Un matematico freddoloso e l'effetto serra

UN MATEMATICO FREDDOLOSO
E L’EFFETTO SERRA

Tutti i fenomeni ciclici, le onde luminose, le maree oceaniche e i cicli solari sono scomponibili in un insieme di oscillazioni elementari, rappresentate da una sinusoide. In questo modo, si può sostituire a un’unica funzione – difficile però da trattarsi matematicamente – una serie più maneggevole di seni e coseni. La loro somma ricostruisce la funzione originaria.

 di ELENA PRESTINI

L’origine dell’Analisi armonica può essere fatta risalire all’idea, avanzata a metà del ‘700, di decomporre una funzione nella somma di funzioni trigonometriche semplici quali seno e coseno. Con il tempo, questa idea ha dato luogo a una teoria ampia e variegata – l’Analisi armonica, appunto – e ha avuto anche un ruolo trainante in diversi settori della Matematica quali il Calcolo infinitesimale, la Teoria delle equazioni alle derivate parziali, la Teoria dei numeri, l’Analisi funzionale [1] e l’Analisi numerica. Nelle applicazioni ha avuto un grande successo [2], di certo imprevedibile a metà del Settecento.

Ritratto di Joseph Fourier
Académie des Sciences Parigi

Verrà infatti via via scoperto che vaste classi di fenomeni fisici, tra cui le radiazioni dello spettro elettromagnetico e il suono, hanno un modello ondulatorio. Per dare un esempio concreto, arriviamoalla riproduzione di musica tramite i CD. Questa tecnica è resa possibile da un importante risultato dell’Analisi armonica noto come teorema di campionamento.
Gli strumenti principali dell’Analisi armonica sono le serie di Fourier nel caso la funzione vada considerata su un intervallo quale [0,1] o [-1,1], oppure sia periodica, e l’integrale o trasformata di Fourier nel caso la funzione, non periodica, vada considerata su tutto l’asse reale. In quest’ultimo caso, si passa dalle funzioni date alle loro trasformate in quanto spesso le relazioni tra queste sono matematicamente più semplici di quelle sussistenti tra le funzioni originarie; una volta risolto il problema a livello di trasformate, si “torna indietro” esprimendo di nuovo la soluzione trovata in termini delle funzioni originarie.
Dal punto di vista computazionale, è utilizzata la trasformata di Fourier discreta che realizza una approssimazione dell’integrale di Fourier sostituendolo con una somma finita. È stato poi scoperto un algoritmo, per velocizzare il calcolo della trasformata di Fourier discreta, che va sotto il nome di trasformata rapida di Fourier o Fast Fourier Transform (FFT). È il più importante degli algoritmi. Viene comunemente utilizzato, per dare un esempio, nei software dedicati all’analisi del suono.

L’idea di esprimere una funzione come combinazione di funzioni ondulatorie semplici può essere rintracciata in un lavoro [3] del 1753 di Daniel Bernoulli. Il matematico elvetico espresse in formula matematica un fatto generalmente accettato in Acustica e cioè che una corda musicale, sollecitata, risponde con una combinazione della armonica fondamentale e dei suoi sovratoni o armoniche superiori. Scrisse che ogni soluzione y(x,t) dell’equazione alle derivate parziali che governa il fenomeno (equazione della corda vibrante) è esprimibile tramite la formula:

 

(Per semplicità, abbiamo riportato solo il caso di una corda di lunghezza 1). Dei coefficienti An, che vi compaiono Bernoulli null’altro scrisse e, in particolare, non spiegò come calcolarli. La formula, che rende conto della doppia periodicità delle onde nello spazio e nel tempo, implica per la posizione iniziale y(x,0)=g(x) della corda al tempo t=0 la seguente rappresentazione:

 

che modernamente chiamiamo serie di Fourier di g e di cui A1sinπx è l’armonica fondamentale mentre le altre sono le armoniche superiori.

Eulero

Eulero, il più importante matematico del Settecento, intervenne prontamente e pesantemente. In un lavoro dello stesso anno [4], pubblicato sulla stessa rivista e intitolato Osservazioni sulle memorie precedenti del Signor Bernoulli, dichiarò “manifestamente assurda” la rappresentazione della condizione iniziale: nel caso la corda venga pizzicata, la posizione iniziale g(x) ha un punto angoloso e “manifestamente” non può essere rappresentata come somma di funzioni regolari quali (sinnπx).

All’epoca si riteneva che la somma finita o infinita di funzioni regolari fosse sempre una funzione regolare; solo in seguito verrà scoperto che, nel caso di somme infinite, questo fatto può non essere vero.
Bernoulli non si era posto il problema di quale fosse la classe di posizioni iniziali della corda che rendeva valida la sua formula per le soluzioni del problema. Eulero si aspettava una classe speciale che escludesse, in particolare, il caso della corda pizzicata. Bernoulli, arditamente, pensava che la sua formula valesse in ogni caso. Fatto sta che, nei cinquant’anni che seguirono, nessuno osò più ritornare sull’argomento.
Ai primi dell’Ottocento, il matematico francese J.B. Joseph Fourier (1768-1830) si trovava come prefetto a Grenoble, centro del Dipartimento dell’Isère, per nomina di Napoleone Bonaparte. Vi era arrivato nel 1802, di ritorno dalla campagna d’Egitto cui aveva partecipato al seguito di Napoleone. Fourier, che rimpianse sempre il caldo dell’Egitto e non si abituò mai veramente al clima di Grenoble, non usciva neanche nei giorni più caldi senza essere ben coperto. Talvolta era accompagnato da un servitore, che portava vestiti di riserva. A Grenoble, dove gli inverni sono più rigidi che a Parigi, la sua preoccupazione di avere stanze ben riscaldate era ancora maggiore.
Forse per questo motivo che Fourier, il quale fino ad allora aveva condotto studi sulle equazioni algebriche, cominciò a interessarsi di propagazione del calore. Nel 1824, dopo intensi anni di ricerche, avrà modo di scrivere, in un lavoro [5] intitolato Mémoire sur les températures du globe terrestre et des espace planétaires: “il problema delle temperature globali, uno dei più importanti e difficili della filosofia naturale, è composto da elementi diversi che devono essere considerati da un unico punto di vista generale.” Fourier aveva dunque individuato, quasi duecento anni fa l’attualissimo problema della evoluzione della temperatura terrestre e vi aveva assegnato quella grande importanza, che viene ancor oggi riconosciuta. Per questo, la paternità della espressione “effetto serra” (effet de serre) è attribuita a Fourier.
Fourier inizialmente studiò un problema molto più circoscritto. Si trattava della propagazione del calore in una lamina sottile di lunghezza semi-infinita e larghezza 2 (cioè descritta da x≥0, -1≤y≤1 ). Era interessato a determinare analiticamente la temperatura stazionaria u(x,y) in tutti i punti della lamina, cui aveva imposto condizioni al contorno tra cui la temperatura f(y) uguale a 1 sul lato finito, cioè quello descritto matematicamente da (0, y) con -1<y<1 (mentre aveva posto la temperatura iniziale uguale a 0 sui due lati semi-infiniti). Fourier stabilì la corretta equazione alle derivate parziali che governa il fenomeno (equazione del calore) e, per risolverla, adottò il metodo di separazione delle variabili. Il metodo era stato introdotto nel 1747 da D’Alembert per risolvere il problema della corda vibrante, sotto ipotesi di regolarità per la condizione iniziale. Consiste nel cercare soluzioni del tipo u(x,y)=a(x)b(y). Così facendo, l’equazione del calore, originariamente alle derivate parziali, si spezza in due semplici equazioni differenziali ordinarie. Fourier le integrò e trovò come soluzioni u(x,y)=enx/2cosn(π/2)y con n=1,2,3, ... Combinando linearmente queste soluzioni particolari, scrisse la soluzione generale del problema come somma infinita di onde, smorzate dalla presenza degli esponenziali (con esponente negativo).
Nell’imporre la condizione iniziale u(0,y)=f(y), comparve allora una relazione simile a quella in cui si era imbattuto Bernoulli:

La condizione iniziale f(y) - che, per essere uguale a 1 per –1< y<1 e uguale a 0 per tutti gli altri valori di y, risulta una funzione discontinua - vi è rappresentata come combinazione infinita di coseni, che sono funzioni continue e derivabili quante volte si vuole, cioè regolari. Per calcolare i coefficienti, Fourier aveva trovato ben tre modi diversi che portavano an=4π/n per n dispari e an=0 per n pari. Essendo a conoscenza della disputa tra Eulero a Bernoulli, Fourier si preoccupò di chiarire la misteriosa uguaglianza nella formula ottenuta per f(y) e spiegò come andava intesa: la funzione a secondo membro, che manifestamente è una funzione periodica di periodo 4, nell’intervallo di periodicità [-2,2] vale 0 per y=±-1, vale 1 nell’intervallo (-1,1) e vale –1 altrove. Quindi, coincide con il dato iniziale limitatamente all’intervallo [-1,1]. In termini moderni, Fourier aveva scoperto la serie di Fourier dell’ onda quadra.

L'onda quadra

 

Nei due anni che precedettero la stesura nel 1807 di questi risultati, Fourier aveva ripetuto tutti gli esperimenti importanti relativi alla propagazione del calore che erano stati eseguiti in Europa e ne aveva aggiunti altri. Le misure confermavano quanto previsto dai calcoli. Benché la sua trattazione Matematica fosse lontana dagli standard attuali, la sua intuizione fu profonda e solida, sorretta anche dai dati sperimentali. Questo gli permise sia di non fermarsi di fronte alle difficoltà della trattazione matematica sia di difendersi tenacemente, di spiegare e di ampliare la sua teoria, per lunghi anni osteggiata da alcuni tra i più importanti matematici suoi contemporanei.
Sostenne poi che il metodo poteva essere applicato a “qualunque” dato iniziale f(y). Infatti la formula più semplice da lui trovata per il calcolo dei coefficienti:

evidentemente non richiede per la funzione la differenziabilità e neppure la continuità (ma solo l’integrabilità).
Nel 1807, Fourier inviò la sua famosa Memoria La Théorie analytique de la chaleaur all’Istituto di Francia perché fosse pubblicata. Nel 1810, la ripresentò ampliata in occasione del gran premio per la Matematica bandito dallo stesso Istituto. Il premio gli venne assegnato per la “novità e importanza dell’argomento” come si legge nella motivazione, che osservava però che “la trattazione lasciava qualcosa a desiderare per quanto attiene alla generalità e anche al rigore.”
La motivazione registrava le critiche ferme di Lagrange, torinese d’orgine e “primo in Europa tra gli uomini di scienza” come lo stesso Fourier aveva avuto modo di scrivere. Le critiche di Lagrange riecheggiavano quelle ben note di Eulero cinquant’anni prima. Neppure in questa occasione la Memoria venne pubblicata. Per questo, Fourier dovrà aspettare fino al 1822.

Fu il matematico di origine renana Dirichlet - allievo e amico devoto di Fourier - a porre su basi solide la teoria del maestro, identificando le condizioni che garantiscono la sviluppabilità di una funzione in serie di Fourier. Risultarono condizioni alquanto generali, soddisfatte per esempio da una qualunque funzione il cui grafico possa essere tracciato con una matita su un foglio. Nel far questo, Dirichlet fu indotto a precisare il concetto di funzione che fino allora era dato per scontato.

Propose in particolare una definizione molto ampia - quella di corrispondenza univoca - che prescinde dal grafico e che sta a fondamento della Matematica moderna.

L’influenza della teoria di Fourier sullo sviluppo della Matematica è andata ben oltre. Individuare le condizioni più generali per garantire la sviluppabilità di una funzione in serie di Fourier si è rivelato un problema profondo che “ha sempre accompagnato e talvolta determinato gli sviluppi del calcolo infinitesimale. Questo è vero in particolare per il calcolo integrale in cui ogni generalizzazione della definizione di integrale, aggiungendo nuove funzioni al campo delle funzioni integrabili, pone automaticamente il problema della convergenza della loro serie di Fourier, e viceversa ogni ricerca sul comportamento delle serie trigonometriche pone delicate questioni di calcolo integrale” ([6], pg.72). Infatti la formula sopra riportata per il generico coefficiente an, comportando il calcolo di un integrale, stabilisce un chiaro nesso tra serie di Fourier e integrazione. Non sorprende allora che i due principali innovatori del calcolo integrale - Riemann e Lebesgue - abbiano entrambi lavorato sulle serie trigonometriche. Citiamo la tesi di abilitazione di Riemann del 1853, intitolata Sulla rappresentazione di una funzione mediante una serie trigonometrica, e le Lezioni sulle serie trigonometriche del 1906 di Lebesgue.
Benché le prime origini della serie di Fourier siano legate all’equazione della corda vibrante e quindi al suono, non fu Fourier a utilizzare la sua teoria per l’analisi del suono bensì il medico, fisico e matematico tedesco von Helmholtz nella monumentale opera Sullasensazione di tono del 1863. Helmholtz, riconoscendo il ruolo centrale dell’Analisi armonica nella comprensione del suono, la studia identificando le armoniche attraverso opportuni risuonatori. Quindi riprodusse il suono per sintesi sonora delle stesse, fornendo una verifica sperimentale della teoria di Fourier in Acustica.
L’importanza dell’Analisi armonica nelle applicazioni aumentò mano a mano che venivano scoperte le radiazioni dello spettro elettromagnetico e la loro natura ondulatoria. Le onde elettromagnetiche, previste matematicamente da Maxwell nella sua opera Trattato su elettricità e magnetismo del 1873, trovarono conferma sperimentale nel 1887 quando Hertz fu in grado di generare, trasmettere e ricevere microonde in laboratorio. In questo ambito, l’analisi di Fourier ha sostenuto lo sviluppo dell’Elettronica di cui è lo strumento matematico più importante.
La scoperta nel 1912 della natura ondulatoria dei raggi X, dovuta a von Laue, ha portato alla TAC (tomografia assiale computerizzata) negli anni ‘60 e, prima ancora, nel 1954 alla determinazione della struttura del DNA, per opera di James Watson e Francis Crick. Da lì a un decennio, con il lavoro del 1965 di Max Perutz sulla emoglobina, i raggi X e le tecniche di Analisi armonica inizieranno a essere utilizzati anche per scoprire la struttura atomica delle proteine, che viene ricostruita nello spazio tridimensionale a partire da dati sperimentali.
Le conoscenze, che fecero seguito alla formulazione della Teoria dei quanti del 1920-1930, portarono negli anni ‘80 alla introduzione, tra gli esami clinici, della risonanza magnetica nucleare. Questa tecnica si avvale della interazione di più campi magnetici, di impulsi a radiofrequenza e della teoria di Fourier per la ricostruzione di immagini.
Negli anni ‘30 la scoperta che l’atmosfera terrestre è trasparente per una certa banda di frequenze radio (finestra radio) portò allo sviluppo della Radioastronomia che, con la scoperta di oggetti distanti anche centinaia di milioni di anni luce come quasar e pulsar, ha cambiato radicalmente la nostra concezione dell’universo. Di importanza decisiva fu l’introduzione della tecnica della interferometria, che ricostruisce immagini di corpi celesti utilizzando tecniche di Analisi armonica.

Fourier, alla fine ricoperto di onori, trascorse gli ultimi anni a Parigi in un edificio andato distrutto (cui oggi corrisponde il numero 73 di Boulevard St. Michel) di fronte ai Giardini del Lussemburgo. Il camino era acceso d’inverno come d’estate. Gli ambienti erano riscaldati all’eccesso e Fourier, che soffriva di reumatismi, indossava pesanti abiti di lana.
Diversamente da Jacobi, il quale riteneva che lo scopo della scienza fosse “l’onore dello spirito umano”, Fourier era dell’opinione che scopo della Matematica fosse “il bene pubblico e la comprensione dei fenomeni naturali”. Questo aveva ispirato il suo impegno scientifico.