Il principio di minimo

Quello dei principi di minimo o di massimo, detti anche principi di ottimalità, è uno dei paradigmi più interessanti e fecondi nella cultura occidentale. Nel mondo contemporaneo, dominato dal mercato, esso può essere formulato come il principio della economia dei mezzi o della strategia ottimale per ottenere dei risultati . Ma, come molti sanno, esso ha assunto nel corso dei secoli valenze metafisiche, estetiche e gnoseologiche.

Scriveva Senofonte nel V secolo a.C.:

Se il Dio è il più potente degli esseri, è necessario che sia uno. Infatti se ve ne fossero due o più, uno di essi non potrebbe essere la più potente e la migliore delle cose, perché ad ognuno di essi, essendo un dio, spetterebbero tali attributi in egual misura.

Nell'anno Mille Anselmo riteneva che il seguente argomento costituisse la prova dell'esistenza di Dio:

Pensiamo Dio come un essere del quale non si può pensare niente di maggiore. Se esso non fosse unico, si potrebbe pensarne uno più grande che comprendesse entrambi. Se esso non esistesse si potrebbe pensarne uno più grande che esistesse.

Senza voler entrare nella discussione sul valore logico dell'argomentazione, ricordiamo che questo è stato uno dei temi fondamentali della metafisica a partire da Cartesio e Leibniz fino a quando Kant mostrò l'inconsistenza logica dell'argomento e come fosse disperata l'idea di fondare una Teologia razionale.

Scriveva ancora Senofonte:

Ma se Dio è uno solo, sarà uguale in ogni parte e vedrà e udirà e avrà le altre sensazioni dappertutto: altrimenti le parti del Dio dominerebbero e sarebbero dominate l'una dall'altra, il che è impossibile. Poiché è uguale in ogni parte, è di forma sferica: infatti non può essere uguale in qualche parte ed in altre no, ma nella sua totalità.

Questa citazione ci serve ad esemplificare la valenza estetica dei principi di minimo: la sfera è la figura nello spazio che a parità di superficie contiene il volume massimo o, in forma duale, a parità di volume ha superficie minima.

Questa è la proprietà isoperimetrica della sfera; la stessa proprietà, dimostrata nel I secolo d.C. da Zenodoro, l'ha anche il cerchio.

In effetti la bellezza di molte forme in natura sembra obbedire a principi di minimo, ed un ideale comune ad artisti artigiani e scienziati sembra essere: tutto ciò che si può fare, può esser fatto in maniera semplice. Con una frase spesso attribuita a Dante, ma che riassume in ogni caso un comune sentire nel medioevo, passando dall'estetica all'etica:

Tutto ciò che è superfluo dispiace a Dio e alla Natura. Tutto ciò che dispiace a Dio e alla Natura è male.

Sempre nel Medioevo viene formulata una versione gnoseologica del principio di minimo: è la legge di parsimonia di Occam, che prescrive di non introdurre nelle spiegazioni delle cose più entità di quante siano necessarie, od anche che gli enti non sono da moltiplicare senza necessità, idea che è forse possibile far risalire ad Aristotele.

Una versione epistemologica moderna è espressa dalle seguenti parole di Einstein:

Le nuove teorie sono necessarie innanzitutto quando ci imbattiamo in fatti nuovi che non possono essere spiegati dalle teorie esistenti, ma questa motivazione per metterne in piedi nuove è, per così dire, banale, imposta dall'esterno. C'è un altro motivo, più sottile ma non meno importante. Esso è il tentativo di giungere ad una unificazione e semplificazione delle ipotesi della teoria in senso globale.

Non sorprenderà quindi che i principi di minimo furono usati fin dagli inizi della Scienza, e sono ancor oggi usati, per formulare matematicamente le leggi di natura. Il capitolo della Matematica che si occupa di questo si chiama Calcolo delle variazioni.

Ma andiamo con ordine. Già Erone, nel I secolo d.C., deduceva il principio di riflessione della luce, già enunciato da Euclide, dal principio che la luce, viaggiando da un punto iniziale ad uno finale, percorre il cammino di minima lunghezza. Alla metà del 1600 Fermat deduce la legge di rifrazione della luce dal principio, ora detto di Fermat, che la luce si propaga da un punto ad un altro seguendo il cammino più veloce . Questo innesta una lunga polemica tra Cartesio ed, ancor più i cartesiani, e Fermat, che viene accusato di voler introdurre il finalismo nella Scienza. Come dirà ancora Poincaré nel 1902, in effetti è piuttosto scioccante immaginare che il corpuscolo di luce sembri conoscere il punto di arrivo e, sulla base di questo, scelga il cammino più veloce.

Il principio viene ripreso da Maupertuis nel 1744-47 nella forma generale di principio di minima azione: la natura segue sempre le vie più semplici, e le vie più semplici sono quelle che minimizzano il dispendio della natura, cioè l'azione.

Si tratta sempre di un principio metafisico, come di Metafisica, più che di Scienza, sembra sapere l'affermazione di Newton nei Principia:

La Natura non fa niente invano, e più è invano quando meno è necessario, perché la Natura si compiace della semplicità e non ama la pompa delle cause superflue,

o di Eulero nel Methodus inveniendi lineas curvas maximi minimive proprietate gaudentes, cioè Metodo per trovare le linee curve che godono di proprietà di massimo o minimo:

Poiché la forma di tutto l'universo è assolutamente perfetta, pensata dal più saggio dei creatori, nel mondo non accade niente senza che si renda evidente una qualche regola di minimo o di massimo.

Ma questi principi hanno una controparte matematica precisa.

Dopo l'invenzione del calcolo infinitesimale da parte di Newton e Leibniz, nasce un nuovo calcolo, inizialmente ritenuto di tipo superiore, chiamato calcolo delle variazioni . Newton studia la forma che deve avere un corpo in modo da offrire resistenza minima al movimento in un mezzo, Leibniz, Jacob e Johann Bernoulli risolvono il cosiddetto problema della bachistocrona , proposto dallo stesso Johann: si tratta di trovare la linea che connette due punti dati su un piano verticale in modo che un punto mobile vi scenda, sotto l'azione della sola gravità, in tempo minimo. La soluzione è data dalla cicloide, una curva già studiata da vari matematici, ad esempio da Pascal. Eulero risolve moltissimi problemi di minimo o massimo, motivati dalla Geometria o dalla Meccanica, nel suo Methodus inveniendi. Ma soprattutto, Eulero e, ancor più, Lagrange fissano le basi variazionali della Meccanica di Newton.

Tutto questo ha un'eco enorme nella cultura del diciottesimo secolo. Ovviamente non possiamo entrare nei dettagli, ma basta menzionare le polemiche tra i sostenitori della meccanica di Cartesio e della nuova Meccanica di Newton (sarebbe meglio dire Filosofia naturale invece di Meccanica).

Queste videro tra i protagonisti, ad esempio Voltaire e Madame de Châtelet, contro il cartesianesimo ed in favore dell'introduzione della Filosofia di Newton in Francia.

Videro anche Voltaire contro Maupertuis, e Voltaire contro l'idea del migliore dei mondi possibili di Leibniz, idea che doveva risolvere il problemi dei limiti dei poteri di Dio e conciliare Dio con il libero arbitrio.

Con Lagrange il principio di minima azione prende anche la forma, non più globale ma locale, di principio dei labori virtuali, eliminando così le difficoltà legate all'accusa di finalismo; successivamente si dimostrerà che, in molte situazioni, i due principi di minima azione e dei lavori virtuali sono di fatto equivalenti.

A seguito degli esperimenti di Fresnel sul carattere ondulatorio della luce, Hamilton sviluppa una teoria variazionale dell' ottica geometrica, in un senso che non possiamo precisare, duale a quella di Lagrange, e successivamente anche con il contributo di Jacobi si stabilisce il carattere unitario della Meccanica e dell'Ottica, entrambe sono regolate dagli stessi principi, come pure si risolve il dualismo tra la teoria corpuscolare ed ondulatoria della luce: le due teorie sono interpretazioni matematicamente “duali” dello stesso fenomeno.

Le formulazioni hamiltoniana e lagrangiana saranno alla base di molte fondamentali teorie fisiche, dalla relatività einsteiniana alla Meccanica quantistica, fino ai più recenti tentativi di unificare la teoria quantistica con la teoria gravitazionale.

A questo punto, qualcuno si starà chiedendo, con Wiegner, il perché di questo sorprendente e irragionevole successo della Matematica e dei principi di minimo, in particolare.

Per chi è religioso una buona risposta è probabilmente fornita dalle affermazioni di Newton ed Eulero sulla natura e Dio. Mi piace riportare però ancora due opinioni di due grandi fisici del secolo scorso, Max Born:

E' la Scienza ad essere economica, non la natura

e Dirac:

Sembra essere una delle caratteristiche di base della natura il fatto che le leggi fondamentali della Fisica siano descritte in termini di teorie matematiche di grande bellezza e potenza, teorie che richiedono la conoscenza di Matematica ad alto livello per essere comprese. Vi chiederete perché la natura sia costruita in questo modo, ma si può solo rispondere che le nostre conoscenze attuali sembrano indicare che le cose stanno in questo modo e si tratta di un fatto che dobbiamo semplicemente accettare. Potremmo forse descrivere la situazione dicendo che Dio è un matematico di grande levatura ed ha usato matematiche molto avanzate per costruire l'universo. I nostri deboli tentativi ci permettono per ora di capire una piccolissima parte dell'universo, e sviluppando della matematica di livello sempre più alto possiamo sperare di comprenderlo meglio.

Le idee qui appena accennate formano il tema centrale del volume di Stefan Hildebrandt e Anthony Tromba, Principi di minimo. Forme ottimali in natura. Si tratta di un successo editoriale apparso in inglese nel 1984, successivamente ampliato e tradotto in francese, olandese, spagnolo e giapponese, e che recentemente le Edizioni della Normale presentano nella traduzione di Cecilia Conti.

A mio parere si tratta di un libro straordinario. Il lettore privo di conoscenze matematiche viene guidato attraverso l'evoluzione storica e culturale di alcuni aspetti della Matematica, a partire da semplici situazioni, toccando problemi complessi come quello delle superfici di area minima, con le sue applicazioni allo studio delle forme naturali o architettoniche o allo sviluppo delle cellule o delle fratture, il tutto illustrato da un eccezionale materiale iconografico che costantemente avvicina l'arte e la cultura del tempo con gli sviluppi matematici e scientifici in senso lato.