Claudio Citrini a colloquio con Carlo Cercignani

 

Carlo Cercignani, docente di Fisica matematica al Politecnico di Milano, è scomparso il 7 gennaio.
È stato un riconosciuto esperto mondiale nel campo della teoria cinetica e delle sue applicazioni. Membro di due Accademie italiane (L'Istituto Lombardo e L' Accademia dei Lincei) e membro straniero dell’Académie des Sciences de Paris, è stato socio e chairman di numerose società e comitati nazionali e internazionali nel campo della Matematica, della Meccanica e della ricerca spaziale.
Premiato con la medaglia d’oro per la Matematica dell’Accademia dei IX (1982), ha ottenuto il premio “Città di Cagliari” per la Matematica applicata (1992), il titolo di Docteur Honoris Causa dell’Università "Pierre et Marie Curie" (Paris VI) (1992) e il Premio Humboldt (1994). È autore o editore di numerosi libri concernenti la sua area di ricerca e di più di 300 articoli scientifici.

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Cercignani
Cercignani tra A. Arnold e Desvillettes (2003)

 

 

Claudio Citrini: cominciamo dagli inizi: chi SONO stati i tuoi maestri, quelli da cui hai appreso a "fare scienza"? Quali tracce hanno lasciato in te?

Carlo Cercignani: questa è probabilmente la domanda più difficile. Anche se certamente ho incontrato vari docenti universitari da cui ho appreso molto. si è trattato più del modo di presentare un argomento che di fare ricerca vera e propria. Se la cosa non sembra immodesta, posso definirrni un autodidatta. Prima dei diciotto anni avevo imparato le nozioni fondamentali di Analisi (pur avendo fatto il Liceo classico) consultando enciclopedie e costruendomi da solo le dimostrazioni mancanti (talune abbastanza corrette, altre solo pittoresche). di Calcolo delle variazioni, di Meccanica razionale, di Calcolo tensoriale e letto approfonditamente gli articoli più noti di Einstein sulla relatività ristretta e generale. Dopo il primo anno di Università ho studiato (durante l'estate) il trattato di Pauli sulla teoria della relatività, da molti ritenuto molto difficile. Mi sono laureato prima in Fisica (relatore: Sergio Albertoni) e due anni dopo in Matematica (relatore: Giovanni Ricci).
In entrambi i casi ho svolto il lavoro di tesi in completa autonomia. anche se consigliato soprattutto per la parte bibliografica dai relatori. Direi che lo studio dei lavori di grandi scienziati ha giocato il ruolo formativo più importante nel mio modo di fare ricerca.

La tua cultura umanistica è ben nota. Che importanza riveste per te come persona? E come matematico?

Mi piace ogni tanto ripensare ai versi eli gl'aneli poeti, interrompendo lo studio di qualche teorema ostico. e tradurre poeti da altre lingue in poesia italiana (tra gli altri: Borges. Shakespeare, Queneau, Baudelaire. Mallarmé) o dal dialetto milanese (Porta). Come matematico, mi porta a vedere la Matematica nel suo sviluppo storico, influenzata e influenzante le altre attività umane. È questo interesse che mi ha portato a scrivere: Ludwig Boltzmann, The man who trusted atoms (Oxford University Press. 1998).

È vero che c'è in giro un libretto con Le tue poesie parodistiche?

Sì. c'è, È una scelta, fatta da mia moglie, di cose scarabocchiate in varie epoche e regalatami per i miei 60 anni. È fuori commercio, ma disponibile.

Ne prenoto subito una copia. Ma torniamo alla tua attività. Anzitutto. come si sente un fisico che fa il matematico in una Facoltà di Ingegneria?

Come ti dicevo. ho due lauree. Certo, quella in Fisica ha lasciato una certa impronta; mi piace prima capire un problema e la sua soluzione, in maniera intuitiva, e poi mettermi a farne la dimostrazione (se ci riesco). Con gli ingegneri ho sempre avuto ottimi rapporti. I problemi che ho studiato hanno a che fare con l'aerodinamica dei gas rarefatti e spesso ho calcolato coefficienti di portanza e di resistenza in regimi di volo d'alta quota. Sta per uscire un mio libro intitolato Rarefied Gas Dynamics. From basic concepts to actual calculations (Cambridge University Press).

Il mondo universitario sta cambiando molto rapidamente. Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi di questo cambiamento? Possiamo fare qualcosa per governarlo o dobbiamo limitarci a seguire la corrente. cercando di non farci travolgere?

L'aspetto più negativo è il fatto che si facciano molti cambiamenti nello stesso tempo. Questo non permette di valutare gli effetti di ogni singolo cambiamento. C'è poi la nota circostanza per cui si prendono dagli altri Paesi gli aspetti più negativi, ignorando quelli positivi. non ha alcun senso, per esempio, ispirarsi agli Stati Uniti. dato che il loro sistema universitario è radicalmente diverso dal nostro. La Francia potrebbe essere un buon modello, in quanto Paese ad amministrazione centralizzata come l'Italia (ma con burocrazia molto più efficiente). L'aspetto positivo potrebbe essere una omogeneizzazione con gli altri Paesi europei; però si può perdere il buono del vecchio sistema (i nostri laureati bravi sono ancora tra i più bravi del mondo) senza acquistare niente di utile e di nuovo. E' difficile per noi controllare quello che succede, se non attraverso la Conferenza dei Rettori. Ma la classe politica appare sempre più insofferente dei tecnici, per non dire di peggio, e molti rettori sembrano essere più interessati alla politica che alla scienza.

Questa risposta merita di essere approfondita in due direzioni. La prima è quella relativa alla politica: non è innaturale che un rettore ne sia attratto. Fare il rettore è di per sé un impegno "politico", comporta contatti con i politici e può invogliare a una carriera politica in senso stretto. Del resto. sono molti i matematici che si sono dedicati alla politica: penso a Faedo. a Vesentini. a Primicerio (di cui hai letto l'intervista sul numero scorso della "Lettera") e a tanti altri. Sei mai stato attratto da quel mondo?

Con Primicerio ho parlato recentemente. Da quel che mi ha detto, ho pensato che non sarei proprio adatto al mondo della politica; dico troppo spesso quello che penso. D'altra parte, ritengo che ci sia un obbligo morale non scartare a priori questo impegno (se no, poi, come si fa a lamentarsi?). Per quel che riguarda i rettori, mi è evidente la valenza politica, ma un buon rettore deve pensare per prima cosa a fare bene il proprio mestiere, senza salti in avanti verso altre mete. Se farà bene, potrà essere valutato positivamente anche per traguardi più ambiziosi. Avrei una pessima opinione di chi usa il rettorato per crearsi meriti presso i politici.

L'altra questione che ti pongo è più generale e riguarda l'insofferenza dei politici verso i "tecnici". A me pare che ci sia una generale insofferenza più verso gli scienziati che verso i "tecnici". Chi esegue può essere un ottimo servitore della classe dominante, purché non entri nella stanza dei bottoni. Lo scienziato invece è sempre fastidioso. perché è critico e non accetta mai una risposta preconfezionata; ha un metodo che si basa su due pilastri sgraditi: la fatica e il dubbio(“a cui. come a la morte I lo porta del piacer nessun dìsserra", diceva Dante della povertà, ma questo è un terzo pilastro che non è di per sé essenziale allo scienziato-filosofo). Questo pensano la gente e i politici. che ne fiutano gli umori. sono in perfetta sintonia. Naturalmente sotto una cappa di piombo dorata .. per restare a Dante...

Quando ho detto tecnici, intendevo proprio dire tecnici e non scienziati. Va da sé che il problema del discredito gettato quotidianamente sulla scienza è un sintomo pericoloso, ma Don solo italiano. L'astrologia viene rivalutata applicando ad essa la scommessa di PascaI sull’'esistenza di Dio. A me potrebbe anche andare bene, visto che sono nato, come Dante. sotto il segno dei Gemelli (“il segno - che segue il Tauro e fui dentro da esso. - O gloriose stelle, o lume pregno - d'ogni virtù, a che io riconosco - tutto. qual che si sia, lo mio ingegno - con voi nasceva e s'ascondeva vosco - Quegli che è padre d'ogni maggior vita - quand'io sentii dapprima l'aer tosco.).

Mi riferivo invece a una arroganza tutta italiana di qualche Ministro che pensa di poter fare a meno di tecnici in decisioni che sono di per sé tecniche, anche quando il tecnico vuol solo fornire consigli - facendo vedere "ogni contraddizione e falsa e vera" lasciando poi al politico la decisione di quale bottone premere.

Quanto alla povertà, passerò a Petrarca: "Povera e nuda vai, filosofia!". aggiungendo però il verso successivo: "Dice la turba, al vil guadagno intesa".

Eh. questa del Petrarca l'avevo tenuta in disparte, ma rilancio con il seguito: “Tanto ti prego più, gentile spirto / non lassar la magnanima tua impresa ", per pregarti intanto di non darti alla politica e chiederti poi, se c'è ancora spazio per fare scienza in Italia o se questo spazio sta restringendosi. Mi pare che le questioni di denaro si facciano sempre più decisive. anche in un campo, come la Matematica. dove bastano finanziamenti ragionevoli per supportare una buona ricerca. Tu sei tra i non molti che hanno anche contratti industriali. Come direttore del Dipartimento, ho sempre molto apprezzato questo fatto ma non tutti. credo, dovrebbero essere obbligati a trasformare in denaro il proprio lavoro scientifico, pena la scomparsa della ricerca pura. Che ne pensi?

Non ho capito se l'invito a non darmi alla politica è da prendersi come un complimento(“Piacciati di restare in questo loco") o come un giudizio sulle mie attitudini. "Me degno a ciò né io né altri crede. - Però se del venire m'abbandono, - temo che la venuta non sia folle. - Sei savio; intendi me' ch'i' non ragiono.” (Per completezza. devo dire che qualche anno fa mi era stata fatta una telefonata per presentarmi alle ultime politiche, da una lista minore. il cui leader copre peraltro una importante carica di Ministro).

Lo spazio per la ricerca in Italia va restringendosi, salvo forse per la Biologia e la Medicina. Questo mi pare dovuto, da un lato, alle ragioni già dette, dall'altro alla mancanza di cultura che non permette di cogliere la catena che lega le scienze le une alle altre. I progressi della Biologia e della Medicina sono dovuti a quelli della Fisica e della Chimica (inclusi i calcolatori e delicati fenomeni come la risonanza magnetica nucleare); quelli della Chimica, ormai, sono dovuti in gran parte a quelli della Fisica, quelli della Fisica in parte a quelli della Matematica (anche se qui il legame è più sottile)l. La ricerca pura è una cosa molto bella, ma prima o poi ogni settore della ricerca diventa parte della applicazioni. Hardy pensava il contrario e citava, come esempi di settori della Matematica che non sarebbero mai stati applicati. la Teoria della relatività e la Teoria dei numeri. In ambedue i casi la storia gli ha dato clamorosamente torto.
Purtroppo anche la ricerca applicata è allo sbando in Italia: le industrie credono di fare ricerca comprando tanti calcolatori e tanto software. che fanno correre per ottenere delle belle immagini colorate (molte di queste sono torte e istogrammi! per i Consigli di amministrazione. Ma altre sono rappresentazioni grafiche di simulazioni di soluzioni di equazioni alle derivate parziali), e non sostengono più la ricerca universitaria, salvo in qualche caso in cui questa somiglia più all'astrologia (sono state spese ingenti somme da parte dell'industria per studi sulla cosiddetta fusione fredda).

Beh, credo che i versi di Petrarca fossero abbastanza eloquenti per indicare il senso della mia richiesta di non dedicarti alla politica. Tornando al tema. secondo te questa situazione di disagio delle scienze è soprattutto italiana o girando il mondo, la percepisci anche in altri Paesi. magari sotto diverse forme?

Il problema è generale, ma ovviamente ha un peso ben diverso in un Paese in cui gli uomini di cultura umanistica sembrano farsi un vanto di non sapere niente di scienza. (Una trentina di anni fa, rimasi molto colpito quando Montale, nell’'ambito di un dibattito sulle due culture, scrisse sulla terza pagina del Corriere della Sera che non gli importava niente di sapere cosa fosse il secondo principio della Termodinamica). Inoltre. in Italia, non si percepisce il peso che la ricerca scientifica ha sull'economia di un Paese. Quelle che le piccole e medie industrie italiane riescono a fare è straordinario, ma non so quanto durerà, se verrà a mancare quel terreno di cultura che fornisce alle persone dotate di una mente pratica, per diffusione osmotica. le idee nuove fornite dalla ricerca scientifica.

Altre due domande. più personali, sui tuoi frequenti contatti e viaggi all'estero. In quale Paese ti trovi meglio per il lavoro? E per i contatti umani a margine?

In generale mi trovo bene dappertutto, anche se gli Stati Uniti (soprattutto quelli degli anni Sessanta, quando la gara spaziale mostrava direttamente le ricadute della ricerca) rimangono un modello da imitare per quel che riguarda l'organizzazione della ricerca. Poi la Germania. La Francia è un caso a parte. perché c'è un po' più la tendenza alla ricerca del singolo (come in Italia) invece che in collaborazione. Naturalmente per i contatti umani a margine, la Francia viene invece in testa.

Quali sono le personalità scientifiche più interessanti con cui hai collaborato? Hai qualche bell'aneddoto da raccontare, per chiudere in allegria questa intervista?

Ho incontrato molti colleghi, ma non ho mai collaborato (nel senso di scrivere lavori insieme) con personaggi famosi (il più noto dei miei coautori penso sia Shinbrot, scomparso prematuramente poco più di dieci anni fa). Le collaborazioni più strette mi sono capitate nei comitati internazionali e sono state piacevoli (molto più che le analoghe in Italia. con l'eccezione del Comitato Tecnico Scientifico del PRORA. "Programma di Ricerca Aero spaziale ").
Non penso di avere aneddoti molto interessante da raccontare (i più divertenti riguardano me stesso a colloquio. in russo, con un poliziotto di Mosca nel 1970 e con una addetta ai controlli di un piano d'albergo ad Akademgorodok, presso Novosìbìrsk. nel 1982). Credo che non sia molto originale raccontare di Lax, che si addormenta durante le conferenze, facendo cenno di sì con la testa nei momenti opportuni. per poi fare la domanda giusta alla fine (mi dicono che i miei tentativi di imitarlo sono privi del cenno della testa). Per concludere, posso dire che una volta mi trovavo con Jacques Louis Lions a fianco del Pantheon. quando una turista americana ci chiese dove era sepolto Victor Hugo. Il nostro collega francese rispose: "ma, non so, credo agli lnvalides". lo feci osservare che era proprio sepolto nel Pantheon (agli Invalides è sepolto Napoleone. con altri uomini d'arme). Al che Lions replicò che non aveva mai fatto il turista a Parigi!

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Carlo Cercignani il primo da destra in questa fotodi gruppo scattata in occasione del Convegno "Workshop: Classical and Quantum Mechanical Modls of Many-Particle Systems: 2003-11-23 - 2003-11-29"

 

Carlo Cercignani è nato nel 1939 a Teulada (CA). Laureato In Fisica nel 1961 e in Matematica nel 1963, dopo diversi incarichi presso l'Università di Milano e un anno al M.I.T., dal 1975 è ordinario di Meccanica razionale al Politecnico di Milano.
È autore di 8 libri e quasi 250 articoli, in particolare nel campi della Teoria cinetica dei gas rarefatti, dei Modelli di turbolenza, del Trasporto di neutroni e dei semiconduttori.
Socio dell'Istituto Lombardo, dell'Accademia dei Lincei, dell'Académie des Sciences de Paris, ha ricoperto diverse cariche in varie organizzazioni di ricerca quali CNR, CIRA, IUTAM, IMU, AIMETA. È stato Visiting Professor a Paris VI, IHES (Bur•sur•Yvette), Erlangen, IAS (Princeton), Kaiserslautem, Austin (Texas), CEA (Saday).
Ha meritato la medaglia d'oro dell'Accademia del XL, il premio "Città di cagUari" per la Matematica applicata, la laurea h.c. dell'Università Pierre et Marie Curie (Paris VI), il premio Humboldt e la medaglia d'oro dei bene¬meriti per la scienza e la cultura.