Carlo Somigliana

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Carlo Somigliana era nato a Como, da nobile famiglia, imparentata con quella di Alessandro Volta, il 20 settembre 1860; è morto a Casanova Lanza (Como) il 20 giugno 1955.

Dopo aver iniziati gli studi universitari a Pavia, ove fu allievo di Beltrami, passò a Pisa come normalista e vi si laureò nel 1881, avendo avuto come maestri Betti e Dini e come condiscepolo e amico Vito Volterra. Nel 1887 iniziò l'insegnamento come assistente di Analisi all'Università di Pavia e nel 1892, in seguito a concorso, fu qui nominato professore di Fisica matematica. Nel 1903 passò a Torino, dove rimase sino al collocamento a riposo nel 1935. Si ritirò quindi a Milano e, dopo i bombardamenti bellici che distrussero la sua abitazione, nella villa di famiglia di Casanova Lanza, continuando però ad occuparsi attivamente dei suoi studi preferiti, fin quasi alla vigilia della morte, favorito da un fisico eccezionalmente sano e robusto.

Somigliana fu essenzialmente un fisico-matematico del tipo più classico e di lui si può letteralmente ripetere (B. Finzi) quel che lui stesso scrisse a proposito di Volterra: “è un classico puro, che è sempre rimasto fedele alla scuola di Betti e di Beltrami nella quale era cresciuto. La sua Fisica matematica, pur tanto ricca di originalità, è affine a quella di Helmoltz, di Lord Kelvin, di Kirchhoff”. Coerentemente Somigliana avversò accanitamente la Relatività e la nuova fisica dei quanti, che non capì nè cercò di capire.

Carlo Somigliana

 

Le sue ricerche più importanti riguardano la teoria dell'elasticità (le “formule di Somigliana” sono le equivalenti del teorema di Green per le funzioni armoniche nell'ambito delle equazioni dell'elasticità), la propagazione delle onde sismiche e, negli ultimi anni, la Gravimetria, in cui fu il primo ad osservare che la forma e le dimensioni del geoide potevano, in teoria, ricavarsi dalle sole misure di gravità. In una sua Nota sull'equilibrio dei liquidi stratificati fu anche, senza volerlo (anzi con suo grande sdegno, quando la cosa gli fu fatta osservare) un precursore di Lebesgue nella moderna concezione dell'integrazione.

Fu uomo rude e spesso autoritario ma di grande sincerità e dirittura morale e perciò stimato anche dagli avversari onesti.

Fu socio, tra le altre, dell'Accademia dei Lincei, di quella di Torino e dell'Istituto Lombardo. Fu anche Accademico d'Italia, nonostante che poco o nulla avesse concesso al fascismo di cui fu anzi, negli ultimi tempi, aperto avversario.

Necrologio: “Rend. Lincei”, (8) 21 (1956), pp. 343-351 (A. Signorini), “Rend. Ist. Lombardo”, (P.te Gen.) 89 (1956), pp. 16-23 (B. Finzi); ecc.

Opere: “Memorie Scelte” (Torino, Lattes, 1935).