I primi calcolatori in Italia in una testimonianza (inedita) di Sandro Faedo

Vari autori hanno ricostruito, nel numero 12-13 di PRISTEM/Storia, le vicende legate alla nascita dell'informatica in Italia e alla costruzione e acquisto dei primi calcolatori. Nel 1954-5 l'avvento del computer -come scrive Corrado Bonfanti- riguardava inizialmente una ristrettissimaa cerchia di specialisti mentre "l'opinione pubblica era coinvolta solo a livello emozionale: nasceva il mito del cervello elettronico". Alcuni dei saggi che compaiono nel fascicolo citato di PRISTEM/Storia riguardano da vicino l'attività che in quegli anni ferveva a Pisa, il ruolo svolto da Sandro Faedo (1913-2001), matematico (analista in particolare), allievo di Tonelli e Enriques, grande manager della ricostruzione della Matematica italiana dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni '70, Faedo sarà anche presidente del CNR e senatore (per due legislature).

Pubblichiamo ora -grazie alla collaborazione della figlia Lucia, di Mario Miranda dell'Università di Trento e di Lorenzo Freddi dell'Università di Udine- un inedito di Sandro Faedo. Sono appunti di viaggio (a New York, all'IBM) che, sempre in riferimento ai primi passi compiuti dall'informatica nel nostro Paese, ci parlano del periodo immediatamente successivo a quello analizzato in PRISTEM/Storia. Siamo ora a metà degli anni Sessanta.

 

 

Nel 1963 compii un viaggio negli Stati Uniti e visitai tutte le principali industrie che costruivano calcolatori elettronici ed in particolare la IBM, che era presieduta da Eugenio Fubini, figlio del grande matematico Guido Fubini, cui ero legato da amicizia giovanile. Infatti nell’Università di Roma eravamo insieme, Eugenio Fubini assistente di Enrico Fermi ed io di Federigo Enriques e per tre anni frequentammo insieme i famosi sabati di casa Castelnuovo e diventammo amici.
Potei così visitare l’antico stabilimento della IBM a Poughkeapsie, dove si montava il più grande calcolatore a transistor della seconda generazione, il 70/90 IBM, che costava tre miliardi. Lessi i nomi dei committenti: tutte università ed industrie statunitensi, più l’Università di Tokio. Mi colpì il fatto che nessuna università europea ne avesse prenotato uno. Avendo capito, dopo la visita che avevo fatto ai laboratori di ricerca dell’IBM e di altre aziende, che la seconda generazione dei calcolatori stava per finire, proposi a Fubini di donare ad alcune università europee qualche esemplare di 70/90, dato che le componenti esistevano e si trattava solo di assemblarle.
Dopo lunghe trattative ottenni così in dono per l’Università di Pisa un 70/90 IBM e creai il CNUCE a disposizione degli scienziati italiani. Qualche anno dopo entrarono in funzione i calcolatori della terza generazione a circuiti integrati, dovuti alla genialità di un mio conterraneo ed amico carissimo, FEDERICO FAGGIN.
Nel 1969 telefonai quindi all’amico Fubini per sentire se era possibile avere in dono dall’ IBM il grande calcolatore a circuiti integrati, il sistema 360 IBM, del prezzo di quattro miliardi. Egli mi disse che non era possibile, perché a causa delle donazioni fatte prima ad alcune università europee, le ditte concorrenti avevano fatto causa all’ IBM per concorrenza sleale, in violazione alla legge antitrust. Andai a New York per convincerlo e gli dissi che mi sarei arreso solo se il Board dell’ IBM fosse stato del suo stesso avviso. Egli mi disse che avrebbe convocato il Board, ma che erano necessari tre giorni di preavviso.
Occupai quei tre giorni visitando centri di ricerca ed in particolare recandomi a Cape Canaveral, dove assistei al lancio dell’Apollo 11, con lo sbarco del primo uomo sulla luna. La riunione del Board dell’ IBM era al 10° piano di un grattacielo sul piazzale delle Nazioni Unite, nella sala della biblioteca dell’IBM. Mi recai lì mezz’ora prima e mi feci portare al mio posto una decina di volumi.
Alla riunione del Board io non fui ammesso e, dopo un quarto d’ ora, mi fu comunicata la sentenza negativa. Chiesi di esporre le mie ragioni.
Mi congratulai anzitutto con gli Stati Uniti per il successo dell’ Apollo 11, aggiungendo però che tale successo era anche il frutto di ricerche svolte da secoli in Europa. Cominciai ad aprire il primo dei dieci volumi che mi ero fatto portare al mio posto, volume edito dall’IBM sul metodo Montecarlo, ideato da Fermi e così chiamato perchè occorrendo disporre di numeri casuali, questi venivano trovati girando a mano una roulette. Il 1° capitolo del volume sul metodo Montecarlo era intitolato: “I NUMERI DI FIBONACCI”, primo esempio nella matematica di procurarsi, attraverso i numeri primi, numeri casuali senza ricorrere alla roulette. Continuai illustrando le ricerche di Galileo sulle orbite lunari e via via illustrando altre scoperte di studiosi pisani fino ai giorni nostri. Conclusi che era interesse dell’IBM che un grande centro scientifico come l’Università di Pisa, dove aveva studiato anche il padre di Eugenio Fubini, continuasse a lavorare per il progresso della scienza.
Uscii dalla sala e dopo dieci minuti ebbi la sentenza. Il 360 IBM mi veniva offerto con il 75% di sconto; riuscii anche ad ottenere che il miliardo occorrente mi fosse rateizzato in quattro anni ed ottenni dal Ministro Misasi che il Ministero della Pubblica Istruzione
avrebbe coperto la spesa.