Una piramide di problemi. Storie di geometria da Gauss a Hilbert

Year: 2012
Un libro sulla geometria si può ben riassumere con una forma geometrica. E la piramide, che è proposta fin dal titolo, sintetizza bene questo lavoro, possente e ben architettato, dettagliato nei particolari, ricco di riferimenti storici e concettuali, accessibile a diversi livelli di lettura grazie soprattutto all’apparato delle Note – nel quale si concentra la maggior parte dei rimandi per gli specialisti – ed alla sterminata Bibliografia che permette ai volonterosi lettori di approfondire i temi trattati “tanto quanto si voglia”, come si dice in matematica per intendere che il processo può proseguire praticamente senza limiti.

C. Bartocci

Una piramide di problemi. Storie di geometria da Gauss a Hilbert

Raffaello Cortina editore, Milano, 2012

pp. XVIII+387; euro 29,00

 

Un libro sulla geometria si può ben riassumere con una forma geometrica. E la piramide, che è proposta fin dal titolo, sintetizza bene questo lavoro, possente e ben architettato, dettagliato nei particolari, ricco di riferimenti storici e concettuali, accessibile a diversi livelli di lettura grazie soprattutto all’apparato delle Note – nel quale si concentra la maggior parte dei rimandi per gli specialisti – ed alla sterminata Bibliografia che permette ai volonterosi lettori di approfondire i temi trattati “tanto quanto si voglia”, come si dice in matematica per intendere che il processo può proseguire praticamente senza limiti.

E la piramide – un solido che, oltre alla potenza, sollecita la fantasticheria di porte e cunicoli segreti, dotati di significati misteriosi, tutto da esplorare – è  importante anche per lo sviluppo della matematica, fin da quando – come ci dice Erodoto – Talete insegnò agli egiziani a calcolarne l’altezza grazie alle proprietà dei triangoli simili.

“Una piramide, naturalmente, rovesciata” ammonisce giusto al termine l’autore, per non lasciare al lettore neanche la minima illusione che il risultato con cui il libro si apre e si chiude, agli albori del ‘900 – con un lungo flashback come nelle narrazioni più importanti – rappresenti in qualche modo un punto di arrivo. È solo la conclusione di “queste” storie che ha deciso – o dovuto – narrare, affrontando argomenti – l’idea matematica di spazio, l’assiomatica, la filosofia scientifica della natura – che si sono intrecciati in quel secolo fantastico per la geometria, e per la matematica in generale, che è l’800. Problemi di fondo, che si annidano e incrociano nelle idee dei grandi protagonisti, soprattutto Gauss e Riemann, e poi Hilbert e i geometri italiani che hanno reso l’assiomatica uno strumento di grande rigore formale.

Il vertice della piramide è in un punto imprecisato dell’antichità classica, forse quando Euclide dimostra che due tetraedri – ancora le piramidi – che hanno la stessa base e la stessa altezza hanno anche lo stesso volume, forse nella teoria, sempre esposta da Euclide, della scomponibilità dei poligoni. Ma “la matematica ottocentesca” dice Bartocci nella Premessa, “continua a vivere nell’eredità che ci ha trasmesso, un ricco lascito di problemi da risolvere, di nodi da sciogliere, di connessioni concettuali da esplorare”.  Così, nei famosi ventitre “problemi per le generazioni future” dati da Hilbert nel 1900, la terza questione riguarda l’estensione ai poliedri della equiscomponibilità dei poligoni: dal piano allo spazio, cosa sarà mai?

La questione è un “rompicapo”, nei termini di un capitolo del libro, e a partire da qui l’autore dipana la ricomposizione concettuale della geometria dell’800 e i rimandi all’indietro, i risultati formali e le idee lungimiranti, i preconcetti ideologici ed i richiami al prestigio di particolari autori. Scorrono così le idee della geometria proiettiva, la grande concezione gaussiana della geometria intrinseca delle superfici e gli sviluppi concettuali di Riemann, la nascita della topologia e dell’analisi tensoriale, la visione dei nuovi spazi che non riconoscono l’autorità di Euclide: fra matematica, fisica e filosofia, le tre sorelle che si scambiano spesso favori ma che riescono anche, altrettanto spesso, a guardarsi in modo di arrogante sufficienza. Sapersi districare in questo groviglio e riuscire a raccontare i risultati matematici nella loro dimensione concettuale è senz’altro il maggior merito del libro.

La conclusione del terzo problema di Hilbert è un classico della storia della matematica: è noto che Max Dehn, un allievo di Hilbert, fornisce ben presto una risposta negativa e che il complesso di idee e nozioni che è stato nel frattempo elaborato darà un nuovo statuto alla geometria del ‘900. Nel suo ultimo, denso capitolo, che costituisce un autentico libro nel libro, Bartocci espone in dettaglio i fili ed i percorsi che, intrecciandosi, precorrono le moderne concezioni.