Lo scacchista ideale

I legami tra scacchi e Informatica sono noti a tutti, soprattutto da quando il computer ha cominciato a battere il campione del mondo. Meno noti -ma non per questo meno significativi- sono i legami fra scacchi e Matematica: il gioco si può infatti considerare un vero e proprio sistema formale, il cui unico assioma è costituito dalla posizione iniziale dei pezzi sulla scacchiera, le cui regole determinano come si possono muovere i pezzi e i cui teoremi sono le posizioni di scacco matto.

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Emanuel Lasker

Poichè giocare a scacchi e provare teoremi sono attività affini, possiamo attenderci un grande interesse dei matematici per gli scacchi e degli scacchisti per la Matematica. La testimonianza vivente di questo reciproco interesse è Emanuel Lasker, al quale ben si addice il verso che Dante dedicò all'unico campione che potè, in qualche modo, rivaleggiare con lui: "la gloria di colui che tutto muove, per l'universo penetra e risplende, in qualche parte più e meno altrove".

La parte dove più splende la gloria di Lasker è, ovviamente, nelle mosse del gioco degli scacchi.

Nel 1894, infatti, il ventiseienne tedesco sfidò l'americano Steinitz e gli tolse il titolo di campione del mondo. Qualcuno storse il naso, dicendo: the old Steinitz is no longer the Steinitz of old, (il vecchio Steinitz non è più lo Steinitz dei vecchi tempi). Ma, con il passare degli anni, Lasker si affermò nei tornei come il miglior giocatore di sempre e mantenne il titolo per 27 anni, stabilendo un record di durata che non sarebbe più stato avvicinato. Nel 1921, a cinquantatre anni, ne ebbe abbastanza e si dimise in favore di Capablanca. La Federazione non accettò l'incruento passaggio di consegne e costrinse i due sfidanti a un match, dal quale Lasker si ritirò dopo 14 partite per motivi di salute.

Andato in pensione dagli scacchi, Emanuel si divertí con altri giochi, dal bridge al go. Di quest'ultimo, però, era più esperto suo cugino Edward, il cui manuale Go e Gomuko riporta la famosa partita giocata nel 1926 tra Junichi Karigane e Honinbo Shusai. Entrambi i cugini erano amici di Einstein: Edward gli regalò una copia con dedica e ne ricevette in cambio uno dei lavori sulla Relatività autografato. Qualche tempo dopo, il libro comparve su una bancarella dell'usato a Baltimora e, quando la cosa venne riferita all'autore, il commento fu: Va bene cosí, visto che io avevo dimenticato l'articolo sul metrò.

Nel 1952 Einstein scrisse una prefazione alla biografia di Jacques Hannak: Emanuel Lasker, vita di un maestro di scacchi, dalla quale affiora un duro giudizio: confesso che la lotta per il potere e lo spirito competitivo espressi nella forma di quel gioco ingegnoso mi sono sempre stati ripugnanti. Quasi a rispondere preventivamente all'obiezione, Lasker aveva inventato nel 1911 il meno violento gioco del laska, in cui i pezzi dell'avversario non si eliminano come nei soliti giochi, ma si fanno prigionieri e possono essere liberati.

 

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Albert Einstein

Il laska assomiglia a prima vista alla dama, benchè si giochi su una scacchiera 7 per 7 (invece che 8 per 8) e con 11 pedine per parte (invece che 12), ma è molto più complesso. La differenza essenziale sta nel fatto che, invece di mangiare le pedine, si prendono prigioniere e si trascinano con sè. E le pedine prigioniere vengono liberate, una per una, quando la pedina che le detiene viene mangiata a sua volta. Quando una pedina va a dama, può muoversi in entrambe le direzioni. E, naturalmente, vince chi cattura tutte le pedine avversarie.

Tornando alla prefazione di Einstein, vi troviamo giudizi che lasciano intuire la grandezza di Lasker: era senza dubbio una delle persone più interessanti che abbia conosciuto nei miei ultimi anni. Le molte conversazioni che avemmo erano a senso unico: io ricevevo più di quanto davo, perchè per lui era più naturale dar forma ai propri pensieri che stare a sentire quelli altrui. Mi sembra che gli scacchi fossero per lui più una professione che una ragione di vita, e che i suoi veri interessi fossero la comprensione scientifica e la bellezza logica.

Effettivamente la vera professione di Lasker -l'altra parte dell'universo intellettuale dove splende la sua gloria- fu la Matematica. Dopo essere stato studente di Hilbert e aver preso un dottorato a Erlangen nel 1902, ottenne infatti nel 1905 quello che oggi viene chiamato teorema di Lasker-Noether. Si tratta, come spesso avviene, della versione moderna di un risultato antico: in questo caso, nientemeno che del famoso teorema fondamentale dell'Aritmetica dimostrato da Euclide negli Elementi (IX, 14), che prova l'esistenza e l'unicità della decomposizione in fattori primi di un numero intero.

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Carl Friedrich Gauss

Nelle sue famose "Disquisitiones Arithmeticae" del 1801, Gauss estese il teorema ai numeri interi complessi e, nel 1844 Kummer dimostrò che, se il teorema fosse stato esteso anche ai numeri interi ciclotomici, ne sarebbe disceso addirittura il famoso teorema di Fermat! Purtroppo per lui, l'unicità della decomposizione non vale in generale e la dimostrazione del teorema di Fermat dovette attendere altri centocinquant'anni.

Kummer notò comunque che la decomposizione si poteva sempre rendere unica usando misteriosi primi ideali, che furono definiti esplicitamente da Dedekind nel 1871.

 Nel suo lavoro del 1905, Lasker diede una definizione di ideale primo valida non soltanto per i numeri via via meno concreti di cui l'Algebra si era interessata nell'Ottocento ma anche per i "numeri" completamente astratti di cui si sarebbe interessata nel Novecento: in altre parole, per gli elementi di un anello, cioè di un qualunque insieme sul quale si possono effettuare operazioni di somma e prodotto analoghe a quelle usuali. Lasker dimostrò anche, sotto certe condizioni poi estese da Emmy Noether, il teorema fondamentale dell'Algebra commutativa, che prova l'esistenza e l'unicità della decomposizione di un ideale in ideali primi.

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Come ci si può aspettare da un uomo di tale ampiezza mentale, gli interessi di Lasker si estero fino alla Filosofia, della quale sono imbevuti persino i suoi libri sugli scacchi. In un saggio critico dedicato a confutare la relatività del tempo, obiettò che non si poteva escludere che la velocità della luce nel vuoto assoluto fosse infinita, visto che nessun esperimento poteva essere fatto in un vuoto veramente assoluto. Einstein rispose che, benchè sensata, l'obiezione costringeva a supporre che la velocità della luce fosse infinita nel vuoto, ma finita e costante in presenza di qualunque quantità (anche minima) di materia. E concluse, nella sua solita maniera oracolare: la forza della mente non può sostituire la delicatezza delle dita. Ovvero: le teorie speculative non possono prescindere da sperimentazioni pratiche. Parola del maggior fisico della storia.

Quanto al maggior scacchista della storia, dopo il suo ritiro dalle competizioni visse agiatamente in Germania fino all'avvento di Hitler, che gli confiscò tutto: appartamento in città, casa di campagna, risparmi, ecc. Il vecchio campione fu cosí costretto a riprendere le competizioni. Nel 1936 si stabilí a Mosca, dove gli fu offerto un posto all'Accademia delle Scienze. Durante una visita negli Stati Uniti, nel 1937, la moglie si sentí male e i medici le consigliarono di non viaggiare più. La coppia si stabilí a New York, dove Lasker morí nel 1941 a settantatre anni, più di un terzo dei quali passati sul trono degli scacchi.