Intervista a Conrad Wolfram

Lo scorso 2 novembre 2017 sul quotidiano spagnolo El Pais è apparsa un'intervista all'esperto di tecnologie britannico Conrad Wolfram che si scaglia contro l'attuale metodologia della didattica della Matematica insistendo sul superamento del calcolo a mano in favore del calcolo computazionale.

Classe 1970, Wolfram è fondatore di CBM (Computer-Based Maths) compagnia il cui scopo sono le applicazioni del calcolo numerico e, soprattutto, la rifondazione della didattica della Matematica. Tra i vari prodotti creati da Wolfram ricordiamo il programma online di calcolo WolframAlpha.

Pubblichiamo di seguito la traduzione dell'intervista "El 80% de lo que se aprende en la asignatura de matemáticas no sirve para nada".

 

Domanda. Se i bambini non imparano a svolgere i calcoli manualmente ma a fare operazioni con il computer, come riescono a capire cosa stanno facendo?

Risposta. I matematici mi odieranno per quello che sto per dire, ma prima che arrivassero i computer la matematica non era granché utile per la vita di tutti i giorni né per la vita in generale. In tutti i settori in cui vengono utilizzati grandi quantità di dati, come la fisica, la biologia o la sanità, il calcolo computazionale ha condotto la matematica a una nuova fase. I problemi reali del XXI secolo possono essere risolti solo utilizzando i computer e per questo il loro utilizzo deve entrare nel sistema educativo come parte fondamentale del programma di matematica. Continuare a tenere i bambini in classe a calcolare a mano le equazioni di secondo grado non ha più senso; dobbiamo insegnare loro a interpretare i dati e ad approfittare della matematica. Insegnare loro il funzionamento di base è bene, ma complicarlo fino all'estenuazione è una strategia sbagliata che li allontanerà dalla matematica per tutta la vita. Come di solito dico che non è necessario capire il funzionamento del motore per guidare una macchina.

D. Alcuni esperti sostengono che il calcolo aiuti a imparare il significato dei numeri ed è un buono strumento per formare i processi decisionali.

R. Quando è stata l'ultima volta che avete moltiplicato 3/17 per 2/15? Probabilmente lo avete imparato a scuola ma non lo avete mai più utilizzato. Molti esperti diranno che moltiplicando le frazioni si sta imparando, ma in realtà si sta imparando solo un procedimento. In realtà non si sta capendo né perché lo si fa né a cosa serve. Facciamo un esempio molto semplice: nell'equazione x+2=4 ti è stato insegnato che se si passa il 2 a destra, cambia segno e diventa meno 2. Non si capisce cosa si sta facendo. La matematica tradizionale non ha più senso e probabilmente l'80% del programma non è utile e non verrà mai applicato al di fuori dell'aula.

D. Si potrebbe obiettare dicendo che lasciare il calcolo al computer nell'età dell'apprendimento è un invito alla pigrizia.

R. Imparare a sapere come utilizzare il computer non significa far lavorare meno il cervello. Al contrario. I problemi da risolvere sono molto più complessi ed è su questo che bisogna esercitare i bambini. La programmazione è l’equivalente odierno del calcolo a mano, ovvero saper dire al computer, con codici e numeri, quel che deve fare precisamente. Matematica, programmazione e pensiero computazionale devono essere tutte lo stesso insegnamento.

D. Puoi dare un esempio di quelle situazioni di vita in cui stai parlando?

R. Se ti mostro i dati di due siti web e ti chiedo quale funziona meglio, la prima domanda che ti interessa è cosa significa meglio? Può essere il tempo che gli utenti trascorrono su ciascuno di essi o quanti "clic" su una delle schede... Nel mondo reale è possibile utilizzare machine learning o l'analisi statistica per misurare e analizzare i risultati. Scegliere quale opzione funziona meglio in ogni caso è complicato e quel tipo di conoscenze non viene insegnato a scuola. La matematica è molto più del calcolo, anche se è comprensibile che per centinaia di anni gli è stato dato tanta importanza, perché c'era solo un modo per farlo: a mano. La matematica si è liberata dal calcolo, ma questa liberazione non è ancora arrivata nell'istruzione.

D. La tua azienda ha reinventato i programmi di matematica introducendo il calcolo computazionale e ha introdotto nuove competenze da valutare come la comunicazione matematica. Come sei riuscito a convincere il governo dell'Estonia ad attuare questo piano nelle scuole pubbliche?

R. Con 1,3 milioni di abitanti, l'Estonia è considerato il paese più digitale in Europa. I suoi cittadini possono votare, pagare le tasse, controllare i referti medici o registrare un'azienda dal proprio computer di casa in pochi minuti. Nell'ultima relazione PISA l'Estonia ha battuto i finlandesi in scienze e in matematica diventando il nuovo punto di riferimento in Europa nell'innovazione formativa. Tre anni fa ho incontrato per pochi giorni il Ministro dell'Istruzione estone, che è un fisico, e due anni dopo abbiamo lanciato il primo progetto pilota utilizzato nel 10% delle scuole pubbliche del Paese. Abbiamo focalizzato il programma, per gli studenti della scuola secondaria, sulla probabilità e statistica e abbiamo cambiato il sistema di valutazione. Gli studenti imparano a risolvere problemi reali quali, per esempio, le ragazze sono più brave in matematica? Oppure, la mia statura è nella media? Fino ad oggi abbiamo intrapreso un tavolo di lavoro con i governi di Irlanda e Australia.

D. Hai provato a offrire il tuo metodo alle scuole innovative del Regno Unito?

R. La scuola che frequenta mia figlia, che ha 13 anni, ha modernizzato il programma di storia. Se prima si imparavano a memoria date e fatti storici, ora insegnano a svolgere delle ricerche di carattere storico. Il primo progetto ha previsto un'analisi della storia della loro scuola. Al contrario, il programma di matematica è rimasto intatto e ripetitivo. L'impedimento fondamentale per le scuole è la certificazione, è necessario per raggiungere lo standard di conoscenza prefissato per poi poter accedere all'università. C'è però un fatto sorprendente che abbiamo rilevato, ovvero i Paesi che occupano le posizioni migliori nel report PISA sono quelle più aperte al cambiamento e altre, come la Spagna, che sono bloccate con lo stesso punteggio da 15 anni, che sono le più riluttanti ai cambiamenti.

D. Possiamo affermare che la conferenza che hai tenuto durante la manifestazione TED 2010 ha segnato un punto di svolta nella tua carriera?

R. Ho lavorato per più di 30 anni con mio fratello nella nostra società di software Wolfram Research, con sede in Illinois, negli Stati Uniti, che conta circa 500 dipendenti. Lo stesso anno del discorso TED ho istituito un piccolo dipartimento a Oxford, con circa 30 persone, dedicato esclusivamente a ripensare i programmi di matematica. Il nostro motto è quello di ridisegnare la matematica riconoscendo che esistono i computer. L'idea mi è venuta dall'assistenza che abbiamo offerto ad Apple per Siri, il suo sistema di ricerca con riconoscimento vocale. Se chiedi un'operazione matematica complessa, in pochi secondi ti rimanda al nostro sito web. Lì mi sono chiesto perché abbiamo costretto gli studenti a trascorrere tanti anni della loro vita imparando a risolvere ciò che un telefono risolve in pochi secondi.

D. Pensa che i governi avrebbero accolto la sua riforma se fosse stata proposta da una grande università come Cambridge?

R. In questo momento Cambridge, Oxford, Harvard o MIT sono organizzazioni commerciali e cercano il beneficio tanto quanto le aziende. I governi devono riflettere su questo e non sottrarsi alla credibilità di un'iniziativa solo perché non proviene da un'università. Quello che frena i governi è la mancanza di prove e credono che fare niente è meno rischioso che provare nuovi metodi. Ogni anno, il sistema educativo fallisce con gli studenti e questo spiega perché non esistono sufficienti profili STEM (abbreviazione inglese di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). I giovani devono trovare un'utilità: avere le competenze per distinguere tra una buona ipoteca e avere quel sufficiente scetticismo per mettere in discussione le statistiche offerte dal governo. La demotivazione è uno dei grandi disastri della matematica.

(Traduzione dallo spagnolo a cura di Jacopo De Tullio)