Enrico Fermi a 50 anni dalla morte

LA VITA

Enrico Fermi nasce il 29 settembre 1901 a Roma, da una famiglia di origini piacentine priva di tradizioni scientifiche. La sua passione per le Scienze naturali, e in particolare per la Fisica, si sviluppa in modo del tutto indipendente, solo stimolata e guidata negli anni del Liceo da un amico di famiglia, l'ing. Adolfo Amidei, che, riconosciute le eccezionali capacità intellettuali del giovane, ne indirizza le letture e gli suggerisce di tentare l'esame di ammissione alla Normale di Pisa. Terminati gli studi liceali a Roma, Fermi entra dunque nell'ottobre 1918 nella prestigiosa scuola pisana, presentando alla prova di ammissione un elaborato sulle caratteristiche della propagazione del suono alla cui autenticità i commissari si rifiutano inizialmente di credere, dato il livello di conoscenza della Fisica e di controllo del formalismo matematico di cui vi si dà prova.

Gli studi alla Normale non presentano particolari difficoltà per il giovane Fermi, che, prosegue intanto il proprio percorso di autodidatta studiando per proprio conto (sui testi originali in lingua straniera, perché nulla di tutto ciò esiste al momento in italiano) la nuova Fisica emersa attorno alle teorie della relatività e dei quanti. Nell'Italia di quegli anni le nuove teorie scientifiche sono del tutto assenti dall'insegnamento universitario e solo qualche matematico di prestigio e interessato alle applicazioni alla Fisica, come Tullio Levi-Civita, è al corrente di quanto si sta muovendo negli ambienti internazionali più avanzati in materia di Fisica teorica. Fermi si costruisce quindi da solo, tra il 1919 e il 1922, una solida competenza, dalla Relatività alla Meccanica statistica, alla Teoria dei quanti al punto che già a partire dal 1920 viene invitato dal direttore dell'Istituto di Fisica di Pisa, Luigi Puccianti, a tenere un ciclo di seminari sulla Fisica quantistica. Ancora prima di laurearsi, Fermi pubblica i suoi primi lavori scientifici importanti, tra cui un contributo alla teoria della relatività generale in cui introduce un particolare sistema di coordinate che diventeranno note nella letteratura successiva come coordinate di Fermi.

A Pisa, Fermi stringe amicizia con Franco Rasetti e mantiene i contatti scientifici con l'amico e compagno di studi liceali Enrico Persico. Intanto sviluppa, in parallelo alle eccezionali competenze in Fisica teorica, un genuino gusto per la ricerca sperimentale acquisendo insieme a Rasetti, nel laboratorio dell'Istituto messo a loro disposizione da Puccianti, una eccellente conoscenza delle tecniche di indagine sulla diffrazione dei raggi X. Su questo argomento svolge il lavoro per la tesi di laurea, che discute nel luglio 1922.

Dopo la laurea. Fermi rientra a Roma ed entra in contatto con il direttore dell'Istituto di Fisica, Orso Mario Corbino. Questi riesce a far ottenere a Fermi una borsa di studio di perfezionamento all'estero, che Fermi utilizza per trascorrere sei mesi del 1923 presso l'Istituto di Max Born. Nonostante Göttingen sia all'epoca probabilmente la più interessante fucina delle nuove idee che di lì a poco sfoceranno nella formulazione finale della Meccanica quantistica, Fermi non vi si trova particolarmente a suo agio.

Giudica eccessivamente formali e vuote di senso fisico le ipotesi teoriche intorno a cui lavorano Born, Heisenberg, Jordan e Pauli e lavora, piuttosto isolato, su alcuni problemi di Meccanica analitica e di Meccanica statistica (gli invarianti adiabatici e il problema ergodico).

Molto più stimolante sul piano intellettuale, e fecondo di risultati scientifici, è per Fermi il secondo periodo trascorso all'estero un anno più tardi, grazie ad una borsa della fondazione Rockefeller. Tra il settembre e il dicembre del 1924 Fermi soggiorna a Leida, presso l'Istituto diretto da Paul Ehrenfest, trovando un ambiente assai più congeniale. Tra il 1923 e il 1925 pubblica importanti contributi alla teoria dei quanti, che troveranno il loro coronamento all'inizio del 1926 nella formulazione della statistica antisimmetrica che porta il suo nome. In questo lavoro fondamentale, Fermi porta a maturazione idee che già aveva cominciato a sviluppare a Leida sulla Meccanica statistica di un sistema di particelle identiche, introducendo nella, descrizione la regola di selezione ipotizzata da Pauli all'inizio del 1925 (il principio di esclusione) in modo da costruire una soddisfacente teoria del comportamento di quelle particelle che si chiameranno, ferrmioni. Pochi mesi dopo, in modo indipendente, la stessa teoria sarà elaborata da Paul Adrien Maurice Dirac.

Intanto le lungimiranti iniziative di Orso Mario Corbino, per svecchiare il panorama della Fisica italiana, danno i primi frutti. Nel 1926, Corbino riesce a far mettere a concorso una cattedra di Fisica teorica a Roma (la prima con questo nome in Italia) che Fermi vince installandosi all'Istituto romano di via Panisperna, professore ordinario all'età di venticinque anni! Nel settembre dell'anno successivo, si tiene a Como un grande Convegno internazionale (in occasione delle celebrazioni voltiane) in cui la dimostrazione, fatta da Sommerfeld e altri, della efficacia della nuova Statistica quantistica per la comprensione di tutta una serie di problemi fino allora insolubili sancisce la reputazione internazionale di Fermi.

All'Istituto di via Panisperna comincia a raccogliersi attorno a Fermi (e a Franco Rasetti, che Corbino chiama come suo assistente all'inizio del 1927) un gruppo selezionato di giovani promettenti, a cominciare da Edoardo Amaldi e Emilio Segrè. Tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo, il gruppo dei "ragazzi di via Panisperna" si attrezza per passare dallo studio dei fenomeni di spettroscopia atomica e molecolare alle indagini sulle proprietà del nucleo atomico, che Corbino individua in un celebre discorso del 1929 come la nuova frontiera della ricerca in Fisica (dopo che il consolidamento della Meccanica quantistica permette di poter ritenere risolte, almeno in linea di principio, le questioni legate alla struttura atomica). La nuova linea di ricerca è resa possibile anche dalla crescente statura scientifica di Fermi, che trova adeguato riconoscimento a livello istituzionale. Nel 1929, Fermi è l'unico fisico designato a far parte della nuova Accademia Reale d'Italia e, nella doppia veste di Accademico d'Italia e di segretario del comitato per la Fisica del C.N.R., può in qualche misura orientare finanziamenti ed energie verso i nuovi settori di ricerca.

Un momento importante in questa direzione è costituito dal primo Congresso Internazionale di Fisica nucleare (che si tiene a Roma nel settembre del 1931) di cui Fermi è l'anima organizzatrice e l'ispiratore scientifico. Al Congresso vengono posti sul tappeto i principali problemi aperti della Fisica nucleare, che cominceranno a trovare soluzione a partire dall"'anno mirabile" 1932, con la scoperta del neutrone.

In questa direzione, Fermi dà quello che resta forse il suo principale contributo, formulando nell'autunno del 1933 la teoria del decadimento beta. In essa Fermi riprende l'ipotesi del neutrino, avanzata già da un paio d'anni da Pauli per mantenere la validità della conservazione dell'energia nel processo, e utilizza l'idea che protone e neutrone siano due stati differenti dello stesso oggetto fondamentale, aggiungendo l'ipotesi radicale che l'elettrone non preesista nel nucleo prima di esserne espulso ma venga creato, insieme al neutrino, nel processo di decadimento contestualmente alla trasformazione di un neutrone in protone "in modo analogo alla formazione di un quanto di luce che accompagna un salto quantico di un atomo". Il tutto viene descritto adattando all'interazione responsabile del decadimento radioattivo il formalismo (messo a punto da Dirac nella teoria quantistica della radiazione) degli operatori di creazione e distruzione. Il lavoro, inviato alla rivista Nature, viene rifiutato perché "troppo astratto e lontano dalla realtà fisica" e pubblicato in altra sede.

Il 1934 è l'anno in cui le ricerche di Fisica nucleare a via Panisperna raggiungono i risultati più sensazionali, dopo la scoperta da parte di Joliot e Curie della radioattività artificiale. Il gruppo di Fermi scopre dapprima la radioattività indotta dai neutroni, che si rivelano proiettili assai più efficaci delle particelle alfa usate nel laboratorio parigino, e in rapida successione le singolari proprietà dei neutroni lenti, mancando di poco l'individuazione del processo della fissione nucleare.

Intanto, la situazione in Italia comincia a dare preoccupanti segni di deterioramento. Mentre tutti i più importanti laboratori esteri cominciano a dotarsi delle nuove macchine acceleratrici - fondamentali per produrre sorgenti controllate ed intense di "proiettili" per bombardare i nuclei - i tentativi di Fermi di ottenere i fondi necessari per la costruzione di un laboratorio nazionale per la Fisica, adeguatamente equipaggiato, vanno incontro a ripetuti insuccessi. Per qualche anno Fermi resiste alle numerose offerte di varie Università americane ma, quando nel 1938, la promulgazione delle leggi razziali minaccia direttamente la sua famiglia, (la moglie, Laura Capon, è di famiglia ebrea), prende definitivamente la decisione di abbandonare l'Italia. L'occasione è offerta dalla assegnazione del premio Nobel per la Fisica, per il lavoro sulla radioattività artificiale e sui neutroni lenti. Nel dicembre 1938, Fermi ritira il premio a Stoccolma e da lì si imbarca con la famiglia per gli Stati Uniti, verso la Columbia. University a New York. Ufficialmente si reca in America per tenere un ciclo di lezioni, ma gli amici sanno che non ha alcuna intenzione di ritornare.

La scoperta della fissione nucleare e lo scoppio della guerra pongono drammaticamente all'ordine del giorno la questione del possibile utilizzo a fini militari dell'energia nucleare. Per la sua esperienza nella fisica dei neutroni, Fermi diventa il leader naturale del gruppo incaricato di portare a termine la prima fase del progetto che porterà alla bomba: la realizzazione di una reazione a catena autosostenuta e controllata. Il lavoro, coperto dal segreto militare, viene svolto in uno scantinato dell'Università di Chicago, designato con il nome in codice di Metallurgical Laboratory. Nel dicembre 1942, la prima reazione nucleare controllata della storia viene innescata nel reattore costruito sotto la direzione di Fermi. Parte il progetto Manhattan, in cui Fermi svolge un ruolo di primo piano come esperto di reattori nucleari, consulente generale sulle questioni teoriche e infine membro del ristretto gruppo di scienziati - oltre a Fermi ne fanno parte Robert Oppenheimer, Ernest Lawrence e Arthur Compton - incaricato di esprimere pareri tecnici sull'utilizzo dell'arma nucleare. Nell'agosto del 1944 Fermi si trasferisce stabilmente nel villaggio-laboratorio di Los Alamos, seguendo tutta la fase della messa a punto della bomba atomica, assistendo nel luglio del 1945 alla prima esplosione nucleare nel deserto di Alamogordo e contribuendo, in qualità di esperto, al processo decisionale che porta nell'agosto successivo all'utilizzo delle armi atomiche contro le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.

Alla fine della guerra, Fermi torna a Chicago e ricomincia ad occuparsi di problemi di Fisica fondamentale, nel mutato panorama intellettuale generato dalla scoperta delle proprietà delle nuove particelle elementari e dai problemi dell'Elettrodinamica quantistica. In questi anni si forma intorno a lui un nutrito gruppo di studenti, tra cui un buon numero di futuri premi Nobel. Continua comunque a svolgere funzioni importanti di consulente scientifico per il governo americano. Verso la fine degli anni Quaranta, si pone il problema dell'eventuale sviluppo delle ricerche verso la realizzazione di un ordigno termonucleare.

Fermi si schiera, in qualità di membro del GAC (General Advisory Committee), in modo molto deciso contro l'opportunità di iniziare uno sforzo in questa direzione ma quando, contro il parere suo e dei suoi colleghi, vince la linea sostenuta da Teller e parte il programma di sviluppo dell'ordigno termonucleare, accetta di collaborare alle ricerche, sviluppando con il matematico Stan Ulam una parte importante dell'elaborazione teorica necessaria. È nell'ambito di queste ricerche che Fermi sviluppa l'interesse per le possibilità aperte dai nuovi calcolatori elettronici, e nei primi anni Cinquanta, sempre in collaborazione con Ulam, svolge un lavoro fondamentale e pionieristico di utilizzo del computer come strumento di simulazione per ricostruire le proprietà del comportamento di sistemi dinamici non lineari, la cui evoluzione non si è in grado di descrivere con un trattamento analitico.

Fermi torna due volte in Italia. Nel 1949 partecipa ad un'importante conferenza sui raggi cosmici a Como (seguita da un cielo di lezioni a Roma e Milano) e nel 1954 tiene, alla scuola estiva della Società Italiana di Fisica a Varenna, un memorabile corso sulla Fisica dei pioni e dei nucleoni. Di ritorno a Chicago da questo ultimo viaggio, viene operato per un tumore maligno allo stomaco, ma sopravvive solo poche settimane all'intervento. Si spegne il 29 novembre del 1954.

LA FISICA E IL RESTO DEL MONDO

I primi anni Trenta sono per la Fisica, e in particolare per la Fisica del nucleo atomico e dei costituenti elementari della materia, un periodo eccitante e ricco di novità e di impressionanti risultati. II raccolto più cospicuo avviene nell'annus mirabilis 1932: Chadwick scopre il neutrone e si può così dare risposta agli interrogativi ancora aperti circa la costituzione del nucleo; Lawrence costruisce il primo ciclotrone (che si imporrà nel giro degli anni successivi come la più efficace macchina per la produzione in laboratorio di fasci di particelle accelerate da usare come proiettili per sondare i nuclei atomici); Anderson scopre nelle tracce lasciate dai raggi cosmici l'evidenza della realtà del positrone, rapidamente confermata dalle ricerche di Blackett e Occhialini (che danno anche la corretta interpretazione della nuova particella sulla base della teoria dell'elettrone di Dirac). Nel 1933 Fermi formula poi la teoria del decadimento beta, integrando in un formalismo coerente l'approccio di Dirac alla teoria quantistica dei campi, l'ipotesi del neutrino avanzata due anni prima da Pauli e una rivoluzionaria idea circa la natura delle particelle elementari che si trasformano da entità, con una loro intrinseca individualità, a oggetti che possono essere creati o distrutti nelle reciproche intera­zioni. Nel 1934, la scoperta della radioattività artificiale nel laboratorio parigino di Joliot e Curie apre la strada alle ricerche condotte sotto la guida di Fermi a via Panisperna, che portano in pochi mesi il gruppo romano dapprima alla scoperta della radioattività indotta dai neutroni e quindi all'individuazione delle proprietà dei neutroni lenti. Per queste ultime ricerche, Fermi riceverà nel 1938 il premio Nobel per la Fisica. La maggior parte dei problemi aperti, di cui si era discusso al primo Congresso internazionale di Fisica nucleare, organizzato da Fermi a Roma nel settembre del 1931, trovano la loro soluzione in un periodo di circa tre anni di progresso senza precedenti.

Un osservatore meno interessato alla Fisica, che guardasse allo stato generale delle cose del mondo in quello stesso periodo, avrebbe probabilmente assai meno da essere compiaciuto. Per le grandi masse, i primi anni Trenta, sono quelli più duri della crisi economica, della depressione e della disoccupazione. In Unione Sovietica si comincia a profilare la stretta staliniana, che porterà in breve alle grandi purghe. Nel cuore della vecchia Europa, il nazismo sale al potere in Germania e nel 1933, mentre i fisici riuniti nel Congresso Solvay decifrano i misteri del nucleo, vengono promulgate le leggi razziali antisemite che, in breve, trasformano alcune delle culle della cultura mitteleuropea in deserti intellettuali.

All'alto gerarca nazista, che gli chiede se la Matematica tedesca a Göttingen abbia sofferto in modo sensibile per l'epurazione provocata dalle leggi antisemite, Hilbert risponde seccamente che, molto semplicemente, la Matematica a Göttingen non esiste più. L'emigrazione degli intellettuali ebrei è uno dei dati più impressionanti che sconvolgono la geografia della cultura internazionale, contribuendo in modo decisivo al passaggio dell'egemonia scientifica dalla Germania agli Stati Uniti.

In Italia, nel 1931 il fascismo impone ai dipendenti statali il giuramento di fedeltà al regime. Nell'Università, solo una dozzina di professori rifiutano di piegare la testa, perdendo il posto e con esso ogni residua visibilità scientifica e culturale. Tra loro c'è Vito Volterra, il grande matematico ebreo che non poca influenza aveva esercitato negli anni Venti per appoggiare la carriera accademica di Enrico Fermi. Tuttavia, per qualche tempo ci si può illudere ancora, sia sul corso degli avvenimenti internazionali che sul futuro della ricerca scientifica. Ma se la reazione di Mussolini, al tentativo di annessione dell'Austria da parte di Hitler nel 1934, sembra lasciare ancora aperta la questione della collocazione dell'Italia fascista nel quadro internazionale, le vicende successive (l'intervento in Africa, con le conseguenti sanzioni, e il definitivo avvicinamento alla Germania nazista, suggellato dal sostegno comune a Franco nella guerra civile spagnola) non lasciano più adito a dubbi.

Amaldi ricorda come, intorno al 1936, le ricerche in Fisica nucleare condotte con Fermi si svolgessero ad un ritmo febbrile, come se si cercasse nel lavoro scientifico una fuga da una realtà esterna i cui contorni si delineavano in modo sempre più netto. Fisica come soma è l'espressione usata da Amaldi: il soma è, nel Brave New World di Huxle,y - una delle letture dei giovani fisici romani in quegli anni - la sostanza di cui si imbottiscono gli abitanti dell'allucinante universo totalitario immaginato dall'autore per non vederne gli orrori: il lavoro scientifico come droga, quindi, paradiso artificiale per evadere dalla realtà.

Ma la realtà arriva a farsi sentire comunque, anche sul terreno artificialmente sterilizzato della ricerca scientifica fondamentale, che sarà anche un rifugio - in quanto soma - ma che richiede ugualmente, per essere fatta, mezzi ed appoggi. E gli uni e gli altri cominciano a mancare, in una Italia soggetta alle sanzioni e posta di fronte all'emergenza autarchica, dove la priorità va piuttosto alla produzione del lanital che allo studio delle sezioni d'urto nucleari.

Fermi non è il solo ad essere costretto dalle leggi razziali, o indotto dalla. situazione politica, a lasciare l'Italia. Per limitarsi ai fisici, tra il 1938 e il 1939 abbandonano il Paese Franco Ra,setti, Bruno Rossi, Emilio Segrè, Giulio Racah, Leo Pincherle, Ugo Fano, Sergio De Benedetti. Bruno Pontecorvo era già all'estero dal 1937. Nessuno di loro rientrerà più permanentemente in Italia. Anche Edoardo Amaldi, in un viaggio in America nel 1939, cerca un posto al di là dell'Atlantico senza però riuscirci. A1 suo ritorno a Roma, si farà carico di tenere viva nei limiti del possibile la tradizione di ricerca durante gli anni del conflitto mondiale e di indirizzare la politica di ricostruzione della Fisica italiana nel dopoguerra.

Verso la fine del 1938, Hahn e Strassman scoprono nel laboratorio di Berlino la fissione nucleare. Insieme alla corretta interpretazione del fenomeno, fornita da Lise Meitner e Otto Frisch, la notizia circola con estrema rapidità. Nel giro di poche settimane, l'esperimento viene ripetuto e confermato nei principali laboratori di Fisica del mondo intero. Diventa chiaro che quelle che fino a pochi mesi prima erano solo speculazioni più o meno fantasiose sulla possibilità di liberare l'energia contenuta nel nucleo dell'atomo, assumono ora un aspetto di concreta fattibilità. Con l'approssimarsi del conflitto, che appare ormai inevitabile, si pone così drammaticamente all'ordine del giorno la questione del possibile utilizzo a fini militari dell'energia nucleare. Nell'agosto del 1939, pochi giorni prima dello scoppio della guerra, si incontrano ad una conferenza ad Ann Arbor (in Michigan), Fermi e Heisenberg. Uno dei fisici presenti sussurra all'orecchio di un amico: "vedi quei due? Tra poco scoppierà la guerra e loro saranno i responsabili dello sviluppo dell'arma nucleare sui due fronti opposti. Tutti lo sanno, anche se nessuno osa dirlo esplicitamente".

La previsione era sostanzialmente corretta. Di ritorno in Germania, Heisenberg si troverà effettivamente a dirigere, specialmente verso la fine della guerra, il progetto nucleare del Reich. Cercherà di coordinare e indirizzare le varie parti, spesso in conflitto tra loro, di un programma cui le alte gerarchie naziste non credono veramente e che quindi non viene mai adeguatamente sostenuto. Alla fine del conflitto, i risultati raggiunti in Germania dal programma di sviluppo dell'energia nucleare sono risibili, se confrontati con quanto è stato intanto realizzato sul fronte opposto: i tedeschi non rie­scono nemmeno a raggiungere l'obiettivo di rendere funzionante un reattore sperimentale e la costruzione di un ordigno nucleare appare retrospettivamente come un risultato del tutto al di fuori delle loro possibi­lità. Ma questo sarà noto agli alleati solo alla, fine della guerra. Cinque anni prima, la preoccupazione che siano gli scienziati che lavorano per Hitler a giungere primi nella corsa alla bomba atomica è grande e spinge non pochi fisici (tra cui molti degli emigrati dai paesi dell'Asse) a premere verso il governo americano perché ci si impegni con energia nella stessa direzione. L'iniziale tiepidezza con cui gli allarmi lanciati dagli scienziati atomici vengono recepiti nelle alte sfere politiche e militari si trasforma radicalmente con l'entrata in guerra degli Stati Uniti. Ed è proprio a Fermi che viene affidato l'incarico di dirigere la prima fase cruciale del programma, la realizzazione di un reattore nucleare che dimostri la possibilità di innescare e mantenere una reazione a catena controllata. L'obiettivo, che i tedeschi non riescono a raggiungere in tutto il corso della guerra, è realizzato in meno di un anno: nel dicembre 1942, nei sotterranei dell'Università di Chicago, il gruppo diretto da Fermi costruisce e sperimenta con successo il primo reattore nucleare. Decolla il gigantesco sforzo scientifico e industriale denominato progetto Manhattan. Molti degli scienziati che lavorano nel laboratorio segreto di Los Alamos sono ebrei o antifascisti, rifugiati in America dai paesi dell'Asse.

Gli americani arrivano alla realizzazione della bomba atomica nel giro di due anni e mezzo dal successo del primo reattore di Chicago, grazie ad uno sforzo di proporzioni assolutamente inaudite. Il progetto Manhattan è qualcosa di infinitamente più vasto di quanto non appaia dalla sua punta di diamante, costituita dal laboratorio segreto di Los Alamos, dove pure si realizza una concentrazione mai vista di personale ad alta qualificazione scientifica (tra le duemila e le tremila persone al momento terminale del progetto). Los Alamos, dove si svolge il lavoro teorico di progettazione e materialmente vengono assemblati gli ordigni nucleari, funziona solo perché alle sue spalle esiste una gigantesca organizzazione industriale, messa in piedi dal nulla in tempi brevissimi. Per costruire la bomba, non occorreva solo risolvere una quantità di difficili problemi scientifici; occorreva anche il materiale fissile. È la produzione delle necessarie quantità di uranio 235 e di plutonio il problema attorno a cui si mobilita la maggior parte delle risorse e del personale umano.

Subito dopo il successo della pila di Fermi, comincia la costruzione di due nuove installazioni industriali dedicate alla separazione dell'uranio 235 e alla produzione di plutonio grazie a nuovi reattori nucleari di potenza. Gli impianti di Oak Ridge, in Tennessee, coprono un'area di 24000 ettari: ad Hanford, nello stato di Washington, nasce intorno ai reattori dedicati alla produzione di plutonio, realizzati dalla Dupont, una vera e propria nuova città su una superficie di 160000 ettari . Nei due centri sono complessivamente all'opera varie decine di migliaia di persone.

Subito dopo il successo della pila di Fermi, comincia la costruzione di due nuove installazioni industriali dedicate alla separazione dell'uranio 235 e alla produzione di plutonio grazie a nuovi reattori nucleari di potenza. Gli impianti di Oak Ridge, in Tennessee, coprono un'area di 24000 ettari: ad Hanford, nello stato di Washington, nasce intorno ai reattori dedicati alla produzione di plutonio, realizzati dalla Dupont, una vera e propria nuova città su una superficie di 160000 ettari . Nei due centri sono complessivamente all'opera varie decine di migliaia di persone.

È stato detto che, mentre la prima guerra mondiale è stata una guerra dei chimici, la seconda è stata una guerra dei fisici. Con il progetto Manhattan cambiano in modo irreversibile molte cose, nei rapporti tra scienza e società e dentro alla stessa pratica della scienza. L'atto di nascita di quella che si suole definire big science è proprio la nuova rete di relazioni che si stabilisce tra istituzioni governative, scienziati, militari ed industria negli anni del conflitto. I fisici, in particolare, si trovano alla fine della guerra ad essere interlocutori ascoltati e consiglieri ricercati da parte di governi pronti come mai prima ad allargare i cordoni della borsa per la ricerca; ma la vastità di mezzi, di cui potranno da allora disporre su una scala, impensabile fino a pochi anni prima, e il prestigio sociale acquisito avranno la loro controparte nella creazione di vincoli nuovi con il potere politico e con i militari e nella comparsa del segreto a coprire la libera circolazione delle idee scientifiche. Non tutti reagiranno allo stesso modo, di fronte alla nuova situazione. Nello scenario della guerra fredda, i cui contorni sono drammaticamente disegnati dalle nuove armi atomiche, i fisici dovranno imparare a fare i conti con quella che Oppenheimer definirà la conoscenza del peccato e qualcun altro chiamerà la, perdita dell'innocenza.