Una replica

Ci sono tre teoremi fondamentali in Matematica finanziaria:

TEOREMA 1: se non prendi nessun rischio, avrai tassi di interesse a rischio zero.

Un rischio è una qualsiasi cosa che possa ostacolare il recupero dei soldi investiti: si acquistano merci, titoli di stato, obbligazioni e i prezzi si abbassano (rischio di mercato ); la società va in default (rischio di credito); il governo nazionalizza la società senza compensazione (rischio politico); i mercati finanziari smettono di funzionare (rischio sistemico).

TEOREMA 2: se non prendi nessun rischio, avrai tassi di interesse a rischio zero.

Non esistono investimenti a rischio zero. Per esempio, è rischioso acquistare titoli di stato USA a causa delle fluttuazioni del loro valore di rivendita (quando i tassi di interesse salgono, il prezzo dei titoli cala). La realtà che più si avvicina a un tasso d’interesse a rischio zero è l’interesse su base giornaliera. Si investono i soldi oggi e li si ritirano domani con l’interesse maturato. È veramente improbabile un fallimento della banca durante la notte. Attualmente, il tasso d’interesse giornaliero è praticamente nullo. In tempi migliori, era intorno al 2% annuale.

TEOREMA 3: se non prendi nessun rischio, avrai tassi di interesse a rischio zero.

Come immediato corollario, per tutti quelli che hanno qualche competenza di Matematica, segue che un tasso d’interesse superiore a quello a rischio zero comporta un rischio. Questa è la prima lezione della teoria: se qualcuno, in un momento qualsiasi, ci viene a garantire un tasso d’interesse del 10%, bisogna subito metterlo alla porta. Dai teoremi 1, 2 e 3 segue che un tasso del 10%, ben superiore a quello di rischio zero, comporta un investimento rischioso e chiunque ci dica che non c’è rischio sta mentendo. Come è ovvio: più alto è il tasso di ritorno, più alto è il rischio. Se affidiamo i nostri soldi a una persona che ci promette di raddoppiarli in un anno, è molto probabile che non la rivedremo più. Rendimenti del 10% o del 20%su base annua non sono sostenibili a lungo termine: durante questo lasso di tempo è destinato a prodursi un qualche evento che spazzerà via in un solo colpo tutti i guadagni accumulati. Tutti gli investitori che negli anni precedenti hanno goduto di un simile rendimento durante l’era Greenspan, si stavano prendendo un rischio che si è poi verificato nel 2009. Ma che cosa sapevano realmente? Negli Stati Uniti, la Securities and Exchange Commission ha richiesto dei fondi per avvertire gli investitori che “le prestazioni del passato non garantiscono i risultati futuri”. In Gran Bretagna sui volantini promozionali deve obbligatoriamente essere riportata la menzione “i prezzi delle merci possono ribassarsi come salire”. Ma questi avvertimenti sono stampati nel carattere più piccolo che si sia mai visto e non è da credersi che saranno i venditori a richiamarvi l’attenzione degli investitori. Anche nell’industria finanziaria vi è la credenza irrazionale che i periodi felici siano destinati a continuare. Mi viene in mente Laplace che, a quanto si dice, era intenzionato a scommettere d+2 contro 1 che all’indomani il sole sarebbe sorto di nuovo, basandosi sul fatto che era indubitabilmente sorto per d volte consecutive in passato. Più a lungo il mercato è in rialzo, più si avrà fiducia che continuerà a esserlo. Ma sfortunatamente non è ciò che ci dicono i modelli matematici e nemmeno quello che ci ha insegnato la storia. Questa è, a mio avviso, una forte ragione per affidarsi di più – e non di meno – alla Matematica finanziaria. Se questa legge di ferro della finanza fosse conosciuta al pubblico almeno quanto lo è – diciamo – la legge della gravitazione universale, ci sarebbero meno delusioni e i venditori privi di scrupoli troverebbero molte più difficoltà a spacciare affari rischiosi come fossero privi di rischio.

È veramente una legge ferrea: non ci sono modi per girarci attorno. L’asserzione di Rogalski che l’obiettivo della Matematica finanziaria “consiste nell’incrementare i profitti speculativi e nel cercare di renderli più sicuri” è sbagliata. La Matematica finanziaria ci dice che, se si fa un’operazione finanziaria più sicura, il profitto che se ne ricaverà sarà minore; così, se si fa un’operazione totalmente sicura, si ricaverà un profitto a rischio zero. Ogni operazione finanziaria ha un suo lato positivo (quando le cose vanno bene) e uno negativo (quando vanno a rotoli) e non esiste nessuna formula matematica in grado di isolare il lato positivo e di liberarci da quello negativo. In altre parole, se si scommette su una cosa sicura, non si troverà nessuno disposto a scommetterci contro. Nel 1992, George Soros ha vinto 1,1 miliardi di dollari scommettendo sulla svalutazione della sterlina: ha vinto, ma avrebbe potuto benissimo perdere e in quest’ultimo caso non avremmo certo sentito parlare di lui. Sicuramente la Matematica non gli è stata di nessun aiuto e, difatti, Soros ha un’opinione negativa dei modelli di uso corrente.

Se le cose vanno a rotoli, la Matematica non può essere d’aiuto, ma il governo sì. Quando i nodi sono venuti al pettine e i rischi che si sono accumulati per 10 anni nelle banche si sono materializzati, i governi hanno cercato di tirarle fuori dai guai a spese dei contribuenti. I governi si sono comportati come i padri delle famiglie aristocratiche dell’Inghilterra vittoriana, che saldavano i debiti accumulati dai rampolli quando questi diventavano troppo onerosi. Sicuramente non è questo un modo per sviluppare una società accorta e responsabile. Non è mio proposito analizzare qui perché i governi si comportino così. Voglio solamente far notare che i profitti speculativi sono diventati più sicuri solo grazie all’intervento dei governi che hanno pagato i debiti e non grazie a una qualche magia matematica che ha prevenuto il materializzarsi di un rischio. L’unico modo che vedo per correggere la situazione è quello di regolare la professione bancaria e il mercato finanziario, esattamente come aveva fatto il governo americano dopo la crisi del 1929. Sfortunatamente,molte delle disposizioni prese allora (come il Glass-Steagal Act del 1932) sono state fatte fuori dalla pressione delle banche e anche lo Glass-Steagal Act stesso è stato definitivamente revocato dalla amministrazione Clinton nel 1999.

La crescita dei mercati finanziari negli ultimi 30 anni è stata incredibile, ma attribuirne il merito esclusivamente al potere della Matematica è sicuramente un’ingenuità. Lo stesso periodo ha visto la nascita di internet (ricordiamoci che nel 1980 ancora non esisteva), la smaterializzazione dei titoli (prima azioni e obbligazioni erano dei pezzi di carta che dovevano essere tenuti in una cassaforte e consegnati fisicamente dal proprietario al venditore), l’esplosione dell’economia asiatica (la Cina ha iniziato le sue “riforme” economiche nel 1978). I mercati finanziari crescono con l’economia non solo perché ricchi individui e fondi pensionistici cercano di investire il loro denaro, ma anche per le necessità del commercio internazionale e dell’industria.

Allo stesso modo è perfettamente vero che l’espansione e la globalizzazione dell’economia mondiale sono state accompagnate da un enorme incremento dello squilibrio nella distribuzione della ricchezza ma non ha senso darne la colpa alla Matematica o anche al comparto finanziario. Il mio punto di vista è che ciò sia una dimostrazione lampante di una vecchia legge del commercio internazionale, evidenziata per la prima volta dagli economisti svedesi Heckscher e Ohlin nel 1933: quando cadono le barriere economiche tra le nazioni e i prezzi dei beni diventano simili a livello mondiale, simile diventa anche il prezzo dei fattori (ad esempio del lavoro non specializzato) e così molti lavoratori delle nostre società tendono a essere pagati sempre più in modo analogo ai lavoratori in Cina. Ciò comporta un impoverimento in “occidente” e un arricchimento per i lavoratori cinesi. I professori universitari non sono soggetti a questo tipo di competizione (l’educazione non può – almeno, così è stato finora – essere delocalizzata) e le disuguaglianze nella società aumentano. Il punto è che le forze economiche si stanno misurando con qualcosa di talmente grosso da sfuggire alla limitata portata matematica e anche alla forza ben più formidabile dell’industria finanziaria. Se le disuguaglianze devono essere ridotte, è al governo che spetta fare delle scelte politiche, per esempio introducendo delle misure di protezionismo – cosa che le nazioni sviluppate, come gli USA e l’Unione Europea, per molto tempo hanno fatto anche mentre incoraggiavano altre nazioni ad aprire le loro frontiere. Bisogna anche tenere in mente che negli stessi 30 anni in cui si sono viste crescere le disuguaglianze, si sono anche visti miliardi di persone sollevarsi da una condizione di povertà estrema e le donne ricevere un’educazione.

Non condivido perciò la visione del mondo in bianco e nero di Rogalski, anche se sono d’accordo sul fatto che la finanza stia esercitando una stretta mortale sulla società (la sindrome del “crollo dei giganti”), cosa che entrambi troviamo pericolosa. Nondimeno, Rogalski ci sottopone un’interessante questione etica: fino a che punto i matematici dovrebbero partecipare alla formazione dei giovani per l’industria finanziaria? O più in generale, la Matematica finanziaria è un legittimo campo di studi?

La mia opinione è che questa disciplina stia giocando oggi lo stesso ruolo che l’ottimizzazione e la teoria del controllo hanno giocato negli anni Sessanta e Settanta: è un ramo della Matematica con notevoli applicazioni industriali, a cui gli studenti sono attratti per mere questioni pratiche (trovare un buon lavoro) e a cui i ricercatori sono interessati poiché è facile trovare dei fondi (e, contrariamente al solito, le persone sono interessate ai risultati ottenuti).Molti ricercatori che, all’epoca, si occuparono della teoria del controllo finirono poi a lavorare per i militari, negli Stati Uniti come in Europa o in URSS, costruendo degli splendidi missili in grado di lanciare una testata nucleare a meno di un metro di distanza dal bersaglio scelto, sicuramente ben più letali di qualsiasi cosa uno studente di Matematica finanziaria possa combinare. Però l’intero campo dell’ottimizzazione e del controllo nel suo complesso ha esercitato un effetto positivo sulla Matematica e la società: le sue idee e tecniche pervadono la scienza e la tecnologia e sono adesso parte del nostro patrimonio intellettuale.

La Matematica finanziaria è una piccola parte di un argomento ben più ampio, la teoria economica. Chiaramente, la variazione dei prezzi di azioni e obbligazioni non è assimilabile a un processo fisico: queste variazioni hanno origine dalle interazioni tra professionisti che operano con certe regole e istituzioni e cercano di perseguire uno scopo personale, solitamente quello di ottimizzare il profitto. Una vera teoria dovrebbe cercare di abbracciare non solo il processo dei prezzi, ma anche il sistema che lo genera. Vi è ormai molta carne al fuoco sull’argomento (inclusi sofisticati modelli matematici) e si stanno producendo i primi frutti, per esempio nei termini di proposte ben definite per regolamentare la professione bancaria e il mercato finanziario. Dal mio punto di vista, è essenziale che i matematici partecipino a queste indagini. La finanza è troppo importante perché sia lasciata nelle mani dei finanzieri. Freud era solito dire: “No, la nostra scienza non è un’illusione. Sarebbe invece un’illusione pensare di potere ottenere da un’altra parte quello che la scienza non è in grado di darci”.