La biblioteca segreta di Leonardo

Year: 2018
Dopo "Il libro segreto di Dante", thriller storico da 300 mila copie vendute in Italia e all'estero, e "Il quadro segreto di Caravaggio", Francesco Fioretti (abruzzese, studioso di Dante e docente di lettere al liceo di Fano) completa la trilogia dei segreti con "La biblioteca segreta di Leonardo", un romanzo che esce in perfetto tempismo (addirittura in leggero anticipo) per il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, che ricorre nel 2019.

F. Fioretti

La biblioteca segreta di Leonardo

Piemme, Milano, 2018

pp. 276; euro 14,90

 

Dopo "Il libro segreto di Dante", thriller storico da 300 mila copie vendute in Italia e all'estero, e "Il quadro segreto di Caravaggio", Francesco Fioretti (abruzzese, studioso di Dante e docente di lettere al liceo di Fano) completa la trilogia dei segreti con "La biblioteca segreta di Leonardo", un romanzo che esce in perfetto tempismo (addirittura in leggero anticipo) per il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, che ricorre nel 2019.

La vicenda narrata inizia nel 1496 a Milano, dove Leonardo sta dipingendo l'ultima cena a Santa Maria delle Grazie e frequenta Donato Bramante (Donino) e altri personaggi presso la corte di Ludovico il Moro. Ma quell'anno e quel luogo sono particolarmente importanti perché l'artista, ingegnere e studioso di scienze naturali, incontra per la prima volta l'illustre matematico Luca Pacioli, frate francescano di Sansepolcro e allievo di Piero della Francesca. Un'amicizia che diventerà importante e che segnerà il resto della vita dei due celebri personaggi. Leonardo avrà così occasione per perfezionare le sue (inizialmente scarse) conoscenze di matematica, e nello stesso tempo Pacioli avrà a disposizione un illustratore d’eccezione per i suoi trattati di geometria e libri di matematica dilettevole. Un ottimo punto di partenza per consentire a Fioretti di addentrarsi nella cultura e nelle vicende storiche e umane del Rinascimento. Ma c'è di più: un misterioso delitto che avviene in quei giorni a Milano, a pochi passi dai due amici. Delitto che subito viene collegato con la scomparsa di preziosi manoscritti provenienti dall'oriente e giunti in Italia attraverso la sfortunata crociata in Morea condotta da Sigismondo Pandolfo Malatesta. Volumi che incuriosiscono non poco i due studiosi, che intraprenderanno insieme un viaggio attraverso le corti di Venezia, Mantova, Urbino, Firenze. E proprio a Urbino, occupata da Cesare Borgia (il Valentino) Leonardo riesce a venire a capo di molti misteri grazie alla possibilità di accedere alla famosa biblioteca realizzata dal duca Federico da Montefeltro, nella quale ritrova un famoso ritratto del Pacioli in cui compaiono anche misteriosi simboli matematici. E sarà proprio la matematica ad aiutare Leonardo nella ricerca della verità. Al lettore può addirittura venire un dubbio: come è possibile che un autore letterato si trovi così a proprio agio con la matematica del Rinascimento? Un piccolo mistero che in parte si spiega leggendo la dedica con cui il romanzo si apre "Alla memoria di mio padre, matematico di molta filosofia. Perché tutto ritorna."

Concludiamo questa breve recensione notando che pur essendo il romanzo totalmente e coerentemente immerso nel Rinascimento, non mancano cenni a temi ancora oggi attuali come ci dimostra il seguente passo:

"I fiorentini non facevano che protestare contro le gravezze – e più erano ricchi più protestavano, soprattutto contro la decima scalata, una tassa che non s'era mai vista: proporzionale al reddito, una cosa inaudita, che non toglieva a tutti la stessa porzione di rendite, ma cresceva al crescere della ricchezza. A dire il vero, a Leonardo non pareva troppo ingiusto che chi più avesse da guadagnare dagli affari della Repubblica o dalle sue guerre, più contribuisse a sostenerle, ma si asteneva dal dire la sua ai maggiorenti che se ne lamentavano. Tranne una volta, in cui a Piero Guicciardini favorevole all'aliquota unica – che gli aveva appena detto quanto fosse nell'interesse dello stato salvaguardare le ricchezze dei ricchi – aveva risposto: «Ma è ancor più nel suo interesse che non si riduca troppo in miseria la maggior parte dei cittadini, che ricchi non sono»".

Problemi che si tramandano da mezzo millennio, dimostrandoci che di teste buone ce ne sono sempre state poche in ogni epoca, e che studiando la storia si riflette anche su noi stessi e sui nostri problemi. Una conclusione piuttosto banale, ma che è bene ricordare in tempi in cui si tende un po' troppo a dimenticare.