Un grande enigma che attraversa intatto i millenni

1. Metodologie per identificare un reperto archeologico e il mistero del Sator

Quando s’incontra un reperto archeologico il cui significato è controverso di solito si fa riferimento al luogo dove esso è stato rinvenuto per ricostruirne il senso, una datazione certa e, di conseguenza, la sua destinazione d’uso. Quando poi il reperto è un’iscrizione, come in questo caso, le cui parole sono tutte di facile traduzione e che contiene inoltre all’interno un chiaro gioco enigmistico, comprenderne il legame certo con l’edificio su cui è stato rinvenuto diventa essenziale. Se il testo, ad esempio, è presente all’interno di una chiesa è probabile che sia legato a qualche forma di culto coevo alla costruzione della chiesa stessa con tutte le conseguenze filologiche del caso.

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Albert Durer, Melancolia I, xilografia, 1514

Per il quadrato magico del Sator nessuna di queste metodologie è stata fino ad ora possibile.

Il Sator è stato, infatti, inciso su una pietra esterna della chiesa di San Lorenzo a Rochemaure in Francia dall’eretico cataro l’albigese Qiroi, ma al tempo stesso è stampato su una Bibbia carolingia e dipinto in una cappella dell’Inquisizione in Spagna e in diversi edifici sacri medioevali francesi e inglesi. Campeggia su una moneta dell’Imperatore Massimiliano II ed è scolpito sul fondo di un’antica coppa d’argento trovata sull’isola scandinava di Gothand.

E’ conosciuto nell’Egitto del IV e del V secolo d.C., nella Cappadocia del IX secolo d.C. e in Mesopotamia (a Dura Europos fu trovato in ben cinque occasioni). E’ presente in un manoscritto latino dell’882 conservato presso la Biblioteca Nazionale Francese; Paracelo la considerava un talismano erotico; Girolamo Gordano nel suo De rerum variegate un rimedio contro la rabbia, e, infine per taluni, sembra contenere dotti riferimenti alla Apocalisse di San Giovanni.

Tale è la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna il quadrato magico del Sator, che la sua interpretazione appare un vero rompicapo per archeologi, filologi e paleografi di tutto il mondo.

 

2. Il quadrato magico del Sator in Italia

In Italia numerosissimi sono i ritrovamenti e tutti sconcertanti. Da nord a sud lo si può ammirare: ad Aosta nel duomo di Sant’Orsa; in Alto Adige, a Bolzano, presso Castel Meraccio; in Lombardia, nella pieve di San Giovanni in provincia di Cremona; in Veneto, ad Arcé (provincia di Verona) nella chiesa di San Michele; nelle Marche, a Fabriano (Ancona) nella chiesa di Santa Maria in Plebis Flexiae. Uno degli esempi più belli, e come vedremo significativi, si trova nel duomo di Santa Maria Assunta a Siena.

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Siena, duomo di Santa Maria Assunta.

Sul lato sinistro vicino alla porta della canonica è presente la piccola formella del Sator.

Sempre in Toscana, ricompare nella pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima (Livorno), e nel Lazio nella bellissima abbazia cistercense di Valvisciolo (Latina) – già ricca di per sé di misteri e leggende – e a Roma nella basilica di Santa Maria Maggiore. [1] E poi molti altri esempi in Abruzzo e nel Molise.

 

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Abbazia di Valvisciolo

Ma il più sorprendente dei ritrovamenti fu quello compiuto dall’insigne paleografo Matteo Della Corte nel 1936 che rintracciò il Sator sotto forma di graffito nella scanalatura di una colonna della Grande Palestra accanto all’Anfiteatro di Pompei. [2]

 

3. L’enigmistica Geometria del Sator

Il Sator è un’iscrizione in latino, che appaia come lapide o come graffito, apparentemente semplice ed elegante, composta di 5 parole ciascuna di 5 lettere che recita. SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS. Ma il motto racchiude in sé molte particolarità. Innanzi tutto: la terza parola, TENET, è palindroma, ossia può essere letta in entrambi i sensi. Inoltre se prendiamo la frase nella sua interezza anch’essa risulta sorprendentemente palindroma. Partendo dall’ultima parola: ROTAS, letta al contrario risulta SATOR, come la prima. La penultima, OPERA, risulta AREPO, come la seconda, e così via.

Non solo, se mettiamo le singole parole una sotto l’altra otteniamo un quadrato perfetto 5x5, su cui la frase può essere letta, da sinistra a destra e viceversa, dall’alto in basso e viceversa.

Questo viene propriamente detto: quadrato magico.

Storia antichissima quella dei quadrati magici e significativa per comprendere il Sator.

 

4. I quadrati magici, fra Matematica, Cabala e Storia dell’Arte

Cominciamo con il dire che solitamente i quadrati magici sono numerici. In genere un quadrato magico si costituisce disponendo tutti i numeri interi in una griglia di NxN caselle in modo tale che ogni sequenza, orizzontale, verticale e diagonale, dia sempre lo stesso risultato. [3]

Ciò che ci preme qui rilevare è che il risultato ottenuto è sempre stato considerato ben più di un giochino aritmetico. In Spagna, a Barcellona, sulla facciata esterna della Sagrada Famiglia progettata da Antoni Gaudì, ce n’è uno la cui costante magica è 33, gli anni di Cristo. I numeri dunque si caricano di significati allegorici, diventando portatori di un messaggio più o meno celato. Il più antico quadrato magico che si conosca, il Lo Shu (ossia: Lo scritto del fiume Lo) risale al terzo millennio a.C. e viene dalla Cina. Secondo la leggenda fu dedotto dall’imperatore cinese Yu dal disegno del dorso di una tartaruga sacra trovata nel Lo, un affluente del Fiume Giallo. Per gli antichi il Lo Shu era un simbolo potentissimo che racchiudeva il segreto della vita.

In occidente vi sono molti esempi di quadrati magici che nascondono significati cabalistici ed esoterici. Anche nella storia dell’arte il quadrato magico è stato spesso protagonista. Il più famoso di tutti appare nella Melancolia I di Albert Dürer (1514) ed è legato all’alchimia.

 

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particolare di Melancolia I di Albert Dürer (1514)

Si può dunque concludere che il quadrato magico del Sator, non fosse una semplice sciarada ma celasse, come i suoi confratelli numerici, un significato di una certa importanza. Eppure la sua traduzione è apparentemente banale o, peggio, priva di senso.

 

5. Una prima interpretazione del Sator: il Duomo di Siena e l’Abbazia di Valvisciolo

Comunemente la parola SATOR è considerata il soggetto della frase e viene tradotta in: Il seminatore. AREPO, invece, è l’unica parola la cui origine e il cui significato sono sconosciuti e costituiscono un vero rompicapo per i paleografi. TENET è considerato il cardine della frase ed è traducibile con: tiene. OPERA viene tradotto come complemento di mezzo, ovvero: con le opere. Infine ROTAS è reso: con le ruote, complemento oggetto.

Traducendo: Il seminatore (ossia il contadino) arepo (il cui significato è sconosciuto) tiene con le opere (ossia con il suo lavoro) le ruote. Frase piuttosto insignificante, almeno nel suo senso letterale e dalla traduzione forzosa e incompleta. Chiediamo, dunque, nuovamente aiuto all’archeologia.

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Templare

Agli inizi dell’800 si riteneva che il SATOR avesse origini medioevali e fosse legato al monachesimo, dal momento che tutti i ritrovamenti effettuati fino ad allora si riferivano ad edifici cultuali che avevano avuto origine dopo il secolo XI e spesso legati all’Ordine Cistercense o a quello dei Templari. Il suo significato era ricondotto alla cabala o all’ermetismo. Esempio calzante di questa interpretazione è il duomo di Siena.

I primi progetti del duomo risalgono alla metà del XII sec. Ad opera del governo cittadino, ma già nel 1258 subentrano i cistercensi di San Galgano, a loro volta strettamente legati ai Templari che in Toscana constatavano di una forte presenza. Nel 1284 il nuovo architetto incaricato Giovanni Pisano cominciò a dar forma alla facciata. Nel 1369 il duomo raggiunse le dimensioni attuali. Ed è sul fianco sinistro, vicino alla porta della canonica che, incastonata nell’incrostatura a strisce bianche e verdi che ricopre l’edificio, si trova la formella del palindromo del Sator. Che esso possa avere significati ermetici ne troviamo conferma all’interno della chiesa, dove la preziosa pavimentazione di marmo composta di tarsie eseguite dal 1369 al 1547, raffigura immagini di filosofi, sibille, virtù e allegorie. Una fra tutte c’interessa: l’immagine di Ermete Trismegisto, fondatore dell’ermetismo e figura piuttosto inusuale in una chiesa.

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Duomo di Siena, interno

Bisogna brevemente spiegare che Ermete Trismegisto era considerato a quei tempi un personaggio storico, quasi mitico, contemporaneo a Mosè e solo successivamente fu dimostrato che i testi a lui attribuiti erano in realtà un coacervo di idee, più o meno pagane, scritte intorno al III sec. D. C.. Ermete non è altro che un personaggio fittizio assimilabile al dio greco Hermes, a sua volta ricalcato sul dio egizio Thot, inventore della scrittura e dell’alchimia. Egli è comunque l’anello di congiunzione fra l’esoterismo medio-orientale (prevalentemente di fonte egizia) e quello cristiano (di matrice neoplatonica [4] ). Non è quindi da escludere che il Sator attingesse a quel tipo di cultura, visto che i quadrati magici avevano origini orientali.

L’abbazia di Valvisciolo, in provincia di Latina, sembra confermare questa ipotesi. Sede templare (la leggenda vuole lì seppellito parte del tesoro dell'Ordine) presenta oltre al Sator altri simboli esoterici di eguale derivazione, come il “nodo di Salomone” e “la triplice cinta”.

 

6. Seconda interpretazione: il Sator come cripto-preghiera per i primi cristiani

Nel 1868 uno scavo archeologico nell’antica città di Corinium (oggi Cirencester, nel Gloucesterhire, Inghilterra) rivelò il Sator sull’intonaco di una casa databile al III sec. d.C. [5] . La retrodatazione del Sator portò alla convinzione che esso potesse rappresentare uno stratagemma dei primi cristiani, quando erano ancora perseguitati, per adorare la croce in forma dissimulata:le due parole TENET, infatti, disegnano al centro del quadrato una croce perfetta.

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Del resto che i primi cristiani adottassero simili stratagemmi è noto. Si pensi al simbolo del pesce (ICTUS in greco), che in realtà nasconde l’acrostico Iesus Christòs Theou Uiòs Sotèr.

A chiudere la faccenda ci pensò Felix Grossner, pastore evangelista, che poco dopo scoprì che anagrammando le lettere del Sator saltavano fuori le parole PATERNOSTER incrociate e poste tra le lettere A e O, corrispondenti, in questa interpretazione all’Alfa e all’Omega dell’alfabeto greco, chiara citazione dell’Apocalisse di San Giovanni: “ Io sono l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine, colui che è, che è stato e che sarà” (Apocalisse, 1-8, 21-6 e 22-13).

La partita sembrava chiusa e il mistero svelato, se di mezzo non si fosse il paleografo Matte Della Corte nel 1936.

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Pompei, ritrovamento

Ancora una volta a segnalare il passo è una scoperta archeologica: tracce del Sator su una colonna della Grande Palestra di Pompei. Ora per la sua tragica fine, Pompei era in grado di dare un terminus ante quem al Sator: il 79 d.C. anno dell’eruzione del Vesuvio e dalla conseguente distruzione e abbandono della città.

Veniva dunque a cadere l’ipotesi cristiana, non solo perché non erano note, e non lo sono tuttora, comunità cristiane a Pompei ma soprattutto perché non poteva essere conosciuta l’Apocalisse di San Giovanni, visto che la sua diffusione nell’Italia centrale avvenne, secondo studi attendibili, verso gli anni 120-150 d.C. ed era quindi impossibile che tale concetto fosse presente nel 79 d.C.

Rimane il dilemma di cosa significhi e rappresenti il Sator.

Sappiamo che esso è presente in tutto il bacino mediterraneo, che preesisteva al cristianesimo e che ciò nonostante fu adottato in seno al cristianesimo, forse con un significato traslato, forse improprio.

La chiave per risolvere l’enigma doveva allora nascondersi in quell’unica parola intraducibile: AREPO.

 

7. Un nome di persona, un termine celtico, il luogo dove abitano gli dei

L’ipotesi meno accreditata vuole AREPO la corruzione di un nome proprio di persona: Arepoonis, Arepone. La frase in tal caso suonerebbe: “Il contadino Arepone tiene con il suo lavoro le ruote”. TENET può anche essere tradotto con il meno comune: mantenere in funzione, curare, prendersi cura di. Possiamo quindi spingerci a tradurre :” Arepone, contadino, si prende cura delle sue ruote”. Un’esortazione di carattere agreste, dunque, a prendersi cura dei propri strumenti di lavoro. La frase così sembra avere senso, ma questo appare insufficiente per giustificare il successo e la diffusione del Sator.

La seconda ipotesi nacque quando si scoprì che in Gallia, al tempo della dominazione romana, l’aratro era denominato: “arepos”. Niente di più facile che il celtico “arepos” sia stato corrotto nel latino “AREPO”. Come controprova dalle pagine di una Bibbia greca del XIV sec. Balzò fuori una traduzione del Sator dove la parola AREPO corrispondeva al greco “aratron”. Intendendo allora AREPO come ablativo di strumento si potrebbe tradurre:” Il seminatore (il contadino), con il suo carro, tiene con cura le ruote”:

La frase è più coerente ma ancora poco interessante. Rimane inevasa la domanda: perché il Sator si trova così sovente accanto ad edifici sacri?

L’ultima ipotesi vuole AREPO la corruzione di una parola greca, quella che più vi si avvicina, ovvero: Areopago, la collina di Marte (Ares) ad Atene, dove il tribunale supremo dell’Areopago teneva le sue sedute. Questa ipotesi è quella attualmente accreditata dall’Enciclopedia Britannica. Dovremmo allora tradurre: “Il seminatore dell’Areopago (ovvero gli dei, o Dio) detiene le opere delle ruote”. Frase ancora una volta criptica.

Il vero punto di svolta arrivò dallo storico Ludwig Diehl, che propose di leggere la frase, come molte altre iscrizioni antiche, in maniera bustrofedica cioè a serpentina: la prima parola da sinistra a destra, la seconda da destra a sinistra, la terza da sinistra a destra, ecc. Da notare come seguendo questa ipotesi per la prima volta il valore delle singole parole del Sator smette di essere solo un affascinante gioco enigmistico, e contribuisce a determinarne il significato. Seguendo questo metodo si ottiene infatti: SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS. Ossia: Il seminatore (nominativo singolare), le opere (accusativo plurale) tiene (verbo presente terza persona singolare), l’Areopago (nominativo singolare) le ruote (accusativo plurale).

Comincia ad intravedersi un significato compiuto a livello filologico e coerente con i ritrovamenti archeologici. Se aggiungiamo a questo che ROTAS era spesso usato dai romani con l’accezione di ruote della fortuna, ruote del destino, ecco che, seguendo questa ipotesi, giungiamo finalmente ad un senso: L’uomo le opere tiene, Dio (o gli dei) il destino. Al centro della frase il verbo: TENET (che a sua volta divide e racchiude il resto del motto). Ai due lati del verbo il seminatore, simbolo dell’uomo, e il suo contrario: il destino (SATOR/ROTAS), e l’Areopago, simbolo di Dio, colui che tutto dispone, e il suo contrario: l’opera, ossia il lavoro fisico, concreto, terreno (AREPO/OPERA). Ognuno di questi concetti è letteralmente e graficamente l’opposto dell’altro. Forma e semantica allora coincidono: le parole del Sator non sono palindrome per capriccio enigmistico, ma racchiudono in questa loro caratteristica un’indicazione precisa sulla vita e sulle sue contraddizioni [6] .

Il messaggio è semplice (per chi lo sappia leggere) e ogni parte che lo compone contribuisce ad esplicarlo. Esso nasconde un quesito che ancora oggi ci lascia sconcertati: in che modo conciliare le capacità dell’uomo di decidere delle sue azioni, con la consapevolezza di un Dio che regola e ordina tutte le cose?

Siamo giunti, infine, alla teologia.

 

8. Il Sator: un’interpretazione di carattere teologico e filosofico

Quest’altissimo tema teologico, che ci riconduce allo spinoso tema del libero arbitrio, non è d’esclusivo appannaggio del cristianesimo. Nella filosofia antica furono gli stoici a porsi per primi il problema. Se pensiamo poi alla vicinanza di certi concetti dello stoicismo con quelli del cristianesimo e come spesso filosofi stoici, come Seneca, siano stati creduti cristiani, possiamo ben comprendere come il quadrato magico del Sator, che esaltava il potere di Dio sull’uomo, sia stato accolto tra i simboli della religione cristiana.

Il Sator di Pompei trova in quest’interpretazione una collocazione coerente. In un periodo (metà del I sec. d. C.) il mondo romano aveva smarrito i valori dell’antica Res Publica e i nuovi poteri imperiali inducevano gli imperatori a sentirsi dèi. Il Sator ricordava allora i limiti del potere umano. Inoltre proprio Pompei, nel 62 d.C., era stata funestata da un tragico terremoto e i suoi cittadini (come scrive lo stesso Seneca) avevano potuto sperimentare sulla loro pelle la precarietà dell’esistenza umana ed era naturale che volgessero i loro pensieri a quel Potere Supremo che così duramente aveva mostrato la sua forza.

In epoca medioevale probabilmente il Sator viene inglobato all’interno della cultura neoplatonica a cui si riallaccia, come abbiamo visto, anche la figura di Ermete Trismegisto. Basandosi sull’insegnamento di Platone, i neoplatonici hanno come fondatore storico Ammonio Sacca, vissuto ad Alessandria d’Egitto nel II sec. D.C., anche se l’esponente più famoso di questa dottrina filosofica fu Plotino (205-270 d.C.) che aprì a Roma la sua scuola. Seguì Niccolò Cusano (1400-1464), Marsilio Ficino (1453-1499) e Pico della Mirandola (1463-1494). Nella Firenze medicea erano questi gli autori più letti (e fra loro anche Ermete, considerato reale figura storica). Con il neoplatonismo giunse in occidente anche quel gusto per l’esoterismo e una conoscenza iniziatica vista come elevazione a Dio. Scienza ed esoterismo oggi sono contrapposti, ma allora erano coesi. Gli umanisti, dunque, (e successivamente tutto il Rinascimento) studiano la matematica, la geometria e l’astronomia, mischiandola con l’alchimia, la magia e la cabala. Il nostro Sator si trova nel mezzo di questo percorso, nonostante non ne faccia propriamente parte. Non c’è allora da stupirsi che fosse adottato (come sostiene Bianca Capone) dai Templari, che di questa cultura erano impregnati.

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Eppure il Sator non nasconderebbe nessuna formula magica, piuttosto sarebbe una pillola di saggezza ad uso individuale, un monito alla presenza umana. Un’altra versione del Memento Homo.

Naturalmente questa che vi offriamo è solo una delle tante interpretazioni. Il lettore interessato potrà trovarne altre fino ad arrivare alle più eccentriche. In verità, il Sator rimane a tutt’oggi un oggetto misterioso, la cui esatta funzione non è provata.

Concludiamo allora citando l’interpretazione di uno dei più noti enigmisti italiani, Stefano Bartezzaghi, che nel 2000 nella sua rubrica Lessico e Nuvole (La Repubblica) si cimentò anche lui nel mistero del Sator, scoprendo che anagrammandolo saltava fuori: SOTTRAR ORO A PAPERONE: SAETTE.

Lasciamo al lettore decidere se Paperone era coevo alla Pomepi del I sec. d. C.

 

[1] Nella basilica di Santa Maria Maggiore è presente un altro piccolo gioco enigmistico con la frase palindroma Roma summus amor. Nulla a che vedere, però, con la complessità del Sator.

[2] Un altro Sator, questo mutilo, era stato trovato il 5 ottobre 1925 nella casa di P. Paquius Proculus sulla via dell’Abbondanza sempre a Pompei, ma non ci si era resi conto di cosa si trattava.

[3] Il numero di righe (e di colonne) si chiama ordine del quadrato, mentre la somma di una riga (o di una colonna o di una diagonale) si chiama costante magica.

[4] A Trimegisto si rifacevano i neoplatonici a partire da Pico della Mirandola e tutte le correnti iniziatiche che oggi si vogliono legate ai Templari. Di particolare interesse sono le ricerche della prof.ssa Bianca Capone, sostenitrice di un legame tra Sator e Templari. Questa ipotesi vede nell’utilizzo del quadrato magico da parte dei templari il sigillo di un’iniziazione segreta che con ogni probabilità avveniva nelle sedi dove era visibile. Secondo altri testimonierebbe che il luogo ove è posto possiede particolari energie (culto tellurico, anch’esso presente nelle eresie di stampo cristiano). Tutti questi elementi esoterici sono in realtà profondamente radicati in un cristianesimo che si vorrebbe formalmente essoterico.

[5] Il frammento oggi è conservato nel museo della città.

[6] Quest’interpretazione tra l’altro giustificherebbe come mai in alcuni siti il Rotas è stato ritrovato sia nella sua forma speculare (ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR), come ad esempio a Dura Europos, sia trascritto senza la forma quadrata (all’abbazia di Valvisciolo è in forma di spirale), cosa che è in aperta contraddizione con tutte le teorie che vogliono il Sator quadrato magico di derivazione cabalistica e che necessitano per la loro decriptazione di una precisa e data posizione d’ogni lettera