La scienza italiana nei 150 anni dall’Unità

“Gli studi dei 150 anni che ci separano dall’Unità d’Italia riservano in generale alla scienza un’attenzione limitata. Ricordano e analizzano l’epopea risorgimentale, la formazione dello Stato unitario, il periodo giolittiano, le prime avventure coloniali, i conflitti mondiali. Dedicano la dovuta attenzione al periodo fascista per proseguire con la fine della seconda guerra mondiale, la ricostruzione seguita alla Liberazione, il boom economico, la modernizzazione, il passaggio dalla prima alla seconda repubblica, la cronaca degli ultimi anni. Della scienza, però, parlano poco. Sembra che non la conoscano, O, quantomeno, sembrano giudicarne irrilevanti gli apporti per il succedersi degli avvenimenti e i motivi per cui essi hanno preso, nel nostro Paese, una certa piega piuttosto che un’altra. (…) troviamo storie generali in cui poco spazio viene lasciato alla cultura – qualche pagina di “colore” e di intrattenimento, per alleggerire la tensione della stretta concatenazione storica – e pochissimo, in particolare a quella scientifica. Anzitutto, perché non è giudicata “cultura”. In secondo luogo, perché è difficile da raccontare ed espone a rischi di rifiuto da parte del lettore. Infine, e soprattutto, perché non si ritiene che non abbia contribuito alla dinamica dell’Italia unita e non sia quindi utile per capirne le vicende in questo primo secolo e mezzo della sua esistenza”.

La battaglia di Calatafimi

Così inizia il volume pubblicato recentemente da Bruno Mondadori (settembre 2010) che Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi dedicano alla storia della scienza italiana o, meglio, a 18 storie di studiosi italiani di assoluto rilievo.

“Si parte con il Risorgimento, gli anni della seconda guerra di indipendenza, la proclamazione dell’Unità e la politica di Quintino Sella per approdare agli ultimi decenni del secolo successivo, con il calcolatore e i problemi posti dalla globalizzazione. Queste diciotto storie ci dicono, anzitutto, che la scienza in Italia è esistita ed è parte integrante dei primi 150 anni di vita unitaria. Non siamo insomma solo una terra di santi, di poeti o d’artisti. In qualche campo, e in alcuni momenti, abbiamo raggiunto l’eccellenza. Abbiamo vinto dei premi Nobel. Siamo stati apprezzati dalla comunità internazionale come una delle sue punte di diamante o, ancora, come un arealtà da prendere a modello per la modernità della sua prganizzazione. E’ il caso di Antonio Pacinotti e di Galileo Ferraris, di Camillo Golgi, di Vito Volterra, di Guglielmo Marconi, di Mauro Picone, di Enrico Fermi, ma anche, in tempi più recenti, di Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini.

Sono personaggi non sempre apprezzati in modo adeguato e che invece hanno dato un contributo estremamente significativo allo sviluppo del Paese.

Ricordarli in termini non agiografici, evitando i toni immancabilmente entusiastici, è un modo perché anche la cultura scientifica risulti presente nelle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia che culmineranno nelle manifestazioni torinesi del marzo 2011 ma che continueranno con Convegni, iniziative pubbliche e di studio, coinvolgimento delle scuole, “tesine” ecc.