La Matematica nelle civiltà pre-colombiane: intervista a Nicolino De Pasquale

La Matematica oggi sta riscoprendo un'attenzione particolare anche tra i non addetti ai lavori. Il suo fascino è ancor più forte quando si mischia con il mistero dei saperi di antiche popolazioni. Abbiamo intervistato l'ingegner Nicolino De Pasquale che ha studiato i metodi di calcolo utilizzati dal popolo Incas.

Ingegner De Pasquale, abbiamo letto alcuni suoi lavori riguardanti tavolette chiamate yupane e un abaco di origine Incas. Ci può raccontare cosa sono questi oggetti e qual è la loro storia?

Nell'opera Nueva corónica y buen gobierno del cronista indigeno Felipe Guaman Poma de Ayala vissuto nel XVII secolo, in una delle tante illustrazioni, si trova una scacchiera identificata dagli studiosi come l'abaco di calcolo inca. Dal momento che, nel dizionario di lingua quechua di Diego Gonzalez de Holguin Yupani, viene tradotto con "contare e fare conti", si usa chiamare yupana qualsiasi abaco di calcolo andino precolombiano.
Lo studio sistematico della yupana cominciò nel 1869, con il ritrovamento nella provincia di Cuenca (Equador) di un oggetto somigliante al disegno di Guaman Poma.
Successivamente ci furono altri ritrovamenti archeologici nelle rovine di Chan-Chan e nella serra di Ancash e zone limitrofe, così come nella provincia di Pisco. Le yupane presentano differenze nella forma e disposizione delle caselle incise; fatte di pietra, argilla, legno, osso o dipinte su splendide ceramiche, sono decorate con motivi che fanno pensare alla esistenza di tipologie diverse provenienti dalle varie regioni dell'incario.
Quanto all'uso delle yupane, si attribuiva loro una molteplicità di funzioni: erano modelli architettonici, abachi di calcolo o, ancora, scacchiere impiegate per il gioco di azzardo. L'ipotesi maggiormente accettata era quella di Charles Wiener (1877) che sosteneva che servivano per calcolare i tributi che pagavano i contadini. Il suo metodo presentava però delle incongruenze e per questo motivo fu abbandonato. Il primo studioso che diede una interpretazione scientifica della yupana fu Henry Wassen (1931) che sosteneva che il calcolo si basava sulla progressione 1, 5, 15 e 30. Il metodo fu comunque considerato poco pratico e - giustamente - impossibile per alcuni matematici. Con il trascorrere degli anni, un gran numero di studiosi ha trattato il tema, tentando di scoprire questo mistero ma a nessuno è venuto in mente di mettere in dubbio il sistema decimale, attribuito quasi per tradizione al calcolo inca. Dal momento che ogni riga della scacchiera contiene undici semi, il sistema decimale genera delle contraddizioni inaccettabili. Ad esempio, il numero 10 si potrebbe rappresentare con dieci semi sulla prima riga o con un seme sulla seconda riga, appartenendo così a due ordini di grandezza diversi (le unità e le decine). Per questo motivo i sistemi proposti hanno attirato critiche severissime da parte dei matematici.

Sia le yupane che l'abaco sono stati oggetto dei suoi studi. Ci può raccontare come nasce il suo interesse verso questi argomenti?

In modo del tutto casuale. Mio nipote Mauro Martelli, giovane storico e poeta di eccezionale cultura e sensibilità, a Natale del 2000, mi regalò un libro su alcuni enigmi matematici, che si è rivelato determinante ai fini della ricostruzione della Matematica Inca. Il libro, infatti, riproduce la miniatura di Guaman Poma, con la scacchiera di cinque righe e quattro colonne che può essere considerata un geniale condensato di tutti gli abachi di calcolo andini.
Non ero a conoscenza della maggior parte dei tentativi di interpretazione precedenti, con l'enorme vantaggio di avere la mente libera da qualsiasi preconcetto. Ho così attribuito ai cerchietti della miniatura i valori dei primi elementi della serie di Fibonacci, vale a dire 1, 2, 3 e 5, proprio perché questi numeri rappresentano il totale dei cerchietti di ogni casella. Con questa impostazione si ottiene uno spettacolare sistema di numerazione in base 40, con il riporto gestito con il numero 8 (8*5=40), ancora un elemento della serie di Fibonacci! Dopo appena una trentina di minuti, ero in grado di risolvere sulla yupana tutte le operazioni proposte dai miei familiari, meravigliati per la rapidità e la precisione delle risposte.

Qual è stata, passo dopo passo, la storia di queste ricerche? E quali sono i principali risultati ottenuti?

Fin dal gennaio 2001 ho sottoposto il metodo di calcolo ad una serie di esami, con grado di difficoltà crescente, da parte degli esperti delle Ambasciate del Perù e della Bolivia in Italia, dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Pescara, della segreteria tecnico scientifica dell'Istituto Italo-Latino Americano, della Facoltà di Ingegneria dell'Università di L'Aquila, del gruppo di ricerca di matematici e informatici dell'Università di Teramo. Gli esami si sono conclusi con il massimo esperto italiano di culture precolombiane, Antonio Aimi, che - constatando la applicabilità del metodo a tutte le yupane di sua conoscenza - ha provveduto a diffondere con la necessaria autorevolezza la notizia.
Ma i primi a venire a conoscenza della ricostruzione del metodo di calcolo Inca sono stati i docenti dell'Istituto Tecnico Industriale "Alessandro Volta" di Pescara, la scuola dove ho il piacere di insegnare. Alcuni di loro, di formazione umanistica, come Giovina Di Girolamo, hanno elaborato diversi progetti tendenti a verificare l'efficacia didattica della nuova conoscenza, mentre un nutrito gruppo di ingegneri elettronici ha proposto di sottoporre il metodo alla prova del calcolo elettronico. Uno di loro, Maurizio Orlando, per mostrare l'assoluta indipendenza del calcolo Inca dai sistemi decimale e binario, ha progettato e costruito la calcolatrice Atahualpa, molto spettacolare perché consente di fare i calcoli senza le nostre cifre, solo con semplici segnali luminosi, in sostituzione dei semi, che si muovono seguendo scrupolosamente le regole inca. Proprio questa calcolatrice non solo va oltre le più innovative ed attuali architetture di calcolo, basate sui numeri di Fibonacci, ma consente un tipo di calcolo - quello per ordinalità - che solo recentemente si sta cercando di definire in occidente. Potremmo dire che quello che per noi è un faticoso punto di arrivo, per la grande civiltà Inca è solo il semplice punto di partenza!

In alcuni suoi scritti parla di un livello di conoscenze in grado di rappresentare funzioni e calcolare derivate o integrali. Ci inquadra un po' le potenzialità della Matematica incaica?

Disponendo su ciascuna delle due circonferenze massime ortogonali di una sfera i numeri positivi e negativi, definiamo un sistema di riferimento non euclideo, ritmato da paralleli orizzontali e verticali che - per come sono stati dedotti da alcune ceramiche - sono chiamati paralleli oculari. L'unità di misura del sistema inca, o meglio andino in generale, è di ordine esponenziale, della base 10, ma la base potrebbe essere qualunque. In questo sistema di rappresentazione tutte le funzioni monomie, razionali ed irrazionali, intere e fratte, assumono straordinariamente carattere rettilineo, circostanza che le rende impareggiabilmente semplici. Le stesse funzioni sfuggono decisamente alla condizione di parallelismo. Costituiscono un richiamo fortissimo alla geometria di Riemann che sostituisce al piano euclideo la superficie di una semisfera ed alle rette le semicirconferenze massime (geodetiche come i nostri meridiani). Ora, due distinte semicirconferenze massime si incontrano in un punto della semisfera, facendo decadere il quinto postulato di Euclide ("per un punto esterno ad una retta si può condurre una ed una sola parallela") che, pertanto, si rivela indipendente dai primi quattro. Dunque, il metodo rappresentativo inca può essere considerato anche il fondamento analitico della Geometria non euclidea di Riemann. In realtà è molto di più! Oltre a garantire la scomparsa degli asintoti, autentici salti di follia pura della nostra Matematica, il sistema consente di effettuare visivamente operazioni di integrazione e derivazione, sia di tipo tradizionale che di tipo incipiente, solo recentemente definito. Ispirandosi alla rotazione dei pianeti è possibile, inoltre, effettuare derivazioni e integrazioni incipienti di ordine infinitesimo, svincolando totalmente i calcoli dagli esponenti, ossia semplificandoli al massimo. Forse vale la pena sottolineare che queste ultime operazioni non sono ancora state definite dalla nostra Matematica.

Ma, secondo lei, lo studio di metodi di calcolo antichi può portare linfa nuova alla Matematica contemporanea?

Da decenni, i biologi stanno richiedendo con forza una Matematica nuova, in grado di spiegare i comportamenti degli organismi viventi. La Matematica inca, ormai completamente ricostruita, ha una struttura esclusivamente esponenziale che si sposa a meraviglia con le leggi di tutti i fenomeni naturali, dal ritmo di crescita di qualsiasi organismo -può trattarsi di una foglia come di un feto umano- alla espansione di una galassia.
Questa scoperta non ha importanza solo sotto un punto di vista etnostorico, è una occasione unica per comprendere tutti i nostri errori ed eliminare le nostre aporie, per tornare ad ispirarci alla natura. Con le attuali tendenze, l'uomo occidentale è destinato a non raggiungere livelli eccelsi, perché tenta di soggiogare la natura, ponendosi in netto contrasto con essa; basti pensare ai deprimenti esperimenti sulla clonazione, tendenti ad estirpare l'Amore, la componente meno mortale degli esseri.

Siamo solitamente abituati a una storia della Matematica che si fonda sulla cultura araba e ellenistica, nei suoi studi sul calcolo negli Incas ha trovato differenze concettuali o di approccio dal Matematica che conosciamo?

Vi è una sola differenza concettuale abissale! La scala esponenziale ( 1/100, 1/10, 1, 10, 100, 1000, …), oltre a garantire la stessa dignità rappresentativa sia ai numeri grandi che a quelli piccoli, esclude categoricamente la presenza dello zero. Dunque la Matematica Inca è basata sulla consapevolezza della impossibilità di rappresentare sia lo zero che l'infinito, circostanza che la pone su un piano di assoluta nobiltà. E sì! Rappresentare lo zero in termini quantitativi vuol dire non solo rendere agevoli i computi commerciali, riducendo i movimenti avere-dare ad una semplice addizione tra numeri relativi, ma anche astrarsi con violenza dalla natura, dal momento che in nessun angolo dell'universo, neppure il più remoto, esiste il vuoto assoluto, il nulla. La materia o è presente nei suoi stati solido, liquido ed aeriforme o è presente allo stato fotonico, con la funzione di agglutinante cosmico (per non parlare dei neutrini che permeano l'intero universo). Lo stesso zero quantitativo, inteso alla maniera occidentale come scontro di annientamento nelle addizioni tra numeri positivi e negativi, verrebbe fatalmente sostituito come valore centrale di riferimento dall'unità, da sempre proiezione per eccellenza della divinità, incontro di equilibrio nelle moltiplicazioni tra numeri diretti e inversi (1/100*100 = 1). Sarebbe un salto qualitativo di importanza indescrivibile, dalle conseguenze positive non completamente prevedibili, che ricondurrebbe l'uomo moderno alla armonia con la natura, staccandolo da quell'atteggiamento ateo ed autolesionistico di apparente dominatore degli eventi fisici. Come non esiste lo zero in natura così non esiste nell'universo la linea retta, altra folle astrazione che ci ha fortemente condizionato nelle nostre impostazioni lineari, nettamente in contrasto con la traiettorie di tutti i corpi celesti.

In quali altre popolazioni ha trovato procedimenti e metodologie simili a quelle utilizzate dagli Incas?

La particolarità della mancanza dello zero contraddistingue tutte le civiltà andine precolombiane, quali quelle Tiwanaku e Huari, tant'è vero che nelle lingue indigene manca il vocabolo corrispondente allo zero; ma quello che sconcerta di più è l'incredibile affinità tra le civiltà Inca, Maya ed Egizia, così distanti nel tempo e nello spazio! Anche se i sistemi di calcolo, rispettivamente in base 40, 20 e 12, sono sostanzialmente diversi, essi hanno in comune la strutturazione sugli stessi elementi di Fibonacci, la mancanza dello zero nullo e l'adozione di sistemi di rappresentazione esponenziali.

Attualmente sta lavorando a qualcos'altro? Ha progetti futuri?

Ho ricevuto recentemente l'incarico, da parte del Lions club, di realizzare una calcolatrice per non vedenti basata sul metodo inca, con pistoncini al posto dei semi. Si tratta di un progetto importantissimo che garantirebbe un livello di interazione, tra non vedente e macchina, sensorialmente tattile, molto più partecipativo e gratificante degli attuali sistemi a corredo degli elaboratori che puntano quasi esclusivamente sul freddo vocalizzatore. I pistoncini pesati con il criterio inca, inoltre, costituiscono un sistema molto naturale ed armonioso che porta ad un superamento della scrittura numerica Braille. Ma il progetto più importante riguarda l'educazione dei miei due figli Salvatore e Federico. Vorrei che crescessero, come tutti gli altri bambini, liberi da qualsiasi pregiudizio. Con quale risultato….. lo sapremo tra qualche anno.