La vita e il lavoro di Turing in scena a Milano

Come già abbiamo avuto occasione di approfondire, è già da qualche anno che il Teatro si avvicina alla Scienza ed in particolare alla Matematica, prendendo spunto dai suoi argomenti e protagonisti per nuovi spettacoli. E' quanto accade nel caso di "TURING – a staged case history" in scena dal 20 al 25 novembre al Piccolo Teatro di Milano, una rappresentazione teatrale dedicata al geniale matematico britannico Alan Turing di cui ricorre il centenario dalla nascita. Intervistiamo quindi Maria Elisabetta Marelli, regista e ideatrice del progetto dello spettacolo.

 

Quali sono stati i caratteri di Alan Turing che ti hanno ispirata nella progettazione di questo spettacolo?

Sicuramente la sua complessa vicenda umana ed esistenziale. Ho conosciuto la figura di Turing grazie a un amico informatico che mi ha raccontato le classiche informazioni note ai più: è il padre del computer ed morto ingerendo una mela avvelenata. Sembrava una storia perfetta per una piece teatrale, ma poi ho letto la biografia di Turing scritta da Andrew Hodges [n.d.r. A. Hodges, Alan Turing. Una biografia, Bollati Boringhieri, Torino, 2006] anche se con alcune difficoltà nei passaggi tecnici. Grazie a questo libro ho però conosciuto la sua incredibile vicenda umana ed esistenziale, ho continuato i miei studi e ovunque viaggiassi cercavo documenti e informazioni su Turing. Questa ricerca, durata circa un decennio, si è concretizzata grazie all’incontro con Massimo Marchi, musicista che si occupa di tecnologia informatica musicale, presidente di AGON. Con lui è iniziato un percorso durato tre anni nei quali abbiamo viaggiato tra i documenti degli archivi e nei luoghi di Turing, in particolare Bletchley Park, incontrando uomini di scienza e tecnologia, storici, scrittori, ma anche testimoni della seconda guerra mondiale, in particolare le ex-ragazze di Bletchley Park, oggi novantenni, che ricordavano i lavori di intelligence condotti in quel periodo. Di grande ispirazione sono stati anche i suoni delle macchine usate da Turing, in particolare la Bombe, fondamentale per la decodifica di Enigma. Abbiamo registrato i suoni che produce quando è in funzione e Michele Tadini li ha utilizzati per la composizione musicale del quadro dello spettacolo dedicato alla guerra. Di grande stimolo è stato il rapporto fra intelligenza naturale e artificiale, espresso nello spettacolo con i suoni del respiro naturale dell’attore, con i suoi dello svuotamento delle canne di un organo e di quello artificiale rappresentato dalle ventole e dai suoni dell’hard disk del computer.

 

Quale forma narrativa teatrale hai scelto per far comprendere al meglio la figura e soprattutto l’opera "digitale" del padre dell’informatica?

Appena conosciuta la figura di Turing si rimane affascinati dagli aspetti della sua vita e dagli aneddoti a essa legati che ne fanno di per sé una possibile finzione scenica, quello che avevo chiaro era che non volevo correre il rischio di sviluppare quell’aspetto. Volevo riconoscere a Turing il suo grande lavoro, la sua grande intuizione, non raccontare la storia biografica caratterizzata dalle tante leggende. Studiando i suoi testi, la Macchina di Turing e il Test di Turing mi sono accorta che erano già loro dei testi teatrali completi. Aveva una capacità incredibile di comunicare la scienza. Da qui l’idea di mettere in scena le idee, la vita e i lavori di Turing in una drammaturgia di azioni sceniche, parole, suoni, immagini e dati in tempo reale rielaborati da performer che utilizzano macchine programmate con software sviluppati a partire dai suoi scritti, che rendono comprensibile la complessità inventiva della visione e del pensiero matematico. Ho dunque lavorato a un testo, suddiviso in quadri, che è il codice sorgente di una macchina in grado di modificare se stessa a partire dalle presenze sceniche dell’attore, dei performer e del concetto stesso di tempo, delle improvvise accelerazioni, ritmi e velocità che sono metafore della brevità della sua vita, del contesto storico e del nuovo tempo digitale introdotto dalle sue ricerche.

 

Vi siete avvalsi di strumenti informatici per la realizzazione dello spettacolo, chi vi ha dato il supporto tecnico?

Gli strumenti tecnici e i software sono stati realizzati da AGON, centro di ricerca musicale che da 20 anni si occupa di musica elettronica e di progetti multimediali. Massimo Marchi ha diretto l’implementazione informatico tecnologica, sviluppando l’ambiente esecutivo con la preziosa collaborazione di Francesco Grani. I compositori Mussida, Pirelli, Sancristoforo e Tadini hanno ricreato artisticamente l’ambiente turinghiano, avvalendosi anche di sintetizzatori, pause, distorsioni ecc. Pietro Pirelli ha creato un laser pendulum che raffigura lo scandire del tempo, tempo umano e tempo digitale. I video dello spettacolo sono stati sviluppati e vengono generati in scena in tempo reale da Stefano Polli, Claudio Sinatti ha sviluppato una scenografia per la proiezione fatta di schermi che danno continue suggestioni e rimandi al computer stesso. Inoltre ci siamo avvalsi della consulenza scientifica di Giulio Giorello.

 

Spesso pensiero scientifico e umanistico, di cui il teatro è una delle voci principali, sono messi in contrasto. Come avviene la costruzione di uno spettacolo che mette in comunicazione questi due pensieri e quali le principali difficoltà?

Ho sempre pensato che la Matematica e il mondo scientifico in generale fossero strettamente comunicanti con l’universo umanistico. Ci sono molti punti in comune fra l’attività di ricerca scientifica e quella teatrale, penso allo studio, alla creatività, all’intuizione e al rigore. Infatti la scienza come il teatro necessitano di precisione: si parte dal dato e dai documenti e si rielaborano seguendo un metodo. La difficoltà è stata forse l’imprescindibile necessità, che sentivo come vera urgenza personale, di utilizzare documenti e non lasciare nulla alla finzione, di dare forma artistica alla scienza creando una drammaturgia coerente, avvalendomi delle diverse forme comunicative: linguaggio, musica, video e azione dell’attore, Turing è interpretato dal giovane straordinario Alessandro Bruni Ocana, che ha dimostrato una straordinaria capacità di interazione tra emozioni e tecnologia, in scena è costantemente monitorato, il battito del suo cuore dà la scansione ritmica dello spettacolo ponendo lo spazio scenico come estensione di quello emotivo. Diverse forme di linguaggio, che propongo ad un livello comune, sul palco sono presenti artisti, tecnici e macchine.

 

Quali erano i tuoi trascorsi matematici? Questo spettacolo ha cambiato il tuo rapporto con la Matematica? Sarai promotrice di nuovi spettacoli scientifici?

La mia formazione è di carattere umanistico, da studentessa nella Matematica per ottenere risultati, mi sono applicata moltissimo. Questa esperienza me l’ha fatta poi amare e mi ha fatto comprendere come questa sia radicata dentro noi stessi, non solo nell’uso della stessa nella quotidianità, ma nel nostro pensiero, nelle nostre azioni, nel nostro comportamento. Riesco a trovare in tutto un principio e una finalità matematica. Non ho in progetto altri spettacoli di carattere scientifico per ora, ma ci sono sicuramente interessanti figure che mi affascianano, primo fra tutti Leibniz, ma anche Tesla, Paul Erdos e Godel stesso. "TURING – a staged case history" dentro le mura del teatro. Così ho deciso di creare il sito turingcasehistory.net che indaga il lavoro artistico progettato per la rappresentazione teatrale e ospita il materiale raccolto nel periodo di ricerca, le interviste, i documenti e approfondimenti storici e critici. Mi piace pensare che questo progetto possa essere un inizio per un percorso di approfondimento della figura di uno straordinario protagonista della nostra storia recente.

 

(Intervista a cura di Jacopo De Tullio)