Le strategie dell’Istat per accrescere la statistical literacy

Nei test Ocse-Pisa 2010 pubblicati a dicembre, l'Italia fa registrare il 21% di quindicenni "con scarsi risultati in lettura". Un quindicenne su cinque, in Italia, può pertanto essere definito semianalfabeta, cioè privo "delle capacità fondamentali di lettura e di scrittura".

Enrico Giovannini, attuale presidente dell’Istat, in un’intervista rilasciata a “L’Espresso” il 16.10.2009, sottolineava il pericolo di un moderno analfabetismo: “Il rapporto tra informazione e ignoranza potrebbe essere rappresentato in un grafico. Fino a un certo punto, all’aumentare dell’informazione, l’ignoranza cade, ma quando si supera un certo livello di informazione la quantità disponibile è talmente grande che la gente si sente confusa, e l’ignoranza cresce. Dove siamo noi? Forse già in questa fase. Al punto che nasce una questione di democrazia: se viviamo nella società della conoscenza, il divario tra chi sa e chi non sa è il più grave di tutti”. A questa situazione di difficoltà delle giovani generazioni va aggiunto un altro handicap, rappresentato dall’accesso alle nuove tecnologie, per cui l’Italia occupa oggi l‘ultima posizione sia per quanto riguarda la penetrazione dell’accesso a Internet nella popolazione, sia per ciò che attiene al commercio elettronico. Infine, ultimo neo della situazione italiana, c’è la scarsa diffusione della cultura statistica: la cultura nazionale è storicamente refrattaria ai numeri e poco interessata alla verifica. Pertanto, pur se la statistica appare nei programmi scolastici, viene molto raramente inserita nella didattica applicata, a tutti i livelli di scolarizzazione[1].

E’ evidente che tutti gli elementi descritti contribuiscono ad accrescere la difficoltà a orientarsi nella società della comunicazione: la mancanza di strumenti di lettura critica e di analisi impediscono, se non rimossi, il pieno esercizio del diritto di cittadinanza. Le cause di questo stato di cose sono molteplici e non è questa la sede idonea per analizzarle; si può però senz’altro affermare che, per migliorare questa situazione, alla scuola spetta il compito principale dato che spesso le famiglie di provenienza degli studenti non sono attrezzate culturalmente e non sono in grado di far fronte da sole a questi impegnativi compiti. Nell’ambito dell’incremento della cultura statistica, peraltro, la scuola può trovare un alleato sicuro nell’Istat, che ha rilanciato il proprio impegno su questo terreno considerandolo parte integrante della propria mission. La statistica ufficiale, quale bene pubblico al servizio dei cittadini, deve contribuire a colmare le asimmetrie informative prodotte dalle moderne società a veloce produzione di informazione.

E’ pur vero che gli insegnanti si trovano oggi di fronte una missione non facile in quanto devono far fronte, in primis, a una caduta di motivazione degli studenti.  Man mano che lo studente cresce e si avvicina all’età adulta, sul calo di motivazione incidono le prospettive future e l’incertezza circa la propria collocazione sociale ed economica, oggi quanto mai incerte. Per i più piccoli, il problema è diverso ed è certamente più facile agire sulla motivazione.

Parafrasando Mark Prensky[2], si può affermare che l’obiettivo che gli educatori devono avere presente (invece di pensare solo a trasmettere nozioni) è quello di mantenere gli utenti coinvolti. In tal senso, occorre tenere ben presente che, nelle nuove generazioni, si è verificata una mutazione genetica dei linguaggi comunicativi nonché nuovi sistemi di condivisione delle informazioni. Perciò, prima di stigmatizzare certi atteggiamenti come la scarsa propensione alla lettura tradizionale (libri), insegnanti/formatori (e anche genitori) devono imparare a trasmettere conoscenze e strumenti interpretativi a una popolazione che parla un linguaggio completamente nuovo e diverso da quello della generazione precedente.

Già nel 2006 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in uno studio sulle trasformazioni in atto nelle modalità di apprendimento delle nuove generazioni, cercava di analizzare le ricadute necessarie sui sistemi scolastici che gli skills cognitivi dei new millennium learners (NML) imporranno: “Therefore there is a need for finding and analysing innovative educational responses designed to better accommodate NML into educational settings, benefiting as much as possible from their enlarged ICT-related competences, taking into account the changes operated in their cognitive skills (from shorter attention spans to the need for immediate answers)”. I giovani comunicano in maniera diversa, con un’attitudine al linguaggio iconico piuttosto che testuale, con modalità di pensiero che consentono loro di passare velocemente da un’attività all’altra, con capacità di ragionare in maniera parallela piuttosto che lineare[3].

Naturalmente, gli esperti si dividono nelle valutazioni dei cambiamenti in atto. Come sempre, occorre analizzarne i pro e i contro. “La prospettiva migliore è quella volta a ricercare all’interno del singolo intervento didattico un equilibrio tra linguaggi di comunicazione e di insegnamento diversi, tra fini e mezzi, che eviti forme di eccesso mediatico come pure di monomodalità informazionale”[4].

Dunque, innovare le metodologie di insegnamento per fare breccia nella sensibilità giovanile. Gli educatori non devono temere una capitis diminutio del loro ruolo attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie a supporto dello studio; la scuola, infatti, deve più che mai assolvere due compiti prioritari: il primo è quello di attenuare (tendendo ad azzerarlo) il gap partecipativo perché l’accesso alle tecnologie digitali non è ancora alla portata di tutti (come sopra ricordato); il secondo fondamentale compito degli educatori è quello di supportare i ragazzi e insegnare loro le competenze necessarie per affrontare l’eccesso di informazioni da cui sono investiti nella rete. Il web, infatti, rappresenta una grande opportunità ma anche un rischio, in quanto i motori di ricerca “appiattiscono” il valore delle informazioni.

Sul terreno della statistical literacy,  questo significa mettere in condizione tutti i cittadini, e non più solo i policy maker, di poter discernere tra dati con le caratteristiche della statistica ufficiale (Code of practice) e dati privi di autorevolezza scientifica[5].

Dunque, non la tecnologia fine a se stessa ma la tecnologia come supporto pedagogico in un contesto didattico in cui momenti formali di apprendimento possano mescolarsi a momenti ludici e in cui la rete costituisca un ponte intelligente tra la scuola e il mondo esterno, che aspetta gli studenti a valle della loro carriera scolastica.

Non da oggi l’Istat si occupa e preoccupa del rapporto con le giovani generazioni ma, per il triennio 2011-2013, la promozione della formazione[6] e della cultura statistica è collocata tra le priorità  strategiche. In tale ambito, si colloca un’attività specifica verso i giovani e il mondo dell’educazione. Così, durante la decima Conferenza nazionale di Statistica del dicembre 2010, è stato dedicato ampio spazio alle iniziative verso i giovani e le scuole nell’area denominata Under 21. La scelta degli organizzatori è stata quella di dare la parola ai giovani, rovesciando il paradigma per cui sono gli adulti a insegnare. Questa si è rivelata una scelta vincente e gli studenti hanno dimostrato, attraverso esposizioni competenti e chiare, che l’alfabetizzazione statistica non solo può ma deve iniziare dai banchi di scuola per formare cittadini consapevoli.

Gli appuntamenti con i ragazzi sono stati articolati e differenziati sulla base delle età di riferimento:

  • Barcamp juniores. Le slide presentate dagli studenti mettevano in luce la necessità, per essere cittadini consapevoli, di impadronirsi delle capacità informatiche e della statistical literacy.
  • Illustrazione di una indagine realizzata dagli studenti su Ruoli e stereotipi di genere.  
  • Quiz Chi vuol essere statistico. Attraverso un lavoro preparatorio a monte, svolto dagli insegnanti con il supporto di materiale didattico predisposto da Istat, due squadre di scuole diverse (secondarie di primo grado) si sono fronteggiate in una competizione avvincente, sulla falsariga di altri modelli di quiz televisivi a cui i giovani sono abituati.  
  • Laboratorio su Le parole della statistica. Gli studenti, sulla base di tabelle tratte dall’indagine Multiscopo dell’Istat “I cittadini e le nuove tecnologie” (2009), sono stati guidati a costruire grafici ed elaborare dati.

Poiché Istat è presente anche su Twitter (come su Facebook e YouTube), alla fine di ognuna delle 4 sessioni i ragazzi hanno deciso uno slogan che le caratterizzasse, da inviare su Twitter:

Barcamp juniores. Slogan su Twitter: alfabetizzazione informatica e alfabetizzazione statistica per orientarsi nella società della comunicazione. Gli studenti hanno insistito sulla necessità che queste due abilità siano coniugate assieme per orientarsi nella società attuale.

Illustrazione di una indagine realizzata dagli studenti su Ruoli e stereotipi di genere. Nella presentazione dei risultati, i relatori hanno voluto sottolineare come l’analisi statistica avesse contribuito a “smascherare” e modificare alcune convinzioni iniziali, non basate sui dati ma sulle impressioni soggettive. Da qui il twitter inviato: la statistica combatte i pre-giudizi.

Quiz Chi vuol essere statistico. Slogan su Twitter: la statistica può anche essere divertente. Parola di giovani statistici. Il gioco/quiz ha consentito di avvicinare i ragazzi al mondo della statistica ufficiale ma, utilizzando modalità ludiche e estremamente interattive, ha rimosso la naturale diffidenza verso un universo che appare altrimenti distante e poco coinvolgente.

Laboratorio su Le parole della statistica. Anche in questo slot, la modalità interattiva ha portato gli studenti a capire che dietro ogni numero ci sono le persone reali e che la statistica è uno strumento per conoscere la realtà che ci circonda. Twitter individuato: la statistica ha i piedi per terra.

Come accennato, non da oggi l’Istat si è fatto carico di avvicinare la statistica ufficiale ai giovani ma, dopo un’attenta ricognizione e analisi della situazione italiana e di quanto si muove nel panorama internazionale, sta pianificando interventi che sfruttino a pieno e al meglio la familiarità dei giovani di ultima generazione con le tecnologie.

Nella stessa logica, l’Istituto si sta muovendo per rendere l’informazione statistica sempre più accessibile e comprensibile a tutti. Per dirla con uno slogan caro al presidente Giovannini: trasformare gli statistici da produttori di informazione a generatori di conoscenza.

Nel laboratorio che è diventato l’Istituto nell’ultimo anno e mezzo, tra le molteplici iniziative intraprese, risaltano la progettazione e realizzazione del data warehouse I.Stat che raccoglie tutta la produzione dell’Istat sui fenomeni economici, sociali e ambientali ma che dovrebbe divenire il portale della statistica ufficiale (la I. dell’acronimo, infatti, non sta per Istat ma per Italia). Accanto a ciò, l’adozione di strumenti web 2.0 per ridisegnare il sito web e avvicinarlo sempre di più all’utenza, anche non specialistica, va nella direzione di rendere sempre più la statistica bene pubblico quale essa dev’essere.

Cartografia e grafici dinamici, utilizzo di ambienti collaborativi, approcci innovativi ridisegnano dunque la fisionomia della statistica ufficiale, che sempre più si apre all’esterno del mondo ristretto di operatori del Sistan e accademici per fondare un nuovo Patto tra statistica ufficiale e società.

 

I lavori pubblicati riflettono esclusivamente le opinioni degli autori e non impegnano la responsabilità dell'Istituto.

[1] E’ auspicabile che la situazione si modifichi dopo l’inserimento della statistica in tutti gli ordini di scuola e non più soltanto in elementari, medie e alcuni istituti tecnici.

[2] Mark Prensky. Mamma non rompere. Sto imparando!

[3] Cfr.G. Bonaiuti, Didattica attiva con i video digitali, Edizioni Erickson. Cfr. anche A. Baricco, I barbarai. Saggio sulla mutazione, Feltrinelli.

[4] Ibidem.

[5] Statistical illiteracy is everywhere – in graphs, tables, statements and arguments, in the media, advertisements, press releases and journals. (…) Statistical illiteracy enables bright people to make dumb statements, tables or graphs.  http://www.statlitblog.org/

[6] Una novità di contesto molto rilevante è rappresentata dalla costituzione presso l’Istat della Scuola Superiore di statistica e analisi sociali ed economiche (dpr n.166 del 7 ottobre 2010).