La scuola romana di raggi cosmici

La casa editrice Springer Italia ha recentemente pubblicato il volume ”Per una storia della geofisica italiana” (© Springer Italia 2010) di Franco Foresta Martin e Geppi Calcara. Il libro ricostruisce i primi passi, nella Roma degli anni Trenta, dell'Istituto Nazionale di Geofisica, dedicando un intero capitolo a quella storia dei raggi cosmici che fu l'antefatto dello storico esperimento Conversi, Pancini, Piccione (CPP).

 

Negli anni Trenta fu evidente che lo studio dei raggi cosmici e delle loro molteplici interazioni con la materia costituiva un fertile terreno d'indagine per svariati settori della Fisica. Ai geofisici spettava il compito di chiarire l'influenza dei raggi cosmici sull'atmosfera, in particolare sui processi di ionizzazione dei suoi vari strati e, eventualmente, anche sui fenomeni meteorologici e sul clima della Terra (campi in cui s'indaga ancora oggi); ad essi competeva, inoltre, spiegare perché alcune caratteristiche dei raggi cosmici cambino in funzione, oltre che della quota, anche della latitudine e della longitudine e come tali variazioni siano correlabili al campo magnetico terrestre cui queste particelle cariche sono sensibili.

Per i fisici delle alte energie i raggi cosmici rappresentarono, addirittura, un inaspettato dono della natura: affamati com'erano di proiettili nucleari energetici per sondare la materia elementare e generare nuove specie di particelle, e non tutti potendo disporre dei costosi acceleratori necessari per questo tipo di esperimenti, l'osservazione delle loro interazioni, effettuata con diversi tipi di apparati, diventò uno dei filoni di ricerca più seguiti in tutto il mondo.

In Italia i raggi cosmici erano diventati un punto di forza della ricerca sperimentale all'Istituto di Fisica di Firenze, grazie all'impegno di un giovane innovatore come Bruno Rossi e dei suoi poco più giovani allievi Giuseppe Occhialini e Gilberto Bernardini, tutti sotto la tutela di quel Garbasso che allevò due generazioni di fisici fra le guerre mondiali ("il Corbino di Firenze", si potrebbe esemplificare). Poi, per svariati motivi, fra cui l'esiguità dei finanziamenti alla ricerca, le leggi razziali, la guerra, i fisici italiani avevano subito una vera e propria diaspora. L'eredità della scuola fiorentina dei raggi cosmici sarebbe stata raccolta da Gilberto Bernardini, le cui vicende personali, dopo il trasferimento da Firenze a Camerino e quindi a Bologna, nel 1938 si saldarono alla storia dell'appena costituito Istituto Nazionale di Geofisica (ING). Infatti, pur avendo conquistato nell'Ateneo bolognese la prestigiosa cattedra di Fisica superiore, Bernardini non riusciva a procurarsi i mezzi per le sue amate ricerche sperimentali; così si era rivolto all'Istituto di Fisica di Roma, dove poteva contare sull'amicizia di Amaldi e sulla stima del direttore Antonino Lo Surdo.

Fu lo stesso Bernardini, sostenuto da Amaldi, a bussare alla porta di Lo Surdo e a prospettargli una collaborazione per lo studio dei raggi cosmici. Lo Surdo, che nella sua qualità di neo direttore dell'ING disponeva di risorse fresche, accettò a patto che la ricerca includesse quegli aspetti dei raggi cosmici che presentavano rilevanza geofisica. Bernardini, pur insegnando a Bologna, prese a lavorare sistematicamente per qualche giorno la settimana a Roma, presso la sede dell'ING. Nacque così il primo lavoro sui raggi cosmici effettuato all'ING in cui Berbardini annunciava la realizzazione di un impianto per la registrazione di queste particelle, interamente progettato e costruito nei laboratori dell'Istituto: "Per incarico del prof. Antonino Lo Surdo, Direttore dell'Istituto Nazionale di Geofisica, al principio del corrente anno [1938, n.d.A.] ho iniziato la costruzione di un complesso atto a registrare sistematicamente l'intensità dei raggi cosmici. Da qualche tempo è regolarmente in funzione la prima parte di questo impianto e precisamente una registrazione in coincidenze triple per contatori di Geiger. I dati sull'intensità così rilevati saranno oggetto di pubblicazione quando avranno raggiunto una mole sufficiente per la loro elaborazione".

Dopo questo esordio, che metteva l’ING in condizione di competere con i migliori laboratori europei e americani nel campo dei raggi cosmici, il programma di ricerche conobbe una fioritura eccezionale. Tra il 1938 e il 1948, furono prodotti ben 36 articoli, firmati da una quindicina fra fisici e geofisici che si coordinarono sotto la guida di Bernardini e la costante attenzione di Lo Surdo.

Il nostro ritrovamento di una cartella intitolata “Raggi Cosmici”, custodita nel fascicolo personale di Lo Surdo presso l’Archivio Storico dell’ING, documenta con quanta attenzione il direttore seguisse questo filone di studi. I lavori sui raggi cosmici effettuati in ambito ING, pubblicati, per lo più, sulla rivista del CNR La Ricerca Scientifica e rieditati nella raccolta Pubblicazioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica (PING), affrontarono i temi più rilevanti del dibattito sui raggi cosmici in corso a quei tempi: le misure sistematiche della loro intensità a diverse quote e condizioni geografiche; la determinazione delle varie componenti che hanno origine dagli scontri fra i primari e l’atmosfera; il loro comportamento nell’attraversamento di spessori di materia e sotto l’influenza di un intenso campo magnetico; le caratteristiche fisiche di alcune specifiche particelle; eccetera. Diversi articoli furono dedicati a un misterioso soggetto che, assieme agli elettroni, era il componente più abbondante della radiazione secondaria ai più bassi livelli atmosferici: il mesotrone, una specie di elettrone pesante. Scoperto nel 1937 da Seth Neddermeyer e Carl David Anderson al California Institute of Technology, il mesotrone suscitava molte attenzioni perché era ritenuto, erroneamente come si vedrà, la particella-forza responsabile della coesione fra i protoni dei nuclei atomici prevista dal fisico giapponese Hideki Yukawa.

Sia negli scritti di Amaldi, sia nelle cartelle personali dell’Archivio Storico dell’ING, sono documentate le circostanze di reclutamento nel gruppo sui raggi cosmici di alcuni giovani i cui nomi sarebbero diventati presto noti. Ecco qualche esempio.

Ettore Pancini, uno dei migliori allievi di Bruno Rossi a Padova, si presenta a Roma verso la fine del 1939 (all’età di 24 anni) alla ricerca di opportunità di lavoro, dopo che il suo maestro è stato costretto a riparare all’estero a causa delle leggi razziali. Amaldi e Bernardini lo segnalano a Lo Surdo, gli fanno ottenere un contratto all’ING dove comincia subito a occuparsi della componente elettronica e mesotronica dei raggi cosmici e della vita media del mesotrone. Nel febbraio 1941 viene richiamato alle armi, ma l’anno successivo, grazie a Lo Surdo, ottiene un permesso per partecipare a una spedizione sul Pian Rosa organizzata da Bernardini. Dovrà ancora tornare sul fronte di combattimento ma, dopo l’armistizio, si arruolerà nella resistenza veneta.

Un’accoglienza analoga, fra il 1939 e il ’40, ottengono il pisano Bernardo Nestore Cacciapuoti e il siciliano (di Castelvetrano) Mariano Santangelo, in quel periodo entrambi all’Istituto di Fisica di Palermo, disorientati per la cacciata del direttore Emilio Segrè, sempre per causa delle leggi razziali, ed entrambi alla ricerca di una nuova sistemazione. La troveranno a Roma: Cacciapuoti come assistente alla cattedra di Fisica sperimentale di Amaldi; Santangelo comandato presso l’ING (in origine era professore alle scuole superiori) grazie all’intervento di Lo Surdo, che recepisce una raccomandazione di Fermi in favore del fisico siciliano. E, subito, anche le firme di Cacciapuoti e Santangelo cominciano a comparire nelle PING, con ricerche sulla radiazione cosmica al livello del mare e sulle componenti elettronica e mesotronica.

Fra il 1939 e il 1940 cominciano a collaborare con l’ING due fraterni amici che daranno un contributo decisivo alla conoscenza del mesotrone: Oreste Piccioni e Marcello Conversi. Piccioni è un senese che si classifica secondo all’esame di ammissione alla Normale di Pisa ma, trascorso un anno, lascia la prestigiosa scuola e passa a Fisica a Roma, attratto dalla fama di Fermi, con il quale si laurea nel 1938. Dopo l’espatrio del maestro, Piccioni viene aggregato al gruppo sui raggi cosmici e già l’anno successivo la sua firma si affaccia sulle PING, affiancata a quelle di Bernardini, Cacciapuoti, Ferretti, Wick, con lavori sull’assorbimento della radiazione cosmica, le componenti elettroniche e mesotroniche, i circuiti di conteggio a valvole. È l’inizio di una prolifica attività sperimentale che continuerà pure nei periodi più drammatici del conflitto. Più o meno nello stesso tempo, l’apprendistato sui raggi cosmici coinvolge un altro brillante studente, questa volta romano: Marcello Conversi, che si laurea nel 1940 con Ferretti e s’indirizza verso l’attività sperimentale.

Pure sotto l’occupazione tedesca di Roma, tra avventurose fughe dagli obblighi militari di Piccioni e violazioni del coprifuoco di Conversi, i due continuano gli esperimenti e le pubblicazioni. Nell’ambito della collaborazione con l’ING, in quel caotico 1943, sviluppano la tecnica delle registrazioni “di coincidenza a piccoli tempi di separazione” che permette di misurare, con grandissima precisione, il tempo intercorrente fra la creazione del mesotrone in una massa di materia e la sua disintegrazione con la comparsa di un elettrone, determinandone la cosiddetta vita media. Ha scritto il fisico professor Giorgio Salvini: “Questa finissima capacità di misurare tempi brevi è la base del lavoro che ha portato Conversi e Piccioni, e successivamente Ettore Pancini, che ad essi si aggiunse, al grande risultato…”.

Il “grande risultato”, ottenuto nel 1946, dimostrò che i mesotroni avevano caratteristiche tali da non poter essere assimilati alla particella di Yukawa, cioè ai mediatori delle interazioni nucleari, ma erano particelle caratterizzate da interazioni ‘deboli’, a cui, in seguito, fu dato il nome di muoni. Con il loro riconoscimento la Fisica cominciava a delineare la basilare famiglia delle particelle puntiformi chiamate leptoni (da leptos = leggero). Ma questo risultato fu ottenuto fuori dalla collaborazione con l’ING che, nel frattempo, si avviava alla conclusione. Infatti, alla fine del 1945, per iniziativa di Amaldi, Bernardini e altri, era stato creato, in ambito CNR, il “Centro di studio della fisica nucleare e delle particelle elementari”, diretto dallo stesso Amaldi, che diventava il principale punto di riferimento dei fisici dei raggi cosmici. Da quel momento, com’era logico, questo tema di ricerche passò gradualmente dall’ ING al nuovo Centro del CNR, anch’esso ospitato presso l’Istituto di Fisica di Roma.