Lezioni di palindromopoiesi

Introduzione

Lo scorso febbraio, al convegno “Belgirate IX”, dietro gentilissimo invito di Angelo Guerraggio che mi ha chiesto di parlare del mio libro di palindromi, ho tenuto una comunicazione dal lungo titolo

Da “Madam, I’m Adam!” a “E poi Martina lavava l’anitra miope”.

Non nascondo che al momento dell’invito fui a dir poco sorpreso. Precisai subito che sebbene di professione faccia il matematico, la mia attività di “palindromista” ha sempre avuto un sapore del tutto ludico che nulla ha a che fare con la regina delle scienze. Ma Angelo, per nulla scoraggiato dalle mie parole, mi disse che il P.R.I.S.T.E.M. sarebbe stato comunque interessato a conoscere le motivazioni che hanno spinto un matematico ad avvicinarsi al mondo dei palindromi.

Lusingato dall’invito mi sentii al tempo stesso in obbligo di dover presentare - ad un pubblico di matematici - qualcosa che comunque avesse qualche intersezione con la matematica o se non altro che si potesse presentare usando una parvenza di linguaggio matematico. Ho così iniziato ad esaminare i palindromi del mio libro cercando di selezionare quelli che si potessero presentare come frutto di qualche ipotetico algoritmo per fabbricarli. Dico “ipotetico” perché in realtà i miei palindromi, almeno sino ad allora, sono stati frutto solo della mia fantasia. Almeno così credevo. Già, perché in questo lavoro di selezione mi sono accorto con sorpresa che in effetti molte mie “creature” sono scaturite da considerazioni inconsce che, sebbene molto elementari, possono essere molto utili nella palindropoiesi; considerazioni che, formalizzate, possono davvero esser messe sotto forma di proposizioni matematiche sia pure semplicissime. Così, alla comunicazione di “Belgirate IX” ho presentato alcuni miei prodotti mostrando come fossero ottenibili applicando alcune di queste proposizioni alle quali mi riferivo spesso, con palese autoironia, come brillanti risultati proprio per superare l’imbarazzo di dover raccontare cose che temevo avrebbero potuto esser giudicate quanto meno inadatte per un convegno di matematica.

Ed invece ho constatato con immenso piacere di avere riscosso un successo per lo meno discreto.  Al punto che molti amici del PRISTEM mi hanno incoraggiato a scrivere il presente articolo in cui, con qualche dettaglio in più, ripercorro quella comunicazione.

 

Il concepimento di Martina

In un giorno primaverile dell’anno (neanche a farlo apposta palindromo) 1991, nell’Aula I dell’Istituto Matematico Guido Castelnuovo dell’Università La Sapienza di Roma, ebbi la fortuna, o forse sfortuna, di partecipare ad un seminario del famoso grafista da poco scomparso Frank Harary. Durante la sua lezione, non ricordo a quale proposito, Harary riferì la frase palindroma inglese che verosimilmente Adamo disse nell’Eden presentandosi ad Eva: <MADAM, I’M ADAM!>. Come Harary disse questa frase, la mia attenzione per i temi, peraltro indubbiamente interessanti, che lui stava trattando si allentò un po’. Anzi, se devo essere onesto confesso che con la mente mi assentai del tutto preso com’ero dal tentativo di trovare qualche frase palindroma in lingua italiana. Da quel giorno nacque la mia passione, a volte ossessione, per il gioco di combinare le parole in frasi palindrome. Una delle mie prime “creature” venute alla luce fu

E POI MARTINA LAVAVA L’ANITRA MIOPE

che ora dà il titolo ad una mia raccolta [3] di 181 palindromi edita da Liberilibri di Macerata (www.liberilibri.it). Ecco spiegato il bizzarro titolo della mia comunicazione al convegno “Belgirate IX”.

A seguito di questa mia pubblicazione “Il Sole 24 ore” mi ha proposto di collaborare inviando un mio palindromo inedito su un personaggio pubblico od un tema di attualità per il supplemento domenicale. E così, dal 18 settembre scorso, quanti la domenica fossero curiosi di conoscere il mio elio-palindromo (= palindromo per il Sole), potranno trovarlo nel citato supplemento alla pagina “TEMPO LIBERATO” (di solito la penultima, ma qualche volta anche l’ultima) nella rubrica “Nécaponécoda, Palindromi di Marco Buratti”. Se non lo si trova o è perché non lo si è cercato bene (la rubrica occupa uno spazio davvero esiguo!) o perché Elios (il Sole) me lo ha censurato ritenendo che il tema da me toccato sia un po’ troppo scottante e possa offendere qualche vip.

 

Palindromi puri, antipodi e circolari

Ritengo che la definizione di palindromo in senso classico sia piuttosto conosciuta. Lo è decisamente meno quella di palindromo antipodo e penso di poter dire con assoluta certezza che solo pochissimi affezionati sanno cosa è un palindromo circolare.

Un palindromo in senso classico è una parola o frase che scritta normalmente da destra verso sinistra è poi possibile rileggere, inalterata, da sinistra verso destra. Nel caso si tratti di una frase non bisogna tener conto degli eventuali spazi e segni grafici in essa presenti. Vale la pena osservare che comunque vi sono casi, sia pure piuttosto eccezionali, di frasi palindrome che nella lettura a ritroso rispettano anche spazi e segni grafici. Un esempio è la frase

ANNA AMA BOB E BOB AMA ANNA.

E’ chiaro che con qualunque coppia di nomi propri palindromi è possibile ottenere un’analoga frase palindroma. Così, oltre ai protagonisti del palindromo appena riportato, la scelta può coinvolgere anche, per esempio, ADA, AVA, ANITINA, EBE, EVE, ODDO e OTTO. Per non citare nomi più inconsueti come ABIBA e AISIA o quello dell’antica divinità italica INININI. In tal modo oltre agli etero-palindromi come quello di Anna e Bob, possiamo ottenere anche palindromi gay come

ADA AMA EBE E EBE AMA ADA

o

OTTO AMA BOB E BOB AMA OTTO. 

Un altro modo molto semplice per ottenere un palindromo in cui “si ama” e che rispetti spazi e segni grafici è cercare un nome proprio XYZ che sebbene non palindromo, letto a ritroso (ZYX) sia ugualmente un nome proprio; in tal caso abbiamo infatti il palindromo <XYZ AMA ZYX>. Ad esempio, usando il nome ANITA in luogo di XYZ otteniamo un altro lesbo-palindromo come quello visto poco fa su Ada ed Ebe:

ANITA AMA ATINA. 

Credo che la parola palindroma più lunga nella lingua italiana sia 

ONORARONO.

Va comunque segnalata, tra le parole plausibili inventate, il famoso "ACCAVALLAVACCA" che dà il titolo ad un libro inventario di parole da gioco [2]. L’autore, il famoso enigmista nonché saggista Stefano Bartezzaghi, dice che un accavallavacca potrebbe essere uno strumento per stivare le vacche una sopra l’altra. Anche se, più attualmente, qualcuno potrebbe suggerire che “Accavallavacca” sia il nome della scena più attesa del film “Basic Istinct II” …

D’ora in poi mi riferirò ad un palindromo in senso classico come palindromo puro per evitare confusione con le varianti che stiamo per vedere di palindromo antipodo diretto e palindromo antipodo inverso ben note in enigmistica, nonché con quella di palindromo circolare che ho introdotto nel mio “E poi Martina …”.

Un palindromo antipodo diretto è una parola o frase con la proprietà che se si sposta la lettera iniziale in coda è poi possibile, leggendo a ritroso, riottenere la stessa frase.

Similmente, un palindromo antipodo inverso è una parola o frase con la proprietà che se si sposta la lettera finale in testa è poi possibile, leggendo a ritroso, ritrovare la stessa frase.

In altre parole una parola o frase A è un palindromo antipodo diretto o inverso se la frase ottenuta eliminando la prima o, rispettivamente, ultima lettera di A è un palindromo puro.

Elenco qui di seguito i palindromi antipodi diretti che ho trovato in ambito ortofrutticolo:

FAVA  KIWI
LOTO  MELE
PERE RAPA
ROVO VITI 
COCCO PORRO
BANANA PATATA

Assai di meno sono i palindromi antipodi inversi che ho trovato nello stesso ambito:

CECE   PEP  ANANAS

Bartezzaghi in un suo recente Lessico & Nuvole del Venerdì di Repubblicaha segnalato quella che nella lingua inglese sembra essere la parola palindromo antipodo più lunga:

SENSUOUSNESS. 

Essa ha ben 12 lettere e corrisponde al nostro “sensualità”. Nello stesso articolo Bartezzaghi si chiede quale sia la parola palindromo antipodo più lunga nella lingua italiana. Io ne ho trovata una della stessa lunghezza di “sensuousness” sebbene, forse, non sia altrettanto bella; dipende da cosa essa può evocare … Si tratta di

PENETRARTENE. 

La definizione riportata di palindromo antipodo (diretto o inverso) è quella che può comunemente trovarsi nei manuali di enigmistica ma io la trovo un po’ macchinosa poiché il concetto di palindromo puro nonché le sue varianti di palindromo antipodo si possono far rientrare in un concetto più generale che ho chiamato “palindromo circolare”. A detta dello stesso Bartezzaghi pare che in ambito enigmistico questo concetto sia una mia innovazione “sebbene qualcosa di simile si sia già visto nel Bendazzi”. E’ opportuno però sottolineare che in ambito matematico questo concetto già esisteva: ciò mi è stato di recente fatto osservare dal collega Aldo De Luca, Professore Ordinario di Algebra presso l’Università Federico II di Napoli.

Chi eventualmente fosse interessato a saperne di più sulla ricca letteratura matematica intorno ai palindromi, può, ad esempio, consultare alcuni interessanti testi che ho segnalato in bibliografia [4], [5]. Va comunque detto che tale letteratura, che tratta temi a volte difficili e profondi, non si occupa di ottenere palindromi in senso ludico come è nei miei intenti. Vale a dire, in ambito strettamente matematico un palindromo è una sequenza (a1, a2, …, an) di lettere di un alfabeto assegnato che ha la proprietà di essere simmetrica (cioè tale che si abbia ai = an+1-i  per i = 1, 2, …, n) ma che da un punto di vista linguistico potrebbe essere (e così è il più delle volte) del tutto priva di significato.

Una parola o frase è un palindromo circolare se, scrivendola lungo una circonferenza in senso orario, è poi possibile rileggerla inalterata in senso antiorario partendo da una sua opportuna lettera che chiamo il “fulcro” del palindromo. Equivalentemente, possiamo dire che una parola o frase con n lettere è un palindromo circolare se, scrivendo le sue lettere ordinatamente sui vertici di un n-gono regolare, vi è un’asse di simmetria a dell’n-gono tale che a vertici simmetrici rispetto ad a corrisponde la stessa lettera. Ad esempio la parola PAPAIA, pur non essendo un palindromo né puro né antipodo, è un palindromo circolare il cui fulcro è la lettera evidenziata in verde. Possiamo visualizzarlo nella figura che segue: 

figura1FIGURA 1   

 

Un esempio di frase palindroma circolare che non è pura né antipoda è <REPERIREMO COCOMERI>. Anche qui il fulcro è la lettera evidenziata in verde ed anche qui riportiamo una figura per visualizzare la proprietà di “palindromia circolare” della frase: 

figura2

FIGURA 2

 

E’ evidente che ogni palindromo puro o antipodo può essere visto come palindromo circolare: il fulcro di uno puro è l’ultima lettera mentre il fulcro di uno antipodo è la prima o penultima lettera a seconda che esso sia, rispettivamente, diretto o inverso. Ciò appare ancor più chiaro dalla figura che segue: 

figura3

FIGURA 3 

 

 

D’ora in poi il fulcro di qualunque palindromo circolare che non sia puro, sarà sempre evidenziato in verde.

Val la pena osservare che è possibile avere palindromi circolari con più di un fulcro. Ad esempio, in

TI RITIRI

entrambe le T possono esser viste come fulcri del palindromo ed infatti, come si vede in Figura 4, scrivendo ordinatamente le lettere di <TI RITIRI> sui vertici di un ottagono regolare, vediamo che vi sono due assi di simmetria dell’ottagono (tra loro perpendicolari) con la proprietà che vertici simmetrici rispetto ad uno qualunque di essi sono etichettati con la stessa lettera. Osserviamo che la suddetta frase ha la particolarità di poter essere letta sia in senso orario che in senso antiorario partendo da una qualunque delle due T. Essa ha quindi quattro possibili letture.

figura4

FIGURA 4

 

 

Alcune tecniche di composizione

In questo paragrafo cerco di formalizzare con linguaggio di tipo matematico costruzioni che permettono di combinare alcuni palindromi base per ottenerne di più elaborati. Le proposizioni enunciate sono tutte palesemente ovvie e pertanto non richiedono una dimostrazione. Illustrerò invece, per ciascuna di esse, qualche applicazione.

D’ora in poi parlando di una frase di lunghezza n intenderò una sequenza di n lettere tra le quali possono eventualmente esservi spazi e/o segni grafici. Val la pena osservare che la scelta della punteggiatura può essere di notevole importanza. Questo è vero per frasi qualsiasi, non soltanto per frasi palindrome! Sappiamo bene che cambiando la punteggiatura di una frase questa potrebbe venire ad assumere un significato completamente diverso dall’originale. Ad esempio la frase 

BERLUSCONI DICE: “PRODI È INAFFIDABILE”

cambiando la punteggiatura diventa:

“BERLUSCONI”, DICE PRODI, “E’ INAFFIDABILE”.

E nessuno potrà accusarmi di non aver rispettato la par condicio …

Ogni frase verrà indicata con una lettera maiuscola in carattere calligrafico a meno che la frase non abbia lunghezza 1 nel qual caso la indicheremo con una lettera minuscola in carattere normale.

Dati due frasi P e Q, con P+Q indicherò la frase ottenibile giustapponendo Q a P.

Data una frase P, con P* indicherò la frase ottenibile da P invertendo l’ordine delle sue lettere. Ad esempio, se
P = <PAPERINO>, allora P* = <ONIREPAP>. A tal proposito ricordo che in enigmistica una parola o frase P si dice un “bifronte” se P* è una parola o frase che, come P, è di senso compiuto. E’ evidente che si ha P = P* se e solo se P è un palindromo.

Si osservi che un palindromo di tipo pari, ossia con un numero pari di lettere, è del tipo P+P* per un’opportuna frase P. Inoltre un palindromo di tipo dispari, ossia con un numero dispari di lettere, è della forma P+x+P* per un’opportuna frase P ed un’opportuna lettera x che chiamerò, per ovvi motivi, il centro di simmetria del palindromo.

Proposizione 1. Una frase P è un palindromo circolare se e solo se P = P1 + P2 per opportuni palindromi puri P1 e P2.

Consideriamo, ad esempio, i palindromi circolari già presi in esame <PAPAIA> e <REPERIREMO COCOMERI>. Essi sono ottenibili come somma di palindromi puri nel modo che segue:

<PAPAIA> = <PAP> + <AIA>; 

<REPERIREMO COCOMERI> = <REPER> + <IREMO COCOMERI>. 

Abbiamo già commentato che le prime parole pronunciate da Adamo in lingua inglese furono <MADAM, I’M ADAM!>. D’altra parte cosa può aver risposto Eva, in inglese, se non <EVE>? Ad un palindromo replicò con un altro palindromo! Pertanto, in virtù della Proposizione 1, scopriamo un fatto davvero notevole: il primo dialogo umano in lingua inglese fu un palindromo circolare!

-         MADAM, I’M ADAM!

-         EVE.

Verrebbe naturale chiedersi se si può affermare qualcosa di analogo relativamente alla lingua italiana. Beh, Adamo potrebbe aver salutato Eva con un <AVE EVA!>. Ma Eva? Con quale palindromo potrebbe aver replicato al saluto palindromo di Adamo? Ho proposto questo quesito proprio durante la mia comunicazione di Belgirate IX e qualcuno, il giorno dopo, ha suggerito <OMO ADAMO, DOMA DA OMO!>. Carino, niente male. Però proporrei a chi mi sta leggendo di trovare  altre soluzioni; quanto meno soluzioni che non facciano apparire Eva subito così desiderosa di esser domata al primissimo incontro! Insomma, il dialogo (palindromo circolare) tra Adamo ed Eva

-         AVE EVA!

-         OMO ADAMO, DOMA DA OMO! 

può anche andare, ma ritengo poco plausibile che queste possano essere state le primissime parole che i due si scambiarono! 

Proposizione 2. Se P1, P2, …, P n-1, P n sono palindromi puri, allora P 1 + P 2 ++ P n-1 + P n + P n-1 ++ P 2 + P 1 è un palindromo puro. 

Apparentemente questa proposizione non sembra utile nella costruzione di frasi palindrome che abbiano un certo interesse: è possibile che vi sia vantaggio nel dire e poi ripetere a ritroso una sequenza di palindromi? In alcuni casi sì. Basti pensare, ad esempio, ai palindromi per così dire purissimi (cioè che rispettano anche spazi e segni grafici) del tipo <X AMA Y E Y AMA X> visti nel secondo paragrafo. Ma ecco qui di seguito un altro esempio.

Si considerino i palindromi elementari:

P 1 = <I TIPICI BICIPITI>;

P 2 = <E>;

P 3 = <I LUCIDI CULI>;

P 4 = <IL RE DEVE VEDERLI>.

Ciascuno di questi palindromi, preso a sé, non è particolarmente entusiasmante. D’altra parte, se applichiamo la proposizione testé enunciata alla stringa di palindromi P 1, P 2, P 3, P 4, otteniamo il palindromo P 1+ P 2 + P 3+ P 4 + P 3+ P 2+ P 1 che può quanto meno esser ritenuto più interessante dei suoi singoli componenti:

I TIPICI BICIPITI E I LUCIDI CULI:

IL RE DEVE VEDERLI I LUCIDI CULI E I TIPICI BICIPITI! 

In una imprecisata monarchia c’è una palestra molto trend i cui gestori sarebbero orgogliosi di mostrare al proprio re.

Questo palindromo è tra quelli del mio libro che ho chiamato “palindromi della palestra”.

 Proposizione 3. Se P1 e P’1 sono due palindromi con P1 = Q1 + Q1*, allora Q1 + P’1 + Q1* è un palindromo. 

Questa proposizione si può iterare più volte permettendo talora di ottenere palindromi particolarmente lunghi. Vediamo un esempio. Consideriamo il palindromo

P1 = <EPPUR RUPPE> somma di Q1 = <EPPUR> e Q1*= <RUPPE>. 

Quale palindromo P’1 inserire tra Q1 e Q1*?  Possibilmente un palindromo che riveli colui o colei che ruppe oppure l’oggetto o gli oggetti che vennero rotti. Per esempio, utilizzando palindromi già considerati, potremmo usare <I CECI> o <I TIPICI BICIPITI> o <I LUCIDI CULI>. L’ultima scelta darebbe il risultato un po’ hard <EPPUR I LUCIDI CULI RUPPE> con il quale però non è possibile iterare la Proposizione 3 se non altro perché tale risultato è di tipo dispari. Inoltre lascia un po’ l’amaro in bocca non poter venire a conoscenza né di chi fossero i culi che furono rotti, né di chi li ruppe. Ma rimanendo più o meno in tema e usando il palindromo   

P’1 = <LE TERGA A GRETEL> si ottiene il palindromo 

P2 = <EPPUR LE TERGA A GRETEL RUPPE> che possiamo scrivere nella forma Q2 + Q2* essendo Q2 = <EPPUR LE TERGA>. Potremmo ora di nuovo applicare la proposizione inserendo un palindromo P’2 tra Q2 e Q2*.

L’idea più naturale è quella di scegliere un P’2 che finalmente riveli chi ruppe e quindi un nome proprio palindromo. Già abbiamo commentato nel secondo paragrafo che abbiamo ampia scelta tra Ada, Ava, Anna, Anitina, Bob, Ebe, Eve, Otto … Ma poiché si presuppone che chi ruppe le terga alla povera Gretel fosse un soggetto maschile, direi di far ricadere la scelta su Bob o Otto. Tra i due contendenti rimasti direi infine di scegliere Otto, essendo questi, al pari di Gretel, un nome tipicamente tedesco. Il prodotto finale è il palindromo 

EPPUR LE TERGA OTTO A GRETEL RUPPE

che, nel mio libro, è nella sezione “Palindromi contro natura”.

Proposizione 4. Sia P = Q + x + Q* un palindromo di tipo dispari e sia A = x + A’ un palindromo antipodo diretto che inizi con il centro di simmetria di P. Allora Q + x + A’+ x + Q* è un palindromo puro.

Applichiamo quanto sopra enunciato utilizzando il palindromo di tipo dispari P = <MANGIA, FAI GNAM!> il cui centro di simmetria è la lettera F. Dal palindromo P, utilizzando la proposizione, potremmo ottenerne un altro inserendo tra <MANGIA> E <FAI> un qualunque antipodo diretto A che inizi per F. Anche qui è opportuno che la scelta di A abbia coerenza con il contesto individuato da P: la situazione parrebbe essere quella di una mamma, un papà o una tata che persuadono un pupetto (o una pupetta) a mangiare la pappa. Pertanto la scelta di A potrebbe essere quella di un nome palindromo antipodo diretto che inizi per F come, ad esempio, Fara, Fefè, Fifì o Foffo. Tra questi, i più adatti mi sembrano Fefè o Foffo. Ma forse è ancor più simpatico <FOFFO IL GAGLIOFFO>. Perché no?! Il piccolo Foffo viene scherzosamente chiamato “il gaglioffo”. Quindi il prodotto finale è:

MANGIA, FOFFO IL GAGLIOFFO! FAI GNAM!

Questo palindromo è quello che apre il mio libro e che ho chiamato “Palindromo della tata”.

La proposizione che segue è assai simile alla precedente.

Proposizione 5. Sia P = Q + x + Q* un palindromo di tipo dispari e sia A = A’ + x un palindromo antipodo inverso che termini con il centro di simmetria di P. Allora Q + x + A’ + x + Q* è un palindromo puro.

Questa proposizione è spesso applicabile utilizzando il palindromo molto elementare P = <ANELO LENA> il cui centro di simmetria è O. Così come l’ho scritto P appare la frase di qualcuno che desidera ardentemente una Lena forse per lui irraggiungibile. Ma applicando la proposizione, e quindi inserendo tra <ANELO> e <LENA> un palindromo antipodo inverso che finisca per O, il significato del palindromo risultante assumerà ben altro significato da quello che aveva P: L’oggetto del desiderio diventerebbe A mentre Lena passerebbe da donna desiderata a confidente di chi brama A. Naturalmente occorrerà anteporre una virgola prima di <LENA>. Potremmo, per esempio, scegliere A = <NINO> ottenendo in tal modo il palindromo <ANELO NINO, LENA!> che però non è certo entusiasmante. Suggerisco a chi mi sta leggendo di sbizzarrirsi a trovare un A appropriato prima di procedere nella lettura per vedere le due soluzioni che propongo qui di seguito.

ANELO MAGRE BIDELLE DI BERGAMO, LENA! 

ANELO IL GALEOTTO CON I SALI, L’ASINO COTTO E L’AGLIO, LENA!

Questi palindromi fanno parte di una sezione del mio libro che ho intitolato “I capricci degli amici di Lena”. Nei casi ora visti abbiamo due amici di Lena che sono cannibali (non stupitevi, nel mondo dei palindromi succede di tutto …): il primo è “il cannibale a dieta” mentre il secondo è “il cannibale ingordo”. 

Proposizione 6. Se A = x + A e B = x + B’ sono palindromi antipodi diretti che iniziano per la stessa lettera, allora A + B = x + A + x + B’ è un palindromo circolare il cui fulcro è la prima lettera di B.

Anche qui la scelta degli antipodi che iniziano per la medesima lettera andrà fatta in modo oculato al fine di ottenere un palindromo circolare che risulti plausibile, gradevole o divertente.

Facciamo un esempio. Consideriamo l’antipodo diretto A = <IO DECEDO>. Un altro antipodo diretto che inizia per I è, per esempio, B = <IO RICATTERO’ LORETTA, CIRO>. Inutile dire che l’accostamento di A e B è del tutto fuori luogo a meno che non si pensi ad un dialogo tra sordi. Oppure potremmo immaginare che il dialogo A +B avvenga a seguito di eventi che chi legge non conosce e che spiegherebbero tutto: per esempio chi parla in B sta esprimendo l’intenzione di convincere una donna mafiosa di nome Loretta, al limite ricattandola, ad impedire l’imminente decesso di Ciro che parla in A. Ma direi che è una situazione un po’ troppo forzata … Molto meglio sarebbe il semplicissimo, sebbene cinico, B = <IO NO>. In tal caso il risultato A +B sarebbe:

-         IO DECEDO.

-         IO NO. 

Ma ritengo che un accostamento ancor più azzeccato sia quello ottenibile usando B = <IO GUARIRO’, MA MORIRA’ UGO>:  

-         IO DECEDO.

-         IO GUARIRO’, MA MORIRA’ UGO.

Insomma, un tristissimo dialogo che parrebbe svolgersi in un reparto ospedaliero per malati terminali o qualcosa del genere. Questo palindromo circolare è quello che nel mio libro ho chiamato “Palindromo del lazzaretto”.

Penso si potrebbero elencare molte altre proposizioni elementari che, come le precedenti, permettono di ottenere un palindromo componendone altri più semplici. Lascio che sia il lettore stesso ad enunciare le “proposizioni” che conducono ai seguenti tre palindromi composti.

Il palindromo dell’editor in chief:

KRAMER, SEE REFEREE’S REMARK. 

Esso è ottenuto dalla composizione dei palindromi <KRAMER’S REMARK> (puro) e <SEE REFEREE> (antipodo diretto). Questo palindromo è inedito e magari lo inserirò in una futura raccolta.

Il dialogo tra due interlocutori il secondo dei quali è sordo:

-         O MERDA, CADREMO!

-         MERDE VEDREMO?!

-         MERDA CADREMO!!!

Nasce dalla fusione del palindromo puro <O MERDA CADREMO> (per quanto può esser puro un palindromo con la “merda” …) e degli antipodi inversi  <MERDE VEDREMO> e <MERDA CADREMO>. Questo palindromo è nella sezione del mio libro che ho intitolato “Palindromi di … cacca”.

Infine, è particolarmente istruttivo il “palindromo di carnevale” che è stato pubblicato nel mio Nécaponécoda de “Il Sole 24 ore” del 27 febbraio scorso:

SIRIA FA LA BARALE,

ANITA FA LA FAINA,

TECLA LA FARFALLA;

FRA' FA L’ALCE,

TANIA FA LA FATINA

E L’ARABA LA FA IRIS.

Esso nasce dalla composizione di ben sei palindromi:

SIRIA FA IRIS puro
ANITA FA LA FATINA puro
TECLA, L’ALCE antipodo diretto
FRA’ FA LA FARFALLA circolare
TANIA FA LA FAINA antipodo diretto
E L’ARABA LA FA LA BARALE puro

 Si noti come dalla composizione di questi sei palindromi si ottenga un palindromo che:

-         scambia tra loro le maschere di Anita e Tania;

-         scambia tra loro le maschere di Tecla e Francesca (Fra’ per gli amici);

-         fa diventare maschera “la Barale” (la celebre Paola del mondo dello spettacolo) che in origine era lei in persona che si mascherava da araba;

-         fa diventare personaggio reale Iris che in origine era la maschera di Siria.

 

Palindromi perfetti

Scrivendo una parola o frase e ponendola di fronte ad uno specchio è possibile che l’immagine riflessa la riproduca fedelmente? Verrebbe spontaneo rispondere: “Sì, purché sia un palindromo”. Ed invece non basta. Scrivete su un foglio in modo nitido e chiaro i nomi palindromi <ANNA> o <ADA> e ponete il foglio di fronte allo specchio. Vedete? Non li rileggete fedelmente. Però se faceste lo stesso esperimento con i nomi palindromi <AVA> o <OTTO> vi accorgereste che la riproduzione dello specchio è fedele. Ciò che leggete nel riflettere allo specchio <ANNA> o <ADA> non sono nemmeno in grado di scriverlo poiché non vi è nessun carattere della mia tastiera che corrisponde all’immagine speculare delle lettere <N> e <D>. Chiaro ora, vero? Mentre tutte le lettere di <AVA> o <OTTO> ammettono asse di simmetria verticale, ciò non è vero per la lettera N di <ANNA> e neanche per la lettera D di <ADA>. Concludiamo che la risposta alla domanda che ci siamo posti all’inizio del paragrafo è data dalla seguente proposizione.

Proposizione 7. La scrittura di una parola o frase P  è riflessa fedelmente da uno specchio se e solo se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

i) P è un palindromo purissimo, vale a dire rispetta anche gli spazi e la punteggiatura;

ii) qualunque lettera di P ammette asse di simmetria verticale.

Equivalentemente, e più esplicitamente, la condizione ii) può essere espressa come segue:

iii) Ogni lettera di P  appartiene all’insieme {A, H, I, M, O, T, U, V, W, X, Y}.

Propongo di definire perfetto ogni palindromo che rispetti le condizioni della Proposizione 7. Agli albori della mia carriera di palindromista il mio collega Alberto Bersani mi sfidò a trovare una parola palindroma perfetta di almeno cinque lettere. Lui, mi disse, non era riuscito ad andare oltre alle quattro lettere con <ATTA> o <OTTO>. Fu così che finii per ovattare: la parola che ottenni dopo tanto pensare fu infatti

OVATTAVO

di ben otto lettere. Quando alcuni anni fa vidi un negozio con l’insegna che reclamizzava <YAMAMAY>, l’ormai assai nota linea di abbigliamento intimo, ebbi un sobbalzo convinto per un attimo che il mio “record” fosse stato battuto. Mi sbagliai, ma non posso naturalmente escludere che prima o poi qualcuno trovi una parola palindroma perfetta che superi le otto lettere.

Si osservi che la frase <AVA AMA OTTO> letta allo specchio scambia il soggetto con il complemento oggetto diventando <OTTO AMA AVA>. Ciò porta a considerare la frase palindroma perfetta

AVA AMA OTTO O OTTO AMA AVA

che, se permettete, è un po’ triste rivelando l’impossibilità che tra Otto ed Ava possa mai esservi amore reciproco: o lei ama lui, o lui lei. Immagino che alcuni che mi stanno leggendo staranno già protestando sostenendo che non è detto che la <O>, centro di simmetria del suddetto palindromo, sia avversativa. Ma consentitemi di dire che quelli che possono fare un’osservazione del genere sono per lo più matematici. 

 

Un palindromo monovocalico

Mi concedo una breve digressione sulla cosiddetta letteratura potenziale, una letteratura che obbedisce a regole ben precise che pongono limiti, a volte fortissimi, a ciò che si scrive. Essa nasce in Francia nel 1960 con l’OULIPO, acronimo di Ouvroir de Littérature Potentielle (laboratorio di letteratura potenziale) ed ha, tra i suoi adepti, personaggi illustri quali Georges Perec e Italo Calvino. La risposta italiana all’OULIPO arriva nel 1990 e si chiama OPLEPO (Opificio di Letteratura potenziale). Raffaele Aragona, uno dei suoi soci fondatori, ha curato una raccolta di scritti dell’opificio [1]. E’ evidente che i palindromi rientrano nella letteratura potenziale e che anzi tra i vari temi che essa tratta è forse quello che pone il vincolo più forte. Tra le altre tematiche ricordo:

Gli anagrammi. Questo è forse il tema della letteratura potenziale più conosciuto. Un anagramma di una parola o frase F = (a1, a2, …, an) è una parola o frase F’ ottenibile da F permutando le sue lettere, vale a dire una frase del tipo F’ = (ap(1), ap(2),  …, ap(n)) dove p è una permutazione su {1, 2, …, n}. Riporto un paio di straordinari anagrammi che l’enigmista Giorgio Dendi, che ho avuto il piacere di conoscere a Belgirate IX, ha creato per il nostro Presidente della Repubblica e per l’allenatore della Roma: 

CARLO AZEGLIO CIAMPI    ---->    ORA MI PIGLIO LA ZECCA

LUCIANO SPALLETTI ---->    ‘STO CT ALLENA I LUPI

Gli acrostici. Un acrostico è una frase che ne cela un’altra ottenibile selezionando ordinatamente le iniziali di tutte le parole che la compongono. Ecco un esempio di mia creazione:

BRILLAVA UMILMENTE ORIONE NELLA NOTTE,

ADESSO TORNA A LUMINARE ELIOS.

Questa poesia cela, si fa per dire, l’augurio <BUON NATALE>.

I lipogrammi. Un lipogramma è un componimento in cui non si usa mai una prefissata vocale. Nel 1967 Georges Perec scrisse un intero romanzo di ben 319 pagine dal titolo La disparition in cui la lettera <E> è del tutto assente. Tale virtuosismo è ancor più apprezzabile se si pensa che la <E> è la vocale maggiormente usata nella lingua francese. E’ davvero sorprendente che il romanzo di Perec ricevette il consenso dei critici senza che questi si accorgessero della sua straordinaria particolarità.

I monovocalismi. Un componimento è monovocalico quando in esso compare una sola vocale. Tra quelli che io ho letto, ritengo un gioiellino la poesia Lulù sul bus, ovviamente nella sola vocale <U>, dell’oplepiano Giorgio Weiss. Chi volesse potrà trovarla a pagina 103 di [1]. 

Le traduzioni omografiche. Una traduzione omografica è il procedimento che a partire da una frase scritta in una data lingua permette, tramite eventuale modifica della punteggiatura e degli spazi tra le parole che la compongono lasciando però inalterato l’ordine delle sue lettere, di ottenere una frase che abbia ancora senso compiuto in una lingua eventualmente diversa da quella originale. In tale ambito sono famosi i sonetti Forme For me dell’oplepiana Elena Addomine. Uno di questi notevoli sonetti lo si può trovare a pagina 164 di [1]. Concedetemi di riportare una traduzione omografica da me concepita: 

BIGHELLONE DENAROSE      ---->  BIG HELL ON EDEN AROSE                      

Insomma, vi erano delle RICCASTRE SFACCENDATE che nel Bel Paese risultavano piuttosto innocue. Ma trasferitesi oltre Manica … UN GROSSO INFERNO SCOPPIÒ NELL’EDEN!

Attenzione: a chi eventualmente mi contestasse il termine “dEnaroso” obietto che esso è contemplato dallo Zingarelli ovviamente con lo stesso significato del più comunemente usato “dAnaroso”.

Beh, perdonatemi per aver trascurato un po’ il tema dei palindromi che mi affretto a riprendere giustificando la digressione appena fatta sulla letteratura potenziale. Mi son voluto cimentare in un esercizio che rientri in due tematiche diverse di tale letteratura: un palindromo monovocalico. Sebbene il risultato ottenuto, circolare, non sia particolarmente esaltante, ritengo sia degno d’interesse non solo per il monovocalismo ma anche per la sua musicalità assai bizzarra: se provate a pronunciarlo velocemente vi renderete conto si tratta di una specie di scioglilingua credo difficilmente comprensibile per chi vi ascolta. Eccolo qui:

 

VIDI VIVIDI LIVIDI DI VILI DIVI.

 

Un palindromo monovocalico

Mi concedo una breve digressione sulla cosiddetta letteratura potenziale, una letteratura che obbedisce a regole ben precise che pongono limiti, a volte fortissimi, a ciò che si scrive. Essa nasce in Francia nel 1960 con l’OULIPO, acronimo di Ouvroir de Littérature Potentielle (laboratorio di letteratura potenziale) ed ha, tra i suoi adepti, personaggi illustri quali Georges Perec e Italo Calvino. La risposta italiana all’OULIPO arriva nel 1990 e si chiama OPLEPO (Opificio di Letteratura potenziale). Raffaele Aragona, uno dei suoi soci fondatori, ha curato una raccolta di scritti dell’opificio [1]. E’ evidente che i palindromi rientrano nella letteratura potenziale e che anzi tra i vari temi che essa tratta è forse quello che pone il vincolo più forte. Tra le altre tematiche ricordo:

Gli anagrammi. Questo è forse il tema della letteratura potenziale più conosciuto. Un anagramma di una parola o frase F = (a1, a2, …, an) è una parola o frase F’ ottenibile da F permutando le sue lettere, vale a dire una frase del tipo F’ = (ap(1), ap(2),  …, ap(n)) dove p è una permutazione su {1, 2, …, n}. Riporto un paio di straordinari anagrammi che l’enigmista Giorgio Dendi, che ho avuto il piacere di conoscere a Belgirate IX, ha creato per il nostro Presidente della Repubblica e per l’allenatore della Roma: 

CARLO AZEGLIO CIAMPI    ---->    ORA MI PIGLIO LA ZECCA

LUCIANO SPALLETTI ---->    ‘STO CT ALLENA I LUPI

Gli acrostici. Un acrostico è una frase che ne cela un’altra ottenibile selezionando ordinatamente le iniziali di tutte le parole che la compongono. Ecco un esempio di mia creazione:

BRILLAVA UMILMENTE ORIONE NELLA NOTTE,

ADESSO TORNA A LUMINARE ELIOS.

Questa poesia cela, si fa per dire, l’augurio <BUON NATALE>.

I lipogrammi. Un lipogramma è un componimento in cui non si usa mai una prefissata vocale. Nel 1967 Georges Perec scrisse un intero romanzo di ben 319 pagine dal titolo La disparition in cui la lettera <E> è del tutto assente. Tale virtuosismo è ancor più apprezzabile se si pensa che la <E> è la vocale maggiormente usata nella lingua francese. E’ davvero sorprendente che il romanzo di Perec ricevette il consenso dei critici senza che questi si accorgessero della sua straordinaria particolarità.

I monovocalismi. Un componimento è monovocalico quando in esso compare una sola vocale. Tra quelli che io ho letto, ritengo un gioiellino la poesia Lulù sul bus, ovviamente nella sola vocale <U>, dell’oplepiano Giorgio Weiss. Chi volesse potrà trovarla a pagina 103 di [1]. 

Le traduzioni omografiche. Una traduzione omografica è il procedimento che a partire da una frase scritta in una data lingua permette, tramite eventuale modifica della punteggiatura e degli spazi tra le parole che la compongono lasciando però inalterato l’ordine delle sue lettere, di ottenere una frase che abbia ancora senso compiuto in una lingua eventualmente diversa da quella originale. In tale ambito sono famosi i sonetti Forme For me dell’oplepiana Elena Addomine. Uno di questi notevoli sonetti lo si può trovare a pagina 164 di [1]. Concedetemi di riportare una traduzione omografica da me concepita: 

BIGHELLONE DENAROSE      ---->  BIG HELL ON EDEN AROSE                      

Insomma, vi erano delle RICCASTRE SFACCENDATE che nel Bel Paese risultavano piuttosto innocue. Ma trasferitesi oltre Manica … UN GROSSO INFERNO SCOPPIÒ NELL’EDEN!

Attenzione: a chi eventualmente mi contestasse il termine “dEnaroso” obietto che esso è contemplato dallo Zingarelli ovviamente con lo stesso significato del più comunemente usato “dAnaroso”.

Beh, perdonatemi per aver trascurato un po’ il tema dei palindromi che mi affretto a riprendere giustificando la digressione appena fatta sulla letteratura potenziale. Mi son voluto cimentare in un esercizio che rientri in due tematiche diverse di tale letteratura: un palindromo monovocalico. Sebbene il risultato ottenuto, circolare, non sia particolarmente esaltante, ritengo sia degno d’interesse non solo per il monovocalismo ma anche per la sua musicalità assai bizzarra: se provate a pronunciarlo velocemente vi renderete conto si tratta di una specie di scioglilingua credo difficilmente comprensibile per chi vi ascolta. Eccolo qui:

 

VIDI VIVIDI LIVIDI DI VILI DIVI.

 

Alcuni trucchi per palindromare l’impalindromabile

 

Accade spesso che chi sa della mia passione di combinare le parole in frasi palindrome mi chiede: “Mi regali un palindromo con il mio nome?”. Poiché in molti casi devo arrendermi di fronte all’evidente impossibilità di palindromare alcuni nomi, ho escogitato qualche trucco che rende talora palindromabile ciò che in un primo momento verrebbe da dire non lo sia affatto.

Beh, un’idea naturalmente potrebbe esser quella di formulare il palindromo in una lingua che non sia la nostra. D’altra parte non sono un poliglotta, l’unica lingua straniera che mastico un po’ è l’inglese e  sebbene tale lingua pare si presti molto più dell’italiano al gioco dei palindromi, attualmente l’unico “English palindrom” che sono riuscito a creare è il già citato “palindromo dell’editor in chief”. Inutile dire che per creare bei palindromi in una data lingua è indispensabile che di essa si abbia una padronanza completa.

I trucchi (qualcuno forse giustamente potrebbe chiamarli imbrogli) da me escogitati per palindromare l’impalindromabile sono i seguenti. 

Il trucco del PALINDLOMO CINESE: 

se, chi pronuncia il palindromo in lingua italiana, è un cinese, verosimilmente pronuncerà ciascuna <R> come una <L>.  

Il trucco del PALIDDROBO RAFFREDDATO:  

se, chi parla, ha un forte raffreddore, ciascuna <M> verrà pronunciata come una <B> e, ciascuna <N>, come una <D>.  

Il trucco del PALINDVOMO SNOB:

se chi parla è affetto da rotacismo o è un po' snob potrebbe pronunciare ciascuna <R> come una <V>.

 I suddetti trucchi si potrebbero anche combinare tra loro pensando, ad esempio, ad un PALIDDLOBO che sia cinese e raffreddato al tempo stesso. Insomma, un palindromo in italiano pronunciato da un cinese con un forte raffreddore.  

Ecco qui di seguito il mio palindlomo cinese che ho dedicato al sindaco di Roma Walter Veltroni che ha nome e cognome apparentemente impalidromabili. Questo palindromo è stato pubblicato sul mio “Nécaponécoda” del Sole 24 ore del 9 ottobre scorso e come tutti quelli che invio al Sole è preceduto da una breve didascalia esplicativa.  

Pare sia avvenuto un delicato incidente diplomatico tra Walter Veltroni e l’ambasciatore cinese a Roma. Questi ha infatti concluso un aspro discorso rivolto ai sostenitori del sindaco capitolino mandandoli diplomaticamente a “quel paese” con queste parole: 

INOLTLE, VI DILOTTELEI LA’, CALI ELETTOLI DI VELTLONI! 

L’ovvia traduzione è 

INOLTRE, VI DIROTTEREI LA’, CARI ELETTORI DI VELTRONI! 

Naturalmente “Vi dirotterei là” è un modo diplomatico per dire “Andatevene affan …!”.

 

Palindromi belli

 

 E’ naturalmente troppo difficile stabilire un metodo per determinare quali siano i palindromi più belli. Spesso è solo questione di gusti e quindi il criterio è molto soggettivo. Personalmente, e in questo sono confortato da un vecchio articolo di Bartezzaghi, eviterei palindromi esageratamente lunghi. Sebbene da una parte essi destino grande stupore, è inevitabile contengano troppe licenze nonché parole desuete o forzate. Inoltre il palindromo troppo lungo priverebbe il lettore del piacere di ripercorrerlo all’indietro per verificare la sua esattezza: il numero di quelli disposti a farlo è in un certo senso inversamente proporzionale al numero delle lettere che lo compongono. Un altro punto per così dire a sfavore dei palindromi lunghi è che essi non hanno quella musicalità spesso presente nelle frasi palindrome brevi, musicalità dovuta evidentemente alla simmetria della frase stessa (non dimentichiamoci che in musica i componimenti palindromi sono assai frequenti). Se invece di una frase palindroma avessimo un racconto palindromo la sua eventuale musicalità potrà verosimilmente apprezzarsi solo in prossimità del centro del racconto poiché le parti lontane dal centro sono ancor più lontane dalle loro rispettive parti speculari: questo fa perdere quell’effetto musicale che spesso si avverte quando tali parti sono invece vicine.

Comunque, chi voglia eventualmente tentare di battere il record del palindromo più lungo nella lingua italiana, sappia che dovrà compiere un’impresa davvero straordinaria: superare le 4587 lettere con le quali Varaldo, noto palindromista dell’OPLEPO, ha composto 11 luglio 1982 in onore dell’ultima vittoria della nazionale azzurra ai mondiali di calcio.

Il mio record puro è assai modesto, si tratta del già citato palindromo di carnevale che ha 84 lettere. Un po’ più lungo il mio record antipodo il cui protagonista sembrerebbe essere un gatto un po’ incazzato:  

DIALOGAI, MI ACCESI,

LI ACCATTAI, LI ATTIZZAI,

LI AZZUPPAI, LI AMAI,

LI APPUZZAI, LI AZZITTAI,

LI ATTACCAI, LI SECCAI,

…  MIAGOLAI! 

Esso ha 98 lettere e non lo ritengo di certo tra i migliori palindromi del mio libro. Però ho voluto riportarlo per fare osservare che anche in questo caso, come in quello del palindromo di carnevale, siamo in presenza di un palindromo ottenibile mediante composizione di sei palindromi elementari. Qui ciascun componente è un antipodo diretto:

DIALOGAI, MIAGOLAI.

MI ACCESI, LI SECCAI.

LI ATTIZZAI, LI AZZITTAI.

LI ACCATTAI, LI ATTACCAI.

LI AZZUPPAI, LI APPUZZAI. 

LI AMAI

Nel dover selezionare i miei palindromi per Martina ho dato la precedenza a quelli comici e a quelli musicalmente più validi. Tra quelli che ritengo più divertenti riporto quello, circolare, dell’invidioso:  

LA DAI ASSAI AD ALADINO E LEONIDA, LA DAI ASSAI AD ALI’. A ME MAI?!  

Tra quelli musicali ne riporto uno, anche circolare, che è nella sezione dei palindromi per Irene, nome che si presta moltissimo alle composizioni palindrome:  

VIDI VENERI SERENE TRA LE CENERI D’IRENE CELAR TENERE SIRENE.

 

Palindromi nelle scuole?

 

  

Sono convinto che creare palindromi non è solo un gioco particolarmente divertente. La palindromopoiesi è anzitutto un esercizio che permette di sviluppare notevolmente le capacità logiche. Consente inoltre di sviluppare e migliorare la memoria visiva quando si evita di svolgere tale esercizio “a tavolino”. D’altronde, come ho già scritto in un Fermo Posta del Sole 24 ore ove rispondevo ad una lettrice che mi chiedeva di rivelarle alcuni segreti del mestiere di palindromista, ritengo che tanto fare i palindromi a tavolino quanto farli con l’uso del vocabolario o dell’enciclopedia “ucciderebbe la fantasia”. Infine, il semplice sforzo di creare palindromi, indipendentemente dal risultato, permette di comprendere meglio la sintassi della lingua italiana nonché di arricchire il proprio lessico.
Sebbene il tono di questo articolo sia stato spesso scherzoso, vorrei concludere affermando in assoluta serietà che in virtù delle considerazioni appena fatte sarebbe auspicabile l'introduzione della palindromopoiesi come nuova materia scolastica, eventualmente facoltativa.

 

Bibliografia

 

  [1] Raffaele Aragona, Oplepiana, Dizionario di Letteratura Potenziale, Zanichelli, Bologna 2002. 

[2] Stefano Bartezzaghi, Accavallavacca (Inventario di parole da gioco), Bompiani, Milano 2003. 

[3] Marco Buratti, E poi Martina lavava l’anitra miope (181 palindromi), Liberilibri, Macerata 2005. 

[4] M. Lothaire, Combinatorics on words, Addison Wesley, Reading MA 1983  

[5] M. Lothaire, Algebraic combinatorics on words, Cambridge University Press, Cambridge 2002.

Un palindromo monovocalico

 

Mi concedo una breve digressione sulla cosiddetta letteratura potenziale, una letteratura che obbedisce a regole ben precise che pongono limiti, a volte fortissimi, a ciò che si scrive. Essa nasce in Francia nel 1960 con l’OULIPO, acronimo di Ouvroir de Littérature Potentielle (laboratorio di letteratura potenziale) ed ha, tra i suoi adepti, personaggi illustri quali Georges Perec e Italo Calvino. La risposta italiana all’OULIPO arriva nel 1990 e si chiama OPLEPO (Opificio di Letteratura potenziale). Raffaele Aragona, uno dei suoi soci fondatori, ha curato una raccolta di scritti dell’opificio [1]. E’ evidente che i palindromi rientrano nella letteratura potenziale e che anzi tra i vari temi che essa tratta è forse quello che pone il vincolo più forte. Tra le altre tematiche ricordo:  

Gli anagrammi. Questo è forse il tema della letteratura potenziale più conosciuto. Un anagramma di una parola o frase F = (a1, a2, …, an) è una parola o frase F’ ottenibile da F permutando le sue lettere, vale a dire una frase del tipo F’ = (ap(1), ap(2),  …, ap(n)) dove p è una permutazione su {1, 2, …, n}. Riporto un paio di straordinari anagrammi che l’enigmista Giorgio Dendi, che ho avuto il piacere di conoscere a Belgirate IX, ha creato per il nostro Presidente della Repubblica e per l’allenatore della Roma:  

CARLO AZEGLIO CIAMPI    ---->    ORA MI PIGLIO LA ZECCA 

LUCIANO SPALLETTI ---->    ‘STO CT ALLENA I LUPI 

Gli acrostici. Un acrostico è una frase che ne cela un’altra ottenibile selezionando ordinatamente le iniziali di tutte le parole che la compongono. Ecco un esempio di mia creazione:

BRILLAVA UMILMENTE ORIONE NELLA NOTTE,

ADESSO TORNA A LUMINARE ELIOS. 

Questa poesia cela, si fa per dire, l’augurio <BUON NATALE>.

I lipogrammi. Un lipogramma è un componimento in cui non si usa mai una prefissata vocale. Nel 1967 Georges Perec scrisse un intero romanzo di ben 319 pagine dal titolo La disparition in cui la lettera <E> è del tutto assente. Tale virtuosismo è ancor più apprezzabile se si pensa che la <E> è la vocale maggiormente usata nella lingua francese. E’ davvero sorprendente che il romanzo di Perec ricevette il consenso dei critici senza che questi si accorgessero della sua straordinaria particolarità.   

I monovocalismi. Un componimento è monovocalico quando in esso compare una sola vocale. Tra quelli che io ho letto, ritengo un gioiellino la poesia Lulù sul bus, ovviamente nella sola vocale <U>, dell’oplepiano Giorgio Weiss. Chi volesse potrà trovarla a pagina 103 di [1].  

Le traduzioni omografiche. Una traduzione omografica è il procedimento che a partire da una frase scritta in una data lingua permette, tramite eventuale modifica della punteggiatura e degli spazi tra le parole che la compongono lasciando però inalterato l’ordine delle sue lettere, di ottenere una frase che abbia ancora senso compiuto in una lingua eventualmente diversa da quella originale. In tale ambito sono famosi i sonetti Forme For me dell’oplepiana Elena Addomine. Uno di questi notevoli sonetti lo si può trovare a pagina 164 di [1]. Concedetemi di riportare una traduzione omografica da me concepita:  

BIGHELLONE DENAROSE      ---->  BIG HELL ON EDEN AROSE                      

Insomma, vi erano delle RICCASTRE SFACCENDATE che nel Bel Paese risultavano piuttosto innocue. Ma trasferitesi oltre Manica … UN GROSSO INFERNO SCOPPIÒ NELL’EDEN!

Attenzione: a chi eventualmente mi contestasse il termine “dEnaroso” obietto che esso è contemplato dallo Zingarelli ovviamente con lo stesso significato del più comunemente usato “dAnaroso”.  

Beh, perdonatemi per aver trascurato un po’ il tema dei palindromi che mi affretto a riprendere giustificando la digressione appena fatta sulla letteratura potenziale. Mi son voluto cimentare in un esercizio che rientri in due tematiche diverse di tale letteratura: un palindromo monovocalico. Sebbene il risultato ottenuto, circolare, non sia particolarmente esaltante, ritengo sia degno d’interesse non solo per il monovocalismo ma anche per la sua musicalità assai bizzarra: se provate a pronunciarlo velocemente vi renderete conto si tratta di una specie di scioglilingua credo difficilmente comprensibile per chi vi ascolta. Eccolo qui:

 

VIDI VIVIDI LIVIDI DI VILI DIVI.