da affetto e rispetto. Il tipico studioso indifferente a tutto ciò che non riguarda la Matematica o, in generale, la comprensione scientifica, con quel po' di sbadatezza e distrazione che tanto piacciono nelle immagini degli scienziati. Ma forse la linearità di comportamento è solo apparente. È solo una autoimposizione cosciente. Da tutte le immagini più o meno ufficiali che ne compongono la figura, si staccano. pur isolati, alcuni aspetti che devono aver pesato non poco, dapprima sulla sua formazione e quindi sull' opera complessiva nel tempo della maturità. Forse rimane sottotono una forma di consapevole coraggio – certamente non ostentato e proprio per questo sottovalutato.

 

LA VITA

Com'è noto, a grandi linee, le vicende di Eulero si possono suddividere naturalmente in quattro periodi principali. 1707-1727, gli anni della formazione, a Basilea. Appare un Eulero rispettoso dei voleri del padre, che voleva indirizzarlo verso gli studi religiosi, salvato da Johann Bernoulli e recuperato alla Matematica. Il comportamento dei genitori, che non sembrano insistere troppo sulla strada che gli avevano destinato, lo accompagna forse come modello nella vita da adulto.

Un giovane dallo stile misurato, del quale si percepiscono immediatamente le grandi capacità. Cerca la propria strada negli ambienti scientifici locali, ma non teme di affrontare i rischi di luoghi non familiari e nuove discipline: il desiderio di un ambiente stimolante per la ricerca scientifica è il suo coraggio. E a soli vent'anni affronta l'incognita di recarsi in Russia. con un destino non ancora definito.
1727-1741, il primo periodo all'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. Sono anni di rapida crescita nella Matematica e di progressiva affermazione nella comunità scientifica europea. In quegli anni, San Pietroburgo presenta condizioni favorevoli alla ricerca – non solo materiali, ma anche per la presenza di ottimi matematici e la possibilità di lavorare su argomenti liberamente scelti. Di fatto, l'Accademia russa appare come uno dei principali centri di ricerca matematica del tempo. A partire dal 1728 cominciano con successo le pubblicazioni della rivista scientifica dell'Accademia, "Commentarti scientiorum Imperialis Petropolitanae - e da qui per oltre un secolo quasi ogni volume conterrà almeno un contributo di Eulero.
A San Pietroburgo Eulero assume sempre maggior prestigio, risolve famosi problemi ed entra in corrispondenza con i massimi scienziati europei. Accetta inizialmente il posto nella marina russa (come si dice: in questo periodo ha poco "potere contrattuale") ma presto si sistema stabilmente all'Accademia. E allora si sposa con una compatriota e mette su famiglia. Quando in Russia, alla fine del 1740, il potere va nelle mani della reggente Anna Leopoldovna e della sua cerchia, le condizioni politiche cambiano, diventano difficili per gli stranieri e problematiche anche per il futuro dell'Accademia. Allora, Eulero accetta l'invito di Federico II di recarsi a Berlino: disponibilità per la ricerca e ambiente tranquillo accompagnano spesso le sue scelte.

1741-1766, gli anni di Berlino e la piena maturità scientifica. In questo periodo pubblica le opere più famose. Ormai è la massima autorità scientifica d'Europa e può trattare il proprio stipendio e in generale le condizioni " di ingaggio". Inizialmente deluso, perché fino al 1744 l 'Accademia prussiana non viene riformata com'era stato promesso, i suoi rapporti con Federico si deteriorano. Di conseguenza, anche qui, le cose si mettono male, seppure per motivi diversi da quelli precedenti. Al culmine del disaccordo con il re, Eulero riesce a fatica a liberarsi dall'impegno e tornare a San Pietroburgo, contrattando condizioni eccellenti per sé e per la propria famiglia: disponibile anche ai lavori più semplici, non lo è a comportarsi da cortigiano.

1766-1783, il secondo periodo a San Pietroburgo. Non è certo il declino perché, seppure quasi cieco, è in grado di scrivere pressoché la metà di tutti i suoi articoli e di lasciare manoscritti che alimentano la rivista russa per quasi 50 anni dopo la sua morte. Appaiono come gli anni dell'organizzazione e, in un certo senso, della raggiunta stabilità. Ha trovato finalmente posto per la propria famiglia, sistemazioni onorevoli anche per i figli, uno stipendio ed un trattamento degno di quanto riteneva di meritare. Ha allievi, segretari, un intero staff, anche se non sempre viene compreso da chi regge le sorti dell'Accademia. Ma questa sembra una costante del suo destino. Il suo metodo di lavoro ed i contatti sono ormai stabili. Tutto gli permette di mantenere dispiegata la sua, ancora intatta, curiosità per ogni fenomeno scientifico.

 

IN RUSSIA

 

NEL MAGGIO DEL 1727, due mesi dopo la morte di Newton, Eulero arriva per la prima volta a San Pietroburgo, proprio nei giorni in cui si apprende che la zarina Caterina I, sotto i cui auspici era stato chiamato da Basilea, era morta. Quel giorno aveva da poco compiuto vent'anni. In patria la sua fama si stava già consolidando in quanto promettente allievo del famoso Johann Bernoulli, ed anche per alcuni suoi lavori e concorsi ai quali aveva preso parte, non riuscendo vincitore forse proprio a causa della giovane età.

La chiamata in Russia era dovuta ai buoni uffici di Daniel e Nicolaus Bernoulli, i figli di Johann, già famosi, suoi amici dal tempo degli studi, ben consci del suo valore matematico: ma ora si accingeva a ricoprire la cattedra di Fisiologia medica della Accademia scientifica da poco nata. Matematica, Medicina ... chissà.

Forse i tempi permettevano facili trasmigrazioni e del resto anche Daniel Bernoulli, quando insegnava Matematica a Padova sulla cattedra che era stata di Hermann, allo stesso tempo esercitava la professione medica fra Padova e Venezia. Il giovane Eulero dunque non si era sgomentato. Anzi, a questo scopo aveva indirizzato la propria formazione scientifica verso il nuovo settore e abbandonato senza apparente fatica il paese d'origine.
Da Beli apprendiamo che "in quest'epoca della sua vita, sembra che Eulero fosse stranamente indifferente riguardo a ciò che avrebbe fatto in seguito, purché fosse qualcosa di scientifico" [6]. È difficile credere ad un Eulero indifferente: forse è più agevole pensare che volesse entrare, in ogni modo possibile, in un'istituzione attraente dal punto di vista scientifico. Poi, sapeva che il talento matematico avrebbe avuto il proprio corso ... come per l'appunto avvenne.
Insomma: a vent'anni si trova in un paese straniero che, sotto l'impulso deciso di Pietro il Grande, stava forzatamente uscendo dal bozzolo medievale. Un paese considerato "barbaro" nella più evoluta Europa occidentale, dove le spinte ideali stavano mettendo ampiamente in crisi l'idea di impero assoluto. Un paese nel quale le strutture didattiche e di ricerca erano praticamente inesistenti: la formazione superiore, riservata essenzialmente ai nobili, era affidata alle accademie militari ed ai seminari. Alcune scuole rurali di educazione primaria, fortemente volute da Pietro il Grande, avevano soprattutto lo scopo di contrastare l'invadenza dall'Est e di affermare il primato religioso del Cristianesimo. Un paese sempre in bilico fra uno smisurato amore per l'occidente e la sua cultura oppure, per contrasto, chiuso nell'orgoglio della propria identità panslava. Un paese di frontiera, un cuscinetto usato dal resto d'Europa per assorbire la minaccia tartara e trasmetterne la vitalità. E per di più l'amico Nicolaus Bernoulli era scomparso prima del suo arrivo: non aveva retto – si dice – alle condizioni del rigido inverno russo.

Pietro il Grande aveva cominciato a pensare all'organizzazione di un'Accademia scientifica fin dagli ultimi anni del XVII secolo, su insistente consiglio di Leibniz e di Wolff.

E, quasi precorrendo i tempi dell'Illuminismo, la intendeva diversa dalle istituzioni esistenti nell'Europa occidentale: al massimo organismo culturale della Russia si doveva affidare il compito di costituire la sorgente primaria dei risultati scientifici, di prendere parte al processo educativo dei giovani per avviarli alla ricerca – secondo il progetto di Pietro I gli accademici avevano l'obbligo di insegnamento – e di divulgare i successi raggiunti, contribuendo ad alimentare la fiducia nella scienza.

Ma all'atto della fondazione, avvenuta nel 1725, pochi mesi dopo la scomparsa dello zar, non si trovano studiosi russi ed i primi accademici vengono reclutati all'estero. Sono in numero di 23, di cui 7 matematici, fra cui spiccano all'inizio i fratelli Bernoulli, Christian Goldbach e Jacob Hermann, lontano parente di Eulero. Altri erano già stati individuati da Pietro il Grande, ma gli studiosi maggiori consideravano con sospetto una permanenza in Russia e ritenevano perfino rischioso intraprendere il viaggio. Lo stesso Christian Wolff aveva rifiutato la presidenza, assunta infine dal medico di corte Blumentrost.
In questo ambiente, che non doveva apparirgli precisamente familiare, un giovane di vent'anni, Leonhard Euler, di Basilea – che verrà chiamato Eulero, alla latina – comincia coraggiosamente la propria carriera. Per quanto riguarda la lingua, sembra che già dopo pochi mesi parlasse il russo abbastanza correntemente, anche se "in maniera incomprensibile " [7]. Per quanto riguarda la situazione politica, le vicende legate alla scomparsa della zarina portano contrasti nell'Accademia e gli viene offerto un posto di ufficiale medico della marina russa ... lui, uno svizzero che aveva visto il mare la prima volta a vent'anni, proprio per recarsi a San Pietroburgo – anche se aveva già scritto un apprezzato articolo sulla costruzione delle navi. Ma soprattutto vedeva compromettersi la grande promessa con cui l'Accademia era stata progettata, che era quella di partecipare attivamente al processo ideativo e non limitarsi a trasmettere dei risultati trovati altrove. Già alla sua fondazione, la morte di Pietro il Grande aveva dato forza al "partito russo", che vedeva l'Accademia come un fenomeno esclusivamente tedesco. Ora, con la morte di Caterina I – che pure aveva cercato di adeguarsi alla volontà di Pietro, sebbene non con -dividesse i suoi interessi per la scienza – tutto sembra svanire. L'impero passa nominalmente nelle mani di Pietro II, dodicenne nipote di Pietro il Grande. Di fatto, la reggenza è affidata ad un "Consiglio segreto" che dimostra aperta ostilità nei confronti dell'Accademia.

Oltretutto, "l'esistenza dell'Accademia [...] non significava realmente che la scienza fosse presente nella vita del paese di quel tempo, e la stessa parola 'scienza' non era ancora stata introdotta nella lingua russa [...]" osservava l'Accademico Krylov nel 1933. E poco oltre, dopo qualche esempio della rudezza dei costumi che caratterizzava la vita russa di allora " [...] si può solo immaginare che impatto abbiano avuto tutte queste influenze sul giovane, riservato e civilizzato figlio di un devoto pastore svizzero" [8].
Non risulta che lo "spaesamento" preoccupi troppo Eulero, e l'incertezza sul futuro non sembra pesargli, o almeno non colpisce i suoi biografi: nella storia delle sue vicende, dei lavori scientifici e della sua attività complessiva, raramente si mette in evidenza la forza d'animo e la serena – come ci appare dall'esterno – risolutezza di questo giovane. Forse un tratto di quella evidente semplicità di pensiero che è frutto di grande consapevolezza di sé e che lo porta ad affrontare in maniera apparentemente tranquilla le situazioni più difficili.
Il decennio degli anni '30. che il giovane Eulero si trova ad afrontare, è particolare in Russia. Alla scomparsa del giovane Pietro II, morto di vaiolo nel 1730, l 'impero passa nelle mani di Anna Ivanovna, altra nipote di Pietro il Grande, vedova senza figli del duca di Curlandia, descritta in permanenza annoiata e spesso ubriaca. Il governo instaura un regime di persecuzioni poliziesche e terrore politico che prende il nome di "bironovscina" dal suo principale esecutore, il conte Biron, protetto dalla zarina. Secondo Beli, a causa di questo periodo sanguinoso "Eulero si confina per dieci anni nei suoi silenziosi lavori" [9] e l'intensa attività matematica gli fornisce una specie di ricovero. Paradossalmente, la dura situazione politica favorisce il suo lavoro. Certamente, dagli anni `30 l'Accademia viene rilanciata, Eulero può lasciare la marina ed occupare dapprima la cattedra di Fisica poi, quando Daniel Bernoulli torna in patria, nel 1733, lo sostituisce su quella di Matematica. Rimarrà in Russia fino al 1741, quando cambiano le condizioni politiche. Una molla che spinge comunque Eulero ad abbandonare la Russia ed accogliere l'invito di Federico II di Prussia sembra che si possa anche ritrovare in un'altra circostanza.
Insieme ai normali compiti scientifici, agli accademici era richiesto di occuparsi anche di altri aspetti: di provvedere alle previsioni del tempo e dei fenomeni astronomici, come le eclissi di sole e di luna, ma anche di quelli astrologici, compilando ad esempio gli oroscopi per la famiglia imperiale.
Nel 1740 viene chiesto ad Eulero di redigere l'oroscopo del neonato Ivan Antonovic, indicato da Anna come futuro zar. Eulero si rifiuta e demanda l'incarico all'astronomo di corte. Ma, a questo proposito, Puskin racconta una storia diversa [10]: "Quando nacque Ivan Antonovic, l'imperatrice Anna Ivanovna affidò ad Eulero il compito di redigere l'oroscopo del nuovo nato. All'inizio Eulero si rifiutò, ma fu costretto a sottomettersi. Si occupò dell'oroscopo insieme ad un altro accademico. Lo prepararono secondo tutte le regole dell'astrologia, da scrupolosi tedeschi, sebbene non vi credessero. Conclusione: quello che venne fuori spaventò entrambi i matematici ed essi mandarono all'imperatrice un altro oroscopo, nel quale si prevedeva ogni felicità per il neonato. Tuttavia Eulero conservò anche il primo, e lo mostrò al conte K. G. Razumovskij quando si realizzò il destino dell'infelice Ivan Antonovic".
Ma il 1740 è anche l'anno in cui la scomparsa di Anna Ivanovna determina una profonda instabilità alla corte russa. Dopo una breve reggenza del famigerato Biron, poi della madre del piccolo Ivan, nel 1741 il regno torna nelle mani di una figlia di Pietro il Grande, Elisabetta I, grande ammiratrice della cultura francese, che regnerà fino al 1762. Di fatto, il cosiddetto "partito tedesco", che nel decennio precedente aveva goduto di larghi favori a scapito della nobiltà russa, viene completamente estromesso. La corte si orienta in modo diverso: l'aria che spira dall'Occidente parla a favore del clima intellettuale francese che stava dominando nel resto d'Europa. La lingua francese diventa di fatto la lingua della nobiltà russa ed entra a far parte degli atti amministrativi dello Stato. Forse è motivo di convinzione per abbandonare San Pietroburgo anche la scomparsa di ogni privilegio per gli stranieri determinata dal nuovo corso degli eventi, o comunque il nuovo clima "anti tedesco" che sembra prevalere in Russia. Certamente, nel 1740, si determinano anche dei contrasti con l'accademico Delisle, geografo, in relazione a problemi di Cartografia. E poi, il re di Prussia lo attraeva con la promessa di una serie di riforme interne, in particolare del sistema educativo e dell'Accademia delle Scienze di Berlino. Anche questa atmosfera, in forte contrasto con quanto avviene in Russia, lo convince forse ad abbandonare San Pietroburgo. Più tardi Eulero, che non sembra mai simpatizzare con la cultura di matrice francese, ricorderà: "Dopo la scomparsa della insigne imperatrice Anna, durante la successiva reggenza, le cose hanno cominciato ad andare peggio".

Com'è noto, Eulero tornerà in Russia dopo venticinque anni, sotto ben altre condizioni per quanto riguarda il trattamento e l'accoglienza. Nel giugno del 1762, dopo un ben organizzato colpo di stato nei confronti dello zar Pietro III, nipote di Pietro il Grande, prende il potere e viene nominata zarina sua moglie, Caterina II, detta la Grande Caterina.

 La zarina si dimostra – finché può – un'entusiasta ammiratrice della letteratura, della scienza e delle arti. Scrive ella stessa opere drammatiche. Incoraggia le discussioni su questioni politiche e sociali e rimane in corrispondenza con i principali esponenti della cultura occidentale.
Mette a segno il proprio colpo migliore quando convince Eulero – che non aspettava altro – a tornare a San Pietroburgo.
Ciò avviene nel luglio del 1766 e, questa volta, accolto con tutti gli onori, Eulero arriva portando con sé il progetto dettagliato di una riorganizzazione dell'Accademia. Non certo con l'intenzione di ottenere qualche forma di autonomia. Non era questo lo scopo – lo stesso Eulero ritiene che il presidente dell'Accademia debba essere un nobile russo – anzi, con l'intento di una maggiore connessione fra le strutture dell'Accademia e l'apparato amministrativo dello Stato. Un progetto moderno che, grazie a questo coinvolgimento dell'amministrazione, sollecita una forma di garanzia per la continuità degli studi ed allo stesso tempo per la diffusione della cultura.
Tuttavia, a poco a poco risulta chiaro che l'apparente apertura della zarina non è in grado di nascondere i tratti fortemente autocratici del suo regno: Eulero impara a proprie spese che anche i sovrani più illuminati desiderano che i loro studiosi si comportino da sudditi e rimangano al proprio posto. Con grande abilità diplomatica ad Eulero viene negata ogni onorificenza: "Gli conferirei un grado quando volesse, se non temessi che ciò lo porrebbe al confronto di molti uomini che non sono alla sua altezza. In verità, la sua fama è meglio del grado per dimostrargli il dovuto rispetto " [11].
Di fatto, negli ultimi anni del suo regno, Caterina II abbandonerà molti aspetti della sua politica filo-occidentale. Soprattutto dopo la rivoluzione francese, dimenticherà d'aver invitato più volte d'Alembert e Voltaire, di avere ospitato per lungo tempo Diderot a discutere una carta dei diritti del cittadino da lei stessa promossa, di aver riabilitato Rousseau, le cui opere, in precedenza, erano proibite in Russia.
A questo punto Eulero era ormai scomparso, non senza aver dovuto prima dibattere anche qui, con presumibile malumore, le proprie idee con i famosi "philosophes" francesi: il lungo soggiorno di Diderot a San Pietroburgo ha luogo nel 1773 e senz'altro Eulero uno dei suoi interlocutori.
Al suo ritorno in Francia Diderot aveva forse capito che con Caterina non valeva la pena di insistere.

 

IL SECOLO DI EULERO

COM'È NOTO, il `700 fu dominato dall'orientamento che viene detto "Illuminismo", un clima culturale all'interno del quale, nonostante inevitabili differenze, a volte irriducibili l'una all'altra, i diversi indirizzi filosofici e scientifici assumono comuni riferimenti. Il primo di questi è la fiducia nella ragione, intesa come metodo che permette di "far luce" su tutti i problemi dell'uomo, anche quelli religiosi, politici e morali.
In tutte le correnti di pensiero si afferma il privilegio e la superiorità della dimostrazione "razionale", nella convinzione che in tal modo l'uomo sia in grado di scoprire solo con le proprie forze le verità più profonde, sia nei settori tecnico-scientifici, sia nel dominio del giudizio. Da qui il rifiuto di miti, superstizioni e dogmi, e il dovere da parte degli uomini di cultura di diffondere la conoscenza e di estendere a tutti i propri risultati, perché tutti possano trarne beneficio. Da qui, di conseguenza, la fiducia che sia sostanzialmente possibile migliorare la condizione umana, non solo materialmente, ma anche rispetto a una più precisa, e rivoluzionaria, idea di progresso, che combina la conoscenza con la felicità personale. Un ottimismo che nasce dalla convinzione che sia possibile descrivere e poi riformare la società, allo stesso modo con cui la descrizione scientifica dei fenomeni naturali rende possibile intervenire sui fatti materiali.
È chiaro che questa concezione e questi principi non potevano non entrare in contrasto con gli insegnamenti delle religioni tradizionali, nella maggior parte dei casi dividendo radicalmente le varie posizioni e talvolta conducendo perfino alla negazione di ogni fenomeno trascendente e al più spinto meccanicismo. Ed è pure chiaro che, in questo contesto, il lavoro intellettuale diventa un fattore di trasformazione della società. Certo, chi si occupa di fenomeni di stretto interesse scientifico - ad esempio di Meccanica o di Idraulica- si sente forse meno coinvolto in questo processo, rispetto alla responsabilità di contribuire a dare una visione globale del mondo, ma anche gli uomini di scienza ritengono che il loro compito sia quello di partecipare a debellare l'ignoranza ed a dare con ciò l'avvio a un'era più tollerante nei confronti delle epoche precedenti.
Di fatto, l'appello alla ragione non avrebbe avuto l'importanza che ebbe se gli scienziati non avessero rivelato con le loro scoperte la superiorità del metodo razionale rispetto all'assunzione, più o meno motivata, di dogmi non dimostrati. L'ottimismo della ragione contagia le aspettative. Era ottimista anche Eulero rispetto alla propria azione ed al futuro dell'umanità? In Eulero, l'appello alla ragione ci appare del tutto naturale, come facente parte della sua essenza. Grazie a questo, egli riesce, fra l'altro, a mettere in luce i legami logici più profondi che reggono le varie parti della Meccanica, conferendo a questa materia una unità concettuale che prima era impensabile. Ma questo non è che un esempio.

Al suo tempo, la grande eredità scientifica lasciata da Newton richiedeva di inquadrare tutti i fenomeni naturali entro costruzioni generali, che andavano descritte ed elaborate rigorosamente per mezzo di espressioni matematiche. Allo stesso tempo si chiedeva di fondare la conoscenza su una scrupolosa sperimentazione, evitando di far ricorso a ipotesi prive di fondamento.

Eulero è un convinto sostenitore dell'atteggiamento newtoniano in Matematica e sembra che sia riuscito ad armonizzare abbastanza questa doppia esigenza, scrivendo opere che potevano essere considerate in modo favorevole da entrambi i punti di vista.
A questo proposito, György Pòlya mette in luce la priorità dell'evidenza sperimentale: "Euler mi sembra unico per un aspetto: si preoccupa di presentare con cura la rilevante evidenza induttiva, in dettaglio, in buon ordine. La presenta con convinzione ed onestamente, come deve fare un vero scienziato. La sua presentazione è `la candida esposizione delle idee che lo hanno condotto alla scoperta' –come già aveva detto Condorcet- ed ha un fascino preciso" [12].

Da un'altra parte, si sottolinea che, di regola, egli si muoveva dalla teoria verso la pratica [13] e che, pur rimanendo per tutta la vita legato agli esperimenti, non considerava questo l'aspetto principale del suo lavoro. Perfino le leggi di Newton, le scrive in forma moderna e le pone alla base di ogni trattazione della Meccanica, piuttosto che ottenerle empiricamente attraverso l'elaborazione delle osservazioni.
Quanto allo scopo di divulgare al massimo il pensiero scientifico, pochi autori hanno lo stesso merito di Eulero. In una autobiografia, dettata al figlio Johann Albrecht nel 1767, Eulero ricorda come, al tempo della sua formazione matematica, Johann Bernoulli gli avesse raccomandato di leggere i lavori originali dei grandi matematici. Un consiglio di grande saggezza e attuale ancor'oggi, soprattutto per risvegliare la creatività di chi studia. Ma forse, al tempo, dettato anche da un'altra esigenza. Precisamente dal fatto che esistevano pochi libri di testo in grado di mettere in luce il passaggio che era in corso: dalla sintesi degli antichi geometri all'analisi degli infinitesimi e dell'infinito ed alle loro applicazioni alla Fisica, alla Meccanica ed all'Astronomia. Anche questo sarà uno dei compiti di Eulero, ed egli se ne rende conto. In una lettera a Goldbach del 1744 riconosce che il proprio vasto programma sull'Analisi ha bisogno di numerosi prerequisiti che non sono reperibili altrove. E proprio all'inizio della prefazione alla sua Introductio in analysin infinitorum – forse la sua opera più famosa [14] – egli fornisce la motiva­ zione: "Molte volte ho visto che la maggior parte delle difficoltà che incontrano i cultori di matematica nello studio dell'analisi degli infinitesimi ha origine dal fatto di volersi elevare a questa arte sublime con poche conoscenze di algebra comune [...]. Per quanto l'Analisi degli infinitesimi non richieda una conoscenza profonda dell'algebra [...] non si può negare che, anche nei più comuni testi di algebra, molte questioni che preparano l'animo dei discenti allo studio di questa scienza sublime, sono omesse oppure non sono accuratamente trattate".

Ed allora Eulero scrive degli autentici libri di testo, originali per lo stile espositivo, che forniscono spesso un approccio del tutto nuovo alla materia. Ha scritto manuali di Aritmetica, di Algebra elementare, introduzioni all'Analisi ed alla Geometria analitica. Ha dato le linee espositive della Trigonometria e dell'Analisi matematica che sono giunte a noi quasi inalterate. Ha usato per primo le notazioni delle funzioni più consuete e della abbreviazione stessa f per la generica funzione, ha introdotto i simboli oggi più comuni: e, i, ∑ per la sommatoria, divulgato il simbolo π ...

L'unico scostamento dall'indirizzo portante del suo tempo, quello dell'Illuminismo, si manifesta intorno alla fede religiosa. Qui si verifica anche una presa di distanza dalla Filosofia di Newton, in primis riguardo alla causa della gravitazione universale, che dai newtoniani viene fatta risalire all'onnipotenza divina. Per Eulero l'attività di Dio non è assimilabile a quella di un "orologiaio" che si preoccupa di regolare i meccanismi dell'universo, anche se è l'unica causa della realtà naturale. Tutto è già previsto ed iscritto fin da quando "ha stabilito il corso del mondo e ha disposto gli avvenimenti che dovevano accadervi, ha prestato attenzione a tutte le circostanze", dice nella lettera n. 90 alla principessa di Anhalt-Dessau. Più che un orologiaio è un programmatore – diremmo oggi.

Per Eulero, lo scopo autentico dell'azione umana è quello di confermare la non necessità immediata di Dio nei fatti contingenti e avvalorare la loro conoscenza fin dall'eternità. Di fatto, i suoi interventi su questo terreno sono dettati soprattutto dal desiderio di ristabilire la distinzione e l'autonomia, non solo di carattere temporale, fra le due sfere umana-naturale e divina, in un mondo che sembra confonderle.
Particolarmente quando Eulero si trova in Europa occidentale, perché la società russa non appare ancora contagiata dal morbo del libero pensiero e conseguente materialismo.
È qui, durante il periodo all'Accademia di Berlino, che è testimone della presenza di vari movimenti ostili alla religione – deismo, ateismo – in particolare contrari alla fede cristiana.
Per i fenomeni naturali è possibile scoprire le leggi – questo lo sa bene, non vede contraddizione, ma equilibrio, fra natura e ragione – ma l'opera del Creatore per lui oltrepassa la nostra comprensione. Se è vero che gli uomini dispongono di una "luce ordinaria" – la ragione – per analizzare i fatti naturali, questa è una facoltà limitata, che per i fatti sovrannaturali richiede l'assistenza di una "luce divina". La ragione è impotente a penetrare il loro mistero, e proprio al mistero spesso Eulero si richiama.

 

Sul dualismo fra spirito e corpo: "Non c'è nessun dubbio che gli spiriti costituiscano la parte più importante del mondo e che i corpi esistano solo per stare al loro servizio [...] questa unione di ogni anima con il suo corpo è, e senza dubbio resterà, il più grande mistero dell'onnipotenza divina, mistero che non potremo mai penetrare", comunica alla principessa nella lettera n. 80.

E l'unità profonda dell'uomo conserva un mistero incomprensibile: [...] questa unione fra anima e corpo, che costituisce l'essenza di un uomo vivente, resta sempre un mistero inesplicabile per la filosofia" (lettera n. 82). All'impossibilità di capire ricorre anche in altre occasioni, ad esempio se volessimo spiegare l'origine dei mali e come questi possano sussistere con la sovrana bontà di Dio: "mistero incomprensibile" (lettera n. 89). Oppure: "Ma il legame che il Creatore ha stabilito fra la nostra anima e il nostro cervello è un mistero così grande che noi non sappiamo altro che certe impressioni prodottesi nel cervello, là dove è dimora dell'anima, suscitano nell'anima certe idee o sensazioni; ma il 'come' di questa influenza ci è assolutamente sconosciuto" (lettera n. 97). La ragione si fa strumento solo dei fenomeni naturali.
Non meravigliano le critiche che Eulero riceve dal mondo scientifico per le sue prese di posizione. Agli occhi dei contemporanei, per i quali la religione viene vista soprattutto come un luogo di irrazionalità – non un contributo, ma un ostacolo alla conoscenza – queste adombrano gli atteggiamenti più oscurantisti. "Non dovreste impegnarvi su simili argomenti – gli scrive Daniel Bernoulli nel 1747, a proposito della sua "Difesa della Rivelazione Divina" – perché da voi ci si attendono solo cose sublimi". E, dopo la pubblicazione delle Lettere a una principessa, Lagrange si sfoga con d'Alembert: "Eulero, per il proprio onore, non avrebbe mai dovuto pubblicare quest ' opera". Allo stesso tempo, non si può trascurare che la sua persona si staglia come quella del maggior matematico, riconosciuto ed onorato, in un tempo che ha visto numerose altre figure di spicco, in campo scientifico, letterario e filosofico. Nel 1775 Turgot lo qualifica come "il famoso Eulero [...] un uomo che onora l'umanità con il suo genio e la scienza con il suo stile". E nella prefazione alla prima edizione inglese delle Lettere a una principessa (1795), il traduttore Henry Hunter osserva [15]: "Sono rimasto mortificato a riflettere sul fatto che le ingannevoli e seducenti produzioni di un Rousseau e le velenose effusioni di un Voltaire siano nelle mani di così tanti ragazzi, per non parlare delle ragazze, travisando la conoscenza e corrompendo i principi morali, mentre le semplici ed utili istruzioni del virtuoso Euler vengono a stento menzionate".
Forse, il fatto di arrestarsi di fronte al mistero testimonia, ancora una volta, il coraggio di non sottomettersi alle mode del tempo e l'umiltà nel riconoscere la propria, limitata, condizione umana. Un atto di indipendenza e di fermezza.

 

A BERLINO

 

DOPO LA PARTENZA DI EULERO dalla Russia, nel 1746 viene nominato presidente dell'Accademia di San Pietroburgo il giovane (diciottenne) Kirill Grigor'evic Razumovskij, fratello del favorito della zarina, che aveva studiato per qualche anno all'estero – anche a Berlino, da Eulero. Un aspetto particolare di Kirill Razumovskij sembra che fosse la convinzione di essere esperto di ogni materia. Per questo si assume l'onere di insegnare regolarmente agli accademici come devono condurre le loro ricerche. Con la sua partenza, Eulero aveva evitato questi insegnamenti – e sfugge loro per poco al suo ritorno in Russia, perché Kirill rimane presidente per venti anni – ma mentre si trova a Berlino, non può evitare quelli del cosiddetto "filosofo con la corona": Federico II, un altro che riteneva di sapere tutto.

Dopo un iniziale accordo, i rapporti con Federico II erano rapidamente peggiorati. In parte a causa della fissazione che il re aveva per le persone sofisticate e tutto ciò che era francese ed il suo minor rispetto per il decisamente inelegante Eulero, in parte per la tendenza di questi a farsi coinvolgere dai filosofi che stazionavano a corte in questioni che non lo interessavano direttamente: si racconta ad esempio che Voltaire si divertisse a tormentare Eulero alla presenza di Federico II. Soleva molestarlo con ragionamenti metafisici e questioni sottili allo scopo di metterlo in ridicolo. E poi, Federico II si vantava del proprio ateismo, mentre Eulero rimarrà per tutta la vita un convinto e devoto calvinista. La permanenza a Berlino presenta per Eulero altri momenti spiacevoli, che lo distolgono dalla prediletta attività di ricerca. Fra questi, è nota la polemica con il matematico tedesco Johann Samuel Kònig sulla priorità del principio di minima azione: qui prende chiaramente le parti del direttore dell'Accademia, Maupertuis. Forse a dirigere il comportamento di Eulero è il fatto che Kònig riconosce l'autorità di Leibniz e Wolff, alle cui concezioni filosofiche egli si oppone decisamente. Forse il desiderio di difendere il prestigio dell'Accademia, nella figura del suo presidente, e di limitare il crescente predominio delle Università tedesche. Certamente in questo caso l'azione di Eulero appare dura e decisa, in una maniera che sembra estranea alla sua personalità.
Altre circostanze a Berlino non possono non colpire la sua sensibilità: la mancata nomina a presidente dopo la morte di Maupertuis, avvenuta nel 1759, nonostante fosse di gran lunga l'esponente più prestigioso ed attivo, direttore della sezione matematica e di fatto, da anni, dirigesse l'Accademia; i contrasti con i soliti "philosophes " francesi, beneamati dal re, e il timore che proprio d'Alembert fosse nominato presidente; l'implicita richiesta che il compito di divertire il sovrano rientrasse fra i doveri degli studiosi.
A Berlino, la fama di Eulero è quella di un grande matematico, ma di un mediocre filosofo. E questa fama gli rimane addosso. In una lettera del 1769, indirizzata a Lagrange, d'Alembert osserva impietosamente: "Il nostro amico Eulero è un grande analista, ma un pessimo filosofo" – anche se, in una successiva lettera a Lagrange, non ha nessun dubbio a qualificarlo dal punto di vista matematico come "ce diable d'homme " .
Ed a Berlino si manifesta soprattutto la lotta in difesa della religione, indirizzata esplicitamente al filosofo Wolff ed ai suoi sostenitori: I wolffiani non si di chiarano apertamente contro il principio di inerzia, per il quale anzi testimoniano molto rispetto, ma avanzano altri principi che gli sono direttamente contrari. Sostengono che ogni corpo, in virtù della sua propria natura, fa sforzi continui per cambiare di stato, cioè per porsi in movimento quando è in quiete, e per cambiare continuamente direzione e velocità quando è in movimento".

Così scrive Eulero nella lettera n. 73 alla Principessa di Anhalt-Dessau. E nella lettera n. 71 le aveva già spiegato che [...] quando vediamo che un corpo in quiete comincia a muoversi, possiamo essere sicuri che questo movimento è stato causato da una forza esterna, poiché non vi è nulla nel corpo stesso che sia capace di metterlo in movimento".

 La polemica con il filosofo Wolff ed i suoi seguaci, ben accreditati nelle Università tedesche, era cominciata già pochi anni dopo l'arrivo di Eulero a Berlino. Il contrasto viene condotto da Eulero sui principi della Fisica, in particolare sulla spiegazione del principio d'inerzia, ma la sostanza è quella di opporsi alla Teoria della corporalità dell'anima, da questi di fatto propugnata, ed alle nozioni di monade e di armonia prestabilita che risalivano al grande Leibniz e che, ai suoi occhi, negano il libero arbitrio.
Nonostante la sua ammirazione per Leibniz, forse dovuta all'influsso del suo maestro Johann Bernoulli, che era considerato il principale sostenitore delle sue idee, anche altri sono gli argomenti di contrasto da parte di Eulero. Ad esempio sull'idea di spazio, ma anche su quella di infinitesimo.
Da un lato, Eulero non esita ad affermare in più occasioni che lo spazio è una sorta di contenitore, distinto dai corpi che è in grado di contenere – anzi indifferente ad essi ed alla loro evoluzione – in contrasto con la concezione alla quale si rivolge Leibniz, per cui lo spazio è "lo spazio dei corpi", una modalità della loro esistenza ed una forma necessaria della loro organizzazione. È la differenza fra estensione e luogo, o topos, nel senso di Aristotele. In questo concorda con l'idea di "spazio assoluto" – immobile e sempre uguale a se stesso – sostenuta da Newton (sebbene ne differisca per il contenuto, quella materia sottile che già gli antichi chiamavano "etere"). Dall'altro lato, Eulero è cosciente che l'idea di infinitesimo di Leibniz, per la quale non è mai stata data una rigorosa definizione matematica, è in relazione con la nozione filosofica di "monade", una sorta di atomo indivisibile, che apre discussioni sulla possibilità o meno di dividere all'infinito la materia e che nega ogni forma di dualismo.

 

È certo che Eulero non propone una concezione alternativa. Lo scopo non è quello di dare una fondazione filosofica alla propria visione religiosa, bensì di mantenersi entro i limiti – devoti – della fede storica.
In quella grande sorgente del suo pensiero che sono le Lettere a una principessa, leggiamo ancora: "[...] tutte le verità accessibili alla nostra conoscenza si dividono in tre classi essenzialmente distinte. La prima classe comprende le verità dei sensi; la seconda le verità dell'intelletto; e la terza le verità della fede" (lettera n. 115). Tutti i cambiamenti che avvengono nella materia sono prodotti da forze esterne, il pensiero ha la sua autonomia e le sue leggi interne alla persona umana, oltre è il regno della fede.
Il ritorno a San Pietroburgo è vissuto come una liberazione. Nonostante la frequentazione dei pensatori francesi, il filosofo con la corona" era oltretutto un tipico militare, in permanenza coinvolto in qualche guerra, in una delle quali viene devastata – proprio dall'esercito russo – una residenza di Eulero. Solo la scomparsa della zarina Elisabetta I alla fine del 1761 (secondo il calendario russo, inizio del '62 secondo quello occidentale) e l'incoronazione di Pietro II, che aveva per Federico una sorta di venerazione, permettono al re prussiano di concludere la guerra con la Russia senza limitazioni territoriali per il proprio paese. Soltanto il desiderio di non inimicarsi la potente zarina Caterina la Grande lo convince astiosamente a privarsi del genio matematico di Eulero.

 

 

 

 

CONCLUSIONE

LA SCOMPARSA DI EULERO desta grande cordoglio nel mondo scientifico e tutti si accingono a commemorarne la figura. Gli accademici russi, consci dell'importanza che ha avuto per la loro istituzione, decidono di erigere un busto a proprie spese "all'immortale Eulero, degno di ammirazione tanto per il suo genio quanto per i sui meriti" [16]. E la principessa Ekaterina Romanovna Daskova, grande ammiratrice di Eulero, da poco diventata presidente dell'Accademia, contribuisce con una splendida colonna che serva da basamento.
Inizialmente il busto viene situato in biblioteca, quindi gli viene riservato un posto d'onore, nella sala delle riunioni, di fronte al seggio del presidente: e nella biblioteca rimane una silhouette del gruppo degli accademici della classe matematica, intenti a sistemare il busto del defunto.
Nelle altre sedi, si distingue l'orazione funebre del segretario permanente dell'Accademia delle Scienze francese, marchese di Condorcet, il quale, in chiusura del proprio discorso, considera il busto di Eulero un segno di grande rispetto: "L'Accademia di San Pietroburgo, che lamenta in maniera solenne la sua scomparsa, installerà a proprie spese un busto di marmo da situare nella sala delle riunioni". E conclude segnando il passaggio effettuato in Russia dall'inizio del secolo: da una terra considerata barbara dal resto d'Europa ad un paese che è capace di onorare i grandi protagonisti della sua storia [17].
Il secolo di Eulero è terminato. Viene sepolto con tutti gli onori nel cimitero Smolenskij: Qui riposano i resti mortali del saggio, giusto, famoso Leonhard Euler. Ma poco tempo dopo la sua tomba verrà dimenticata e ritrovata per caso una cinquantina di anni più tardi. Nel 1957 i suoi resti vengono trasferiti nel cimitero del monastero Aleksandr Nevskij, dove si trovano tuttora.

 

NOTE

  1. Seminascosto nella raffigurazione di profilo: di fatto rimase praticamente cieco dall'occhio destro fin dal 1738.

  2. La casa di Eulero, ad un certo momento, fu di non meno di diciotto persone, osserva E.T. Bell nel suo I grandi matematici, Sansoni, 1966, p. 143.

  3. S.G. Gindikin, "Leonard Ejler, k 200-letiju so dnja smerti", prima parte in Kvant n.10, (1983).

  4. G. Pólya, Mathematics and Plausible Reasoning, Princeton University Press, 1954, vol. I, p. 90.

  5. Anders Johan Lexell, matematico e astronomo, sostituirà Eulero sulla cattedra di Matematica dell'Accademia, dopo la sua morte. A lui si deve il calcolo dell'orbita che dimostrò che Urano era un pianeta.

  6. I grandi matematici, Sansoni, 1966, p. 145.

  7. Cfr. A.Ja. Jakovlev, "Genij XVIII veka" in Kvant n.11, (1972). Peraltro sembra che anche in tedesco la sua pronuncia risultasse problematica da capire.

  8. A.N. Krylov, "Leonhard Euler", conferenza del 5 ottobre 1933 alla sessione speciale dell'Accademia delle Scienze dell'Urss, organizzata in occasione dei 150 anni dalla morte di Eulero.

  9. I grandi matematici, Sansoni, 1966, p. 147.

     
  10. Citato da S.G. Gindikin, "Leonard Ejler, k 200-letiju so dnja smerti", prima parte in Kvant n.10, (1983).

  11. Citato da S.G. Gindikin, "Leonard Ejler, k 200-letiju so dnja smerti", prima parte in Kvant, n.10 (1983).

  12. G. Pólya, Mathematics and Plausible Reasoning, Princeton University Press, 1954, vol. I, p. 90.

  13. S.G. Gindikin, "Leonard Ejler, k 200-letiju so dnja smerti", seconda parte in Kvant n.11, (1983).

  14. "Qui, in effetti, Euler realizza per l'analisi ciò che Euclide ed Al-Khowarizmi avevano fatto rispettivamente per ia geometra sintetica e l'algebra', osserva Cari Boyer in "The foremost textbook of modem times" in The American Mathematical Monthly, 58 (1951).

  15. Citato da G.L. Alexanderson, "Ars expositionis: Euler as writer and teacher" in Mathematics Magazine, vol. 56, n. 5 (1983).

  16. Citato da S.G. Gindikin, "Leonard Ejler, k 200-letiju so dnja smerti", prima parte in Kvant n. 10, (1983).

  17. Tuttavia, meno di dieci anni dopo la morte di Eulero, il nome di Condorcet verrà cancellato dagli annali dell'Accademia russa per "comportamento indegno" in quanto aveva preso parte alla rivoluzione francese.