La riscossa della Ricerca europea

L'Europa è in crisi – lo sappiamo – ma forse quello che non era stato finora abbastanza chiaro è che a essere in crisi – profonda crisi – è il cuore pulsante della sua promessa di sviluppo: la Ricerca. Sappiamo anche che le condizioni della ricerca europea sono molto differenziate, con una netta contrapposizione tra i Paesi del centro e del sud dell'area, con quote di investimento sul PIL che variano tra il 3% (e talvolta lo superano) e poco più dell'1%. Ma le strette finanziarie imposte ai governi hanno creato un ulteriore frattura e reso nel complesso molto più asfittico tutto il finanziamento a questa attività. Se ne è accorta molto bene la Francia, che ha voluto così lanciare l'allarme, con l'ambizione di contagiare l'opinione pubblica europea e creare un movimento di pressione per sollecitare un'inversione di tendenza.

È l'autunno caldo della ricerca, che inizia con una grande manifestazione – quella della Francia, appunto – originale e d'effetto: dal 27 settembre al 18 ottobre i ricercatori dell'Università di Montpellier si sono cimentati in una maratona ciclistica con destinazione Parigi, per chiedere che venga almeno triplicato l'investimento nella ricerca di base. La risposta europea al richiamo dei francesi non ha tardato a farsi sentire. Nasce, infatti, quasi in parallelo, il manifesto promosso da nove ricercatori europei che denuncia, in modo forte e chiaro, lo stato di abbandono in cui versa la ricerca del vecchio continente, a cominciare dal titolo: Hanno scelto l'ignoranza. "Hanno scelto l'ignoranza" è anche il "mantra" che attraversa l'intero manifesto e che scandisce ogni singolo importante passaggio di un messaggio complesso. Quello che la ricerca è il fondamento di un nuovo modello di sviluppo basato sulla conoscenza; che il suo finanziamento non può seguire i "cicli politici; che a lungo termine, l'investimento sostenibile in R&S è fondamentale perché la scienza è una gara sulla lunga distanza; che alcuni dei suoi frutti potrebbero essere raccolti ora, ma altri possono richiedere generazioni per maturare; che, se non seminiamo oggi, i nostri figli non potranno avere gli strumenti per affrontare le sfide di domani". Che la perdita nell'investimento in ricerca è irreversibile e che l'affondo – specialmente nei paesi del sud Europa che avrebbero dovuto incrementare in misura sempre più consistente il loro investimento in ricerca "aggrava il divario in R&S tra gli Stati membri". Infatti, prosegue la lettera-manifesto: "Scoraggiati dalla mancanza di opportunità e dall'incertezza derivante dalla concatenazione di contratti a breve termine, molti scienziati stanno pensando di abbandonare la ricerca, incamminandosi lungo quella che, per sua natura, è una via senza ritorno. Invece di diminuire il deficit, questo esodo contribuisce a crearne uno nuovo: un deficit nella tecnologia, nell'innovazione e nella scoperta scientifica a livello europeo". Insomma, mollare le redini dell'investimento in ricerca potrà sortire in Europa un solo unico devastante effetto: quello di approfondire i divari di sviluppo tra paesi che dovevano essere colmati proprio in ragione della costruzione del progetto europeo. Ma non basta frenare l'emorragia di finanziamenti, perché c'è un vizio profondo anche nel metodo con cui si finanzia oggi l'attività di ricerca, coagulando i finanziamenti intorno a un "numero sempre più limitato di gruppi di ricerca ben affermati, rendendo impossibile la diversificazione di cui avremmo bisogno per affrontare le sfide della società di domani". Un approccio, questo, che approfondisce ulteriormente il divario fra il Nord e il Sud dell'Europa "poiché un piccolo numero di istituti di ricerca ben finanziati sta sistematicamente reclutando questo piccolo e selezionato gruppo di vincitori di finanziamenti".

C'è dunque una ispirazione profonda che anima l'iniziativa francese e il manifesto, che va bel al di là di un semplice allarme sulla restrizione dei finanziamenti alla ricerca. Condannare a morte la ricerca significa condannare a morte sicura l'Europa, non solo nella sua dimensione economica, ma anche – e innanzitutto - in quella dei valori di civiltà di cui è riuscita ad essere portatrice. E' quindi auspicabile che non solo il maggior numero possibile di membri della comunità scientifica si impegni a sostenere queste iniziative, ma che lo facciano in gran numero – iniziando con il firmare il manifesto Hanno scelto l'ignoranza – tutti i cittadini, se hanno a cuore che il progetto europeo riprenda la sua strada maestra.

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