Una storia di metafore

Con la sua tenacia, questa donna eccezionale per il suo tempo (nata il 10.12.1815 e morta il 27.11.1852 a Londra) seppe prevedere le potenzialità della macchina di Babbage in un modo impensabile per lo stesso scienziato. In particolare, Ada riuscì a mettere in luce come l’uso della metafora e dell’immaginazione possano a volte condurre alle scoperte scientifiche. Divento cosi l’interprete del legame tra due mondi, quello scientifico e quello poetico, incarnando anche con la sua vita, quelle relazioni tra cultura scientifica e umanistica di cui si discute ancora oggi.

E probabilmente la personale e peculiare combinazione tra poesia e scienza che permise ad Ada Byron non solo di comprendere il valore dei piani di Babbage, ma anche di prevedere accuratamente alcuni dei loro possibili sviluppi. La madre, Annabella Milbanke (una studiosa di Matematica) e il padre, il poeta ribelle Lord Byron, non avrebbero potuto essere più diversi per bagaglio culturale, temperamento e punti di vista. L’inizio della rivoluzione industriale aveva accentuato la separazione tra i due ambiti – poesia e scienza, cervello destro e cervello sinistro – attraverso le teorie dell’oggettivismo e del soggettivismo. Gli alleati dell’oggettivismo erano la verità scientifica e la ragione. Il soggettivismo veniva associato invece a emozioni, immaginazione, penetrazione intuitiva. Di fronte allo sviluppo della tecnologia e della sua influenza disumanizzante contro cui Lord Byron si era scagliato durante un discorso in Parlamento, i poeti romantici avevano scelto di allontanarsi dalla ragione, dalla scienza e dalla tecnologia.

Non sappiamo se Byron fosse in grado o meno di capire i dettagli matematici ma certamente seppe usare alcuni termini e concetti matematici, con l’aiuto di vivide metafore, per descrivere la moglie Annabella. Incoronandola “Principessa dei Parallelogrammi” o “Medea matematica”, scrisse: “le sue azioni sono abbastanza rettangolari” oppure “era un calcolo ambulante…in breve…un prodigio”. Era precisamente quanto Lady Byron si aspettava diventasse la piccola Ada, frutto di quel matrimonio burrascoso: un prodigio matematico. La bambina venne cosi avviata precocemente alla Matematica e sottoposta a lunghe giornate di studio sotto l’occhio vigile della madre, terrorizzata che Ada potesse sviluppare le inclinazioni artistiche del padre. Il conflitto fra le due diverse eredita familiari fu particolarmente difficile per Ada, tanto più che i suoi genitori si separarono dopo cinque settimane dalla sua nascita. Frustrata, verbalizzo’ questa lotta interiore scrivendo alla madre: “Tu non mi concederai una poesia filosofica. Inverti l’ordine! Mi darai una filosofia poetica, una scienza poetica?” [1]

Crescendo, Ada vide nella scienza il terreno fertile per integrare le abilita analitiche con l’immaginazione e l’uso della metafora. In ciò era figlia di suo padre come di sua madre. L’interesse di Ada per la Matematica non si limito alla pura soluzione di formule: cerco anche un approccio visivo traducendo i concetti in modelli basati su figure geometriche. Anche oggi i modelli risultano dei mezzi efficaci per illustrare concetti matematici e scientifici. Basti pensare a quello della doppia elica di Watson e Crick, per spiegare la struttura delle molecole di DNA, o alle simulazioni al computer.

Ada sosteneva che immaginazione e linguaggio matematico sono, se non identici, necessari l’un l’altro. La notte del 1941 scrisse alla madre: “ho fatto alcune curiose osservazioni sugli effetti dello studio della Matematica. Le più importanti sono le seguenti: la Matematica genera un immenso sviluppo dell’immaginazione a tal punto che non ho dubbi che, se continuerò i miei studi, a tempo debito sarò un Poeta.” [1]

Il 1842 si rivelo un anno particolarmente tumultuoso nella vita di Ada. Forti contrasti con la madre e malesseri fisici, distolsero temporaneamente la sua attenzione dalla Matematica. La poesia, il teatro e la musica sembravano ora i mezzi più appropriati per canalizzare le sue energie e il suo intelletto, seguendo in questo le orme del padre. Con un precario equilibrio tra un'indole razionale e una selvaggia, tento di ritagliarsi un futuro in cui conciliare sia i bisogni intellettuali che emotivi. L’opposizione che incontra e la scarsa considerazione ricevuta nei confronti di queste nuove esigenze contribuiranno ad allontanare Ada sia dal marito – il futuro conte di Lovelace – che dalla madre, incrinandone i rapporti fino alla morte, avvenuta a soli 36 anni.

ritratto di Ada Byron Lovelace

 

Il primo incontro tra Ada e Babbage risale al 1833. La diciasettenne Ada rimase subito affascinata dalle idee dello scienziato di automatizzare i passi meccanici del calcolo. Già al tempo di quel loro primo incontro, Babbage aveva iniziato a pensare a qualcosa di ancora più ambizioso. Si trattava della “macchina analitica”. Ideata per risolvere problemi generali di calcolo, possedeva un’architettura sorprendentemente simile a quella dei moderni calcolatori con un magazzino (l’odierna memoria), un mulino (l’unita di elaborazione) e un lettore di schede perforate (come dispositivo di introduzione dei dati). Il 7 febbraio 1843 Babbage scrisse frettolosamente un appunto riferendosi ad un incontro con Ada avvenuto “in circostanze nuove”. Era infatti iniziata la stretta collaborazione tra i due che porterà Ada a lavorare “come il Diavolo” per Babbage. Tre anni prima, a Torino, davanti a un gruppo di matematici e ingegneri, Babbage aveva pubblicamente presentato la macchina analitica per la prima e unica volta. Tra il pubblico si trovava un giovane ingegnere, Luigi Federico Menabrea, il quale poco dopo pubblico in Francia un articolo intitolato Breve presentazione della macchina analitica. Dopo averlo letto, Ada – che nel frattempo aveva ripreso gli studi matematici alla fine del 1942 – inizio a tradurlo in inglese all’inizio del 1843, aggiungendovi considerazioni del tutto originali in alcune note. Inizio da quel momento una solida collaborazione con Babbage che porterà Ada alla pubblicazione di un articolo che per la prima volta trattava approfonditamente della programmazione di un computer. Per un secolo sarebbe rimasta l’unica pubblicazione del genere. Conteneva in tutto sette note (da A a G) che, insieme, realizzano un testo di lunghezza più che doppia rispetto all’articolo originale di Menabrea. Da subito il compito di Ada non si presento facile. Mentre cercava il modello matematico più adatto a mostrare le possibilità della macchina analitica, allo stesso tempo tento di fornire una comprensione metafisica della macchina stessa. Inizio a vedere non solo i dettagli tecnici, ma anche l’intera visione, il concetto di quello che la macchina analitica avrebbe o non avrebbe potuto fare. Ponendo continuamente domande e filtrando le informazioni fornitele da Babbage, Ada fu in grado di guardare la macchina analitica in una corretta prospettiva arrivando a conclusioni e previsioni ben al di la delle idee che avevano mosso Babbage. Arrivo a prevedere, per esempio, che sarebbe stato possibile per la macchina “comporre elaborati pezzi scientifici di musica di ogni grado di complessità o estensione”. Nelle lettere tra i due, Ada figuro se stessa come una “fata”: Babbage divento’ il suo confidente mentre lei ne era l’ “interprete”.

Il contributo di Ada Byron alla nascita dell’antenato del moderno computer e rimasto relativamente poco noto fino al 1953, quando e stata scritta una storia dei calcolatori in cui si citava l’opera di Ada definendola “profetica”. Le nostre attuali conoscenze sulla progettazione e la programmazione dei computer non si possono far risalire direttamente a Babbage e Ada, ma per molti di questi concetti li si può considerare dei precursori. I progetti di Babbage erano forse troppo innovativi per quel periodo e sicuramente malamente proposti da parte del suo irrequieto e irascibile inventore. Ma se allo scienziato va riconosciuta la paternità dell’idea della macchina analitica, e ad Ada che va ascritto l’intuito della sua potenza. e a lei che si deve l’invenzione del suo linguaggio, contenuto nelle note: quello che oggi chiamiamo Programma.

Insomma, per usare una metafora, il calcolatore ha trovato sua madre.

 

Numeri e poesia

Autrice: Simona Poidomani

Editore: Editoriale Scienza


Dedicato ad Ada Byron, nata il 10 dicembre 1815, segnaliamo il bel libro di Simona Poidomano. Personaggio straordinario, Ada Byron e smaniosa di dimostrare a se stessa e al mondo il suo genio. Viene considerata la prima programmatrice della storia e il suo lavoro con Charles Babbage e uno dei primi esempi di software. Il suo cognome e pero ingombrante: Ada, infatti, e l’unica figlia legittima del famoso poeta Lord Byron che paga con la morte prematura una vita avventurosa e piena di eccessi. Ada non conoscerà suo padre. Cresciuta dalla madre nel timore che si appassionasse alla letteratura, riceve un’istruzione severa ma eccellente, prendendo lezioni da alcune tra le prime scienziate del tempo. Ada fa buon uso della sua fantasia sfrenata e della sua sensibilità. Non la applica alla poesia ma diventa una grande matematica, in grado di esprimersi per immagini e metafore nuove, e riesce a prefigurare ciò che ai tempi era inimmaginabile: un mondo di macchine intelligenti – gli antenati dei nostri computer – che lavorano per l’uomo. Dopo le note di approfondimento, il libro si chiude con l'intervista di Sylvie Coyaud a Silvia Coradeschi che dirige L'Accademia di scienza e tecnologia dell'Università svedese di Orebro.

 

[1] Traduzione dell’autore dall’inglese. Originale pubblicato in “Ada, the Enchantress of Numbers”, by Betty Alexandra Toole, Strawberry press, 1992.