Un nuovo assetto per l’INdAM

Il rinnovo degli organi direttivi degli Enti Pubblici di Ricerca

Nello scorso mese di agosto, il Ministro dell’Istruzione,Università e Ricerca Scientifica Mariastella Gelmini ha nominato i nuovi presidenti di undici Enti Pubblici di Ricerca che ricadono sotto la tutela del suo Ministero (è facile trovare l’elenco dei nominati in rete, ad esempio consultando il sito http://www.perlacitta.it/2011/08/14/ il-ministro-gelmini-nomina-presidenti-e-consiglieri-degli-enti-pubblici-di-ricerca/ ). All’indomani delle nomine si è levata qualche voce di apprezzamento. Ad esempio Pietro Greco (come si può leggere anche nell’articolo che compare su questo numero della Lettera), ottimo conoscitore dei problemi organizzativi della scienza in Italia ed attento osservatore del settore, ha scritto su L’Unità del 17 agosto 2011: “Occorre dire che nel complesso il ministro Gelmini ha operato una buona scelta: sia perché ha rispettato le indicazioni della comunità scientifica, sia perché ha scelto persone di provato valore (...). È la prima volta che un Ministro del Miur di un governo Berlusconi ha operato scelte nella nomina dei vertici degli enti pubblici che premiano chiaramente il merito invece che l’appartenenza politica. Mariastella Gelmini – anche contraddicendo scelte di segno opposto operate in passato – questa volta lo ha fatto e, dunque, onore al merito”.

Ma è proprio vero che il Ministro è riuscito a trovare un modo giusto e davvero trasparente per individuare i candidati più meritevoli in tutti i settori in cui venivano operate le scelte?

Lo stesso Greco mette le mani avanti con un iniziale e significativo “nel complesso”. Infatti, se ad esempio la nomina del prof. Francesco Profumo alla presidenza del CNR appare ben motivata dal punto di vista scientifico e gestionale, per qualche altra basta guardare alle competenze del nominato e al suo curriculum reperibile in rete per nutrire più di un dubbio sulla sua validità. Va aggiunto che Greco scriveva in un momento in cui le nomine dei membri dei Consigli di Amministrazione (CdA) degli enti non erano ancora avvenute. Un’analisi della qualità e della adeguatezza di queste ultime potrebbe riservare non poche sorprese negative e spegnere gli entusiasmi di chi confidava in un deciso cambio di rotta, dall’appartenenza politica al  merito e alla competenza.

Diamo un rapido sguardo alla procedura seguita, che è quella dettata dal DL 31/12/2009, n.213 (pubblicato nella G.U. del 1/2/2010, n. 25). Prevede, diversamente da quanto accadeva in passato, un meccanismo di tipo concorsuale per l’individuazione di una rosa di candidati sia per il ruolo di presidente che per i membri di nomina ministeriale del CdA. Ciò sembrerebbe limitare notevolmente le prerogative del potere politico e puntare a premiare la competenza. Tuttavia, la nomina del comitato che procede alla selezione dei candidati spetta al solo Ministro, che non è tenuto ad ascoltare alcun parere della comunità scientifica, né ad attenersi per la nomina dei “selezionatori” a particolari criteri di competenza se non a quelli, alquanto vaghi, contenuti nella legge che dice che i membri del comitato di selezione vanno scelti “tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti in alta amministrazione”. La valenza più politica che tecnica del comitato di selezione appare ancora più evidente se si tiene conto che esso, secondo la legge, è “composto da un massimo di cinque persone” le quali, per poter esprimere un parere competente in tutti i settori in cui operano gli enti di ricerca, dovrebbero essere onniscienti. Ciò è stato messo in luce anche da un’interrogazione parlamentare del 21 giugno 2011 del senatore on. Lannutti (IdV) e ripresa da un Atto di Sindacato Ispettivo del Senato del 14 luglio 2011 in cui vengono addirittura sollevate critiche di costituzionalità. Insomma, a parte qualche lodevole conato meritocratico, siamo ancora lontani dall’aver individuato meccanismi trasparenti che mettano al riparo queste importanti scelte dall’arbitrarietà del potere politico e dalla pressione di gruppi di potere più o meno occulti.

L’istituto Nazionale di Alta Matematica “Francesco Severi”

L’Istituto Nazionale di Alta Matematica (INdAM), in questo quadro, fa un po’ storia a sé. Il Ministro, dopo non poche esitazioni (lo statuto proposto dall’ente è stato più volte rispedito al mittente prima di venire approvato il 31 marzo 2011), ha riconosciuto la “specificità” di questo istituto fondata “sulla partecipazione volontaria e non retribuita alla gestione e alle attività dell’Istituto stesso da parte di tutti i matematici italiani, che ne costituiscono la comunità scientifica di riferimento” (dall’art. 1 dello statuto). Recita ancora l’art. 4 dello statuto: “In ragione della specificità dell’ente, di cui all’art. 1 del presente statuto, il Comitato di selezione di cui al citato art. 11 del decreto legislativo n. 213/2009, valuta le indicazioni provenienti dalla comunità scientifica di riferimento, composta da tutti i docenti universitari di materie matematiche. Le indicazioni della comunità scientifica vengono acquisite mediante una consultazione nella quale ciascun componente esprime una preferenza. I nomi dei candidati che abbiano ricevuto almeno il 15 per cento delle preferenze espresse vengono trasmessi al Comitato di selezione ai fini della valutazione”.

Dunque, a differenza degli altri enti di ricerca, l’individuazione dei candidati alla presidenza non avviene attraverso un meccanismo di tipo concorsuale,ma attraverso una votazione cui partecipano (secondo lo statuto) tutti i docenti – ordinari e associati – di discipline matematiche delle Università italiane. L’esito della votazione dovrebbe – il condizionale è d’obbligo! – di per sé certificare il requisito basilare del candidato tipo e cioè quello di essere “un matematico di riconosciuto rilievo internazionale, con notevole esperienza sia di direzione e coordinamento di strutture e progetti di ricerca, sia amministrativa” (art. 4 dello statuto).

Gli altri organi dell’Istituto sono: il CdA, composto dal Presidente, da un membro eletto dalla comunità e da “un esperto di alta amministrazione” (art. 5 dello statuto) scelto dal Ministro in base al meccanismo di cui sopra; il Consiglio Scientifico (CS), composto da “sette scienziati e studiosi di alto profilo scientifico” (art. 7 dello statuto), tutti eletti dalla comunità. L’articolo 14 dello statuto recita: “Gli organi dell’Istituto sono impegnati a rimuovere gli ostacoli alle pari opportunità, e a prevedere, nell’ambito delle vigenti leggi, interventi correttivi di eventuali squilibri di genere”. Ciò trova realizzazione nella prescrizione che non tutti i membri di ciascuno dei due organi, CdA e CS, possano essere dello stesso genere. Le elezioni sono avvenute nei giorni 4-6 luglio 2011, e il loro esito si può leggere sul sito web dell’Istituto (http://www.altamatematica.it/en ).

Osservazioni, elementi di riflessione e proposte

La “specificità” dell’INdAM è stata fortemente difesa dalla leadership uscente, in gran parte riconfermata dalle votazioni del 4-6 luglio: il Presidente è stato riconfermato, la professoressa Strickland (Vicepresidente uscente) è stata eletta nel CdA ed è di nuovo Vicepresidente, due dei Direttori dei Gruppi, i proff. Ruggeri e Patrizio, sono stati eletti nel CS, il prof. Verra è stato riconfermato nel CS.

Questa difesa ha fatto sì che l’INdAM, caso unico tra gli enti di ricerca, abbia la possibilità di scegliere la sua dirigenza attraverso una votazione. Questo potrebbe considerarsi come un elemento positivo, in un momento in cui il potere politico tende ad una sostanziale esautorazione e deresponsabilizzazione del mondo accademico e della ricerca, sostituendo alle scelte di quest’ultimo meccanismi apparentemente meritocratici di cui ho già parlato. Restano tuttavia punti importanti, che concernono il meccanismo elettorale, su cui si sarebbe potuto e dovuto lavorare meglio. Ne voglio indicare due, a mio avviso i più rilevanti. Il primo riguarda l’elettorato. C’è, nella situazione attuale, una grossa contraddizione. La gestione e l’attività scientifica dell’Istituto si basano non solo sull’apporto dei docenti universitari ma anche sul contributo e la partecipazione attiva dei ricercatori, sia universitari sia di altri enti di ricerca. L’apporto di queste figure è indispensabile alla sopravvivenza dell’Istituto, messa a rischio varie volte in passato (ma anche molto recentemente) e scongiurata anche attraverso la mobilitazione di tutti gli interessati. La stessa valutazione scientifica dell’INdAM poggia sul contributo di tutti gli afferenti ai Gruppi. D’altra parte l’elettorato è riservato ai soli docenti universitari, escludendo dunque i ricercatori da ogni processo decisionale, gestionale e di indirizzo. È questa una incongruità che è necessario risolvere in tempi brevi mediante una revisione dello statuto. È attualmente in corso una raccolta di firme on line per una petizione in tal senso (cfr. il sito http://www.Petition-Online.com/23571113/petition.html ), che mi auguro che gli organi direttivi dell’INdAM vogliano tenere nella massima considerazione.

C’è poi la questione di “genere” cui ho dianzi accennato. È senz’altro molto importante un impegno forte sulle pari opportunità, così come lo sono tutti gli interventi volti ad eliminare squilibri non solo di genere. Che nelle posizioni di rilievo nel nostro Paese vi sia una rappresentanza femminile di gran lunga inferiore ai meriti è cosa così evidente che non varrebbe neanche la pena di sottolinearla. Ciò purtroppo è vero anche in ambito scientifico. Un esempio tra i tanti è quello dell’Accademia dei Lincei, in cui il numero di soci donne è molto basso, quasi irrisorio rispetto a quello dei loro colleghi maschi, sicuramente non corrispondente alla realtà culturale e della ricerca in Italia. Che sia la scienza a farsi carico, in prima linea, di eliminare questi squilibri, è cosa assai significativa ed importante.

Tuttavia questa operazione, per non apparire demagogica e approssimativa, è auspicabile sia effettuata garantendo al contempo due requisiti fondamentali: l’alta qualità, esplicitamente prevista dallo statuto dell’Istituto, e la rappresentatività che è un requisito “politico” fondamentale dell’esito di una seria consultazione elettorale. Invece il meccanismo elettorale attuale – che, come ho detto, garantisce tout court che non tutti i membri del CdA o del CS possano essere dello stesso genere – può paradossalmente consentire, in presenza di un solo candidato al CS di genere diverso da quello di tutti gli altri, di venire eletto con una manciata di voti. Forse per la ben nota Legge di Murphy, questo “paradosso” si è puntualmente verificato! D’altra parte, nel caso del CdA, il membro eletto dalla comunità è solo uno. Se i candidati alla presidenza sono tutti di genere x, poiché non si può certo obbligare il Ministro a scegliere un esponente di genere y ≠ x, una candidatura di genere x al CdA è molto probabilmente del tutto inutile: anche se prendesse tutti i voti disponibili, tranne uno, e quest’unico voto andasse ad un candidato di genere y, quest’ultimo sarebbe eletto (sempre che il Ministro scegliesse un x). Anche questa situazione si è verificata nella presente consultazione: due candidati di genere maschile alla presidenza, due di genere femminile al CdA.

La partecipazione e la presenza delle donne ai momenti decisionali è una serissima questione sociale e politica che merita accurate riflessioni e diffuse azioni di stimolo, volte ad incoraggiare la partecipazione delle forze più attive e qualificate. Non può essere risolta con provvedimenti saltuari – le elezioni avvengono solo ogni quattro anni – che possono da un lato apparire un magro contentino e dall’altro prestarsi a manipolazioni elettoralistiche della peggiore tradizione “politicante”. Anche questo è un punto che mi auguro gli organi direttivi dell’INdAM vogliano riconsiderare.

E, per chiudere sul momento elettorale, qualche commento “di costume”. La campagna elettorale è stata molto breve. Le elezioni sono state indette l’11 maggio 2011. Il decreto ministeriale di “Avviso di chiamata pubblica alla candidatura per la presidenza e a componente dei consigli di amministrazione degli enti pubblici nazionali di ricerca” è del 20 maggio 2011. Le elezioni si sono svolte all’inizio di luglio. Dunque solo una quarantina di giorni per presentare le candidature (la scadenza era il 17 giugno) e rendere noti i programmi dei candidati messi in rete sul sito dell’INdAM (http://www.altamatematica.it/it/node/196 ). Due candidati per la presidenza, due per il CdA, nove per i sette posti in CS. Nessun confronto elettorale, nessuna discussione pubblica. Unica lodevole eccezione la professoressa Susanna Terracini, candidata al CdA , che ha aperto un blog (http://terracini-INdAM.blogspot.com/ ) molto visitato che ha consentito un minimo di confronto di idee tra alcuni candidati ed elettori. Ci si sarebbe potuto aspettare che i cambiamenti del meccanismo elettorale, che sulla carta rispondevano meno che in passato a logiche di gruppi di potere accademico, portassero a un maggior numero di candidature, in particolare femminili, ad una loro maggiore differenziazione disciplinare e ad un più approfondito confronto di idee. Forse l’elettorato è arrivato un po’ impreparato a questo appuntamento e non è stato in grado – o in qualche caso ha rifiutato (vedi il caso della risicata presenza di una sola candidatura femminile al CS) – di cogliere le opportunità di confronto che esso presentava. Paradossalmente, il vecchio sistema decisamente barocco (la comunità eleggeva 36 “grandi elettori” che eleggevano il CS, il quale eleggeva al suo interno il presidente) – e che non si può certo rimpiangere – assicurava almeno un briciolo di dibattito, quello che avveniva tra i 36 grandi elettori. Sul piano normativo infine, attendiamo ancora il regolamento dei Gruppi, che sperabilmente renda anche il funzionamento di questi ultimi più agile e vicino alle necessità degli afferenti. Personalmente auspico vivamente che, in virtù di principi di trasparenza, efficienza e autonomia, esso stabilisca anche delle incompatibilità che vietino di far parte di organismi direttivi dei Gruppi e contemporaneamente di quelli dell’Istituto. In ogni caso si apre ora un periodo nuovo per l’INdAM. Il nuovo assetto statutario può consentire procedure più snelle e maggiore dinamismo. Purtroppo il momento di generale difficoltà economica del Paese, che incide pesantemente sul comparto ricerca, non lascia prevedere sostanziali aumenti di bilancio (nel 2010 la dotazione ministeriale dell’Istituto, certo non elevata, è stata di 2.816.000 euro cui vanno aggiunti vari altri fondi di ricerca ottenuti). Ciò nonostante ci sono, accanto alle attività classiche elencate nel box precedente, dei settori in cui l’intervento dell’INdAM può e deve essere molto incisivo. C’è spazio per incrementare la presenza dell’Istituto sullo scenario internazionale, con un numero maggiore di accordi e convenzioni con istituzioni di ricerca straniere e internazionali. Devono essere stimolati ed aiutati gli studiosi italiani che intendano presentare domande di finanziamento per progetti di ricerca presso organismi internazionali, in particolare presso l’European Research Council (ERC). L’INdAM potrebbe aspirare a di venire un punto di riferimento come sede per tali progetti, il che consentirebbe di aumentare i fondi dell’Istituto e renderne più ampio e variegato il programma scientifico. I progetti che, pur valutati positivamente, non fossero finanziati dall’ERC per mancanza di fondi, dovrebbero comunque ricevere un aiuto dall’INdAM. Premiare l’eccellenza va benissimo,ma senza deprimere tanta ricerca di altissimo livello che pure il nostro Paese produce.

Il programma borse di studio, uno dei capisaldi dell’azione dell’INdAM, dovrebbe essere rivisto. Per prendere decisioni oculate sul futuro, vanno fatti consuntivi e bilanci. Ad esempio, è stata mai fatta un’indagine sui costi e benefici del programma, ormai decennale, di borse di studio per neo-iscritti ai corsi di laurea in Matematica (in parte finanziato dal MIUR tramite il “Progetto Lauree Scientifiche”)? Quanti di questi giovani si sono laureati in Matematica e con quali voti? Quanti hanno conseguito una laurea specialistica in discipline matematiche? Quanti hanno conseguito un dottorato in Matematica? Non potrebbe essere il caso di promuovere e incoraggiare percorsi di eccellenza nella formazione matematica presso varie sedi, piuttosto che bandire un numero cospicuo di borse per neo-iscritti? Forse è bene avere risposte a queste domande per bilanciare al meglio gli investimenti per il futuro. Queste considerazioni si applicano in particolare al segmento formativo post dottorale che è particolarmente sofferente. Il sistema italiano è sempre più un produttore di ottimi cervelli che non è in grado di mantenere e dei quali non è in grado di assicurarsi l’apporto per la produzione di nuove idee e per la ripresa economica e scientifica del Paese. In questa situazione, il ricambio generazionale e il trasferimento trans-generazionale di conoscenze nelle Università appare seriamente in pericolo. Il problema della emigrazione dei nostri cervelli è palese: alcuni colleghi francesi parlano, seppure bonariamente, di vera e propria invasione dei posti di ingresso alla carriera di ricerca da parte di giovani e brillanti studiosi italiani. Accanto alla miopia dei politici, si assiste purtroppo anche ad una scarsa reattività dell’accademia e del mondo della ricerca di fronte a questo grave fenomeno. L’impegno dell’INdAM su questo fronte, un tempo punto di forza dei programmi dell’Istituto, è negli ultimi anni apparso meno incisivo del necessario. Basterà il nuovo programma INdAM-Cofund (anche in questo caso, si veda il box precedente), a migliorare le cose?

Infine è opportuno un incremento di vere e proprie attività scientifiche per rendere l’INdAM, se non pari, almeno paragonabile ai più importanti e famosi istituti di ricerca europei, riuniti in un organismo, l’ERCOM (European Research Centres on Mathematics), di cui l’INdAM fa parte insieme ad altre due istituzioni sul territorio italiano: il Centro di Ricerca Matematica “Ennio De Giorgi” a Pisa e The “Abdus Salam” International Centre for Theoretical Physics (ICTP) a Trieste. La sede dell’Istituto, presso il Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo” dell’Università di Roma “La Sapienza”, non è certo sufficiente per le attività di un grande istituto di ricerca sul modello – per citare un caso – del Mittag-Leffer Institute di Stoccolma. Tuttavia essa si presta ad attività seminariali e di workshop, che potrebbero essere ragionevolmente incrementate e condivise con altre sedi. È auspicabile, ad esempio, un maggior numero di incontri scientifici e workshops, realizzati magari in regime di cofinanziamento e collaborazione con altre istituzioni, con l’obiettivo di renderli un’attività stabile e non occasionale e saltuaria.

Conclusioni

Recentemente sono stati rinnovati gli organi direttivi di undici Enti Pubblici di Ricerca, seguendo una nuova normativa che presenta luci ed ombre. In questo quadro, l’Istituto Nazionale di Alta Matematica “Francesco Severi” fa storia a sé, a causa della sua “specificità“, fortemente sottolineata e difesa dalla leadership dell’Istituto.

In questo articolo ho provato a illustrare i meccanismi che governano questa specificità e i compiti e le attività attualmente svolti dall’INdAM. Ho anche cercato di indicare i problemi che presentano alcuni di questi meccanismi, con l’auspicio che essi possano essere rivisti e migliorati. Quanto alle attività future, una maggiore presenza internazionale, un più forte sostegno ai giovani alla fine del percorso del dottorato, una più intensa attività scientifica, si presentano come le esigenze più immediate.

L’attuale momento economico e politico impone profonde riflessioni e uno sforzo di progettualità su come uscire dalla crisi, a che prezzo e con quali prospettive  È necessario che il mondo dell’Università e della ricerca si impegni su questo in prima linea. La comunità scientifica, e al suo interno quella matematica, è chiamata ad esprimere un progetto di rinascita che spezzi le catene del tanto agitato spettro della decadenza. È il momento di esprimere politiche innovative e percorrere con coraggio nuovi sentieri. La prima domanda cui rispondere è: vogliamo rimanere agganciati al treno dei Paesi scientificamente più avanzati oppure ci rassegniamo ad un ruolo gregario? Le scelte da fare devono essere conseguenti alla risposta. Per quanto riguarda in particolare l’INdAM, scelte coraggiose e non rituali e un uso delle risorse che risponda ad una visione di ampia e lunga prospettiva potranno essere decisivi per aiutarci non solo a mantenere posizioni di rilievo,ma perfino a crescere. L’alternativa è una retrocessione, purtroppo non lontana, in una serie minore.

Questo articolo va visto come un contributo al dibattito su questi argomenti, nella speranza che essi vengano presto ripresi e approfonditi.